di Fabio Colangelo – foto Getty Images
Con sei dei primi dieci giocatori della classifica al via, il torneo di Dubai poteva vantare un campo di partecipazione di primissimo livello per un Atp 500. Ha rivinto Novak Djokovic, che difendeva il titolo. Il primo successo da n.2 del ranking del serbo, però, convince davvero poco.
Il vincitore, vistosi eliminare da altri gli avversari più pericolosi, ha cercato di complicarsi la vita da solo, rimontando uno svantaggio di un set in tutti i suoi match (escluso il primo turno) prima della finale. Nell’atto conclusivo si è trovato di fronte il russo Youzhny, che lo aveva appena sconfitto a Rotterdam. In un match dai contenuti tecnici mediocri, il serbo ha mostrato delle paure inusuali per uno come lui. Alla ripresa del gioco dopo l’interruzione (7-5 2-0 per Djoko), ha palesato delle insicurezze insolite per un numero 2 del mondo. Sei break subiti, conditi da ben 12 doppi falli, sono numeri che non gli appartengono. Inoltre, l’atteggiamento quasi sempre passivo, dal quale è riuscito a liberarsi solo nell’ultimo gioco. L’impressione è che si sia reso conto che a livello di gioco non è più cosi superiore rispetto a chi lo segue in classifica, cosa che ovviamente toglie sicurezza. D’altro canto però, è riuscito a trionfare non giocando bene, come solo i veri campioni riescono a fare; e le vittorie sono la miglior (e unica) medicina per guarire questi mali. Anche l’anno scorso fu deludente fino a questo torneo, ma riusci grazie al successo arabo, a trovare la spinta per disputare degli ottimi tornei nei mesi successivi. Merita una citazione anche lo sciagurato Youzhny. Bravissimo a dare continuità agli ultimi risultati giungendo in finale, ha sciupato una ghiotta occasione di fare suo un titolo importante che lo avrebbe proiettato a ridosso dei top 10.
C’era molta attesa a Dubai anche per rivedere in campo Roger Federer, che però ha dovuto dare forfait a causa di un’infezione polmonare (potrebbe rinunciare anche a Indian Wells). Curiosità anche per Murray, anche lui al rientro dopo Melbourne. Lo scozzese, dopo non aver impressionato al primo turno, è stato sconfitto al secondo dal serbo Tipsarevic. Ottimo match di quest ultimo, aiutato però non poco da un Murray a cui servono match per ritrovare la forma di Melbourne. Presenti e deludenti anche i due semifinalisti dello slam australiano, Cilic e Tsonga, superati rispettivamente nei quarti e negli ottavi da Melzer e Ljubicic. Problemi tecnici invece per la playstation-Davydenko, che per un malfunzionamento del chip collegato al polso sinistro, si è dovuto ritirare contro Berrer, dopo aver rischiato grosso già al primo turno con Serra. Il russo dovrebbe forse capire che alla soglia dei 30 anni, con un gioco dispendioso come il suo, non è consigliabile giocare cosi tanto come ha fatto in passato. Tenere troppo accesa la playstation fa male! Lo dicono tutti i genitori!
Nel frattempo ad Acapulco, si giocava un altro Atp 500, l’ultimo appuntamento della tournee sud americana sulla terra. Torneo, per ovvi motivi, molto amato dai partecipanti, con un tabellone ricco di ottimi giocatori. Come la settimana precedente a Buenos Aires sono giunti in finale i Valenciani Ferrer e Ferrero, con quest ultimo reduce da 14 match vinti consecutivamente. Questa volta, complice forse la stanchezza dell’avversario, ha vinto David che ha coronato un’ottima settimana con un titolo che gli mancava da quasi due anni. Clienti pericolossissimi per l’imminente stagione sul rosso se riusciranno a mantenere la forma attuale. A Delreay Beach (Atp 250) è invece arrivata la prima vittoria in carriera dell’eterna promessa Ernests Gulbis. Fuoco di paglia o primo vero passo verso quello che dovrebbe essere il suo livello?
ITALIANI
Settimana disastrosa per i nostri colori, con un solo set vinto (da Fognini con Verdasco ad Acapulco) dai nostri cinque giocatori impegnati in questi tre eventi. Continua il momento difficile dei nostri, che faticano a trovare vittorie e continuità. Preoccupante soprattutto la situazione di Bolelli, che, precipitato al numero 127 del ranking, dovrà ripartire con voglia e umiltà dalle qualificazioni o dai tornei challenger.