Per capirne di più abbiamo intervistato Enrico Cerutti, ex presidente del TC Milano e da poco eletto presidente del comitato regionale lombardo della Fit per il quadriennio 2021-2024. «Sulle cifre per il momento non posso pronunciarmi, perché non le conosco: le controllerò volentieri nei prossimi giorni», premette Cerutti. «Per quanto riguarda la sostanza, ci sono due possibili approcci. Dal punto di vista delle regole, non c’è niente da dire: è stata fatta una norma, che va rispettata. Poi come avviene spesso subito è stato individuata una falla, un baco, chiamiamola come vogliamo. Certo ne ha approfittato anche chi in teoria non avrebbe dovuto, ma questo è un altro discorso…».
In molti considerano il tesseramento puramente una ‘tassa’ che la Fit ha imposto per approfittare della situazione.
«Mi sento di dire che un lato positivo è quello della visita a cui bisogna sottoporsi: quella da agonista è molto scrupolosa, e non tutti la passano. Io ad esempio ho 70 anni e non la passerei. Poi è un modo per tutelare tutti, anche i presidenti dei circoli. Se ci fosse stato il ‘libera tutti’ la responsabilità sarebbe diventata personale e sarebbe ricaduta su di loro, con tutti i problemi connessi, e sarebbe stato più difficile stabilire un confine».
Fa anche un po’ sorridere (amaro) il proliferare di tornei e tornei con un numero di iscritti che triplica o quadruplica quelli di uno Slam, e che magari poi non si svolgono mai.
«Non sono avvocato, ma ho fatto legge, e quello che posso dire che se la norma prevede che per allenarsi e giocare si sia ‘partecipanti’ ad un torneo, vuol dire che quel torneo si gioca ora, non fra tre mesi.
E’ giusto che tutti, giocatori e presidenti, conoscano i rischi che corrono. Io da ex presidente so in quali ‘casini’ ci si può infilare. Poi certo la Polizia e i Carabinieri che eseguono i controlli verificano che chi gioca sia in possesso della tessera agonistica, ma non possono incrociare i dati con quelli di tutti tornei che si stanno effettuando».
Alla fine qual è il suo giudizio sulla situazione? «Diciamo che sono in ambasce. Da una parte capisco che si è cercata una soluzione per evitare di ‘uccidere’ il tennis, di fermare le scuole che sono una delle poche voci in attivo del nostro ambiente, mettendo in ginocchio chi ci lavora. Fra l’altro siamo in contatto con la Regione Lombardia che il 4 ottobre aveva emesso una ordinanza che nel caso di palloni e strutture con le giuste caratteristiche di aerazione e cubature permetteva di giocarci dentro in quattro: non dimentichiamo che il nord è stato fortemente penalizzato dal Dpcm in questo senso. Dall’altro capisco che è una soluzione che può prestarsi a interpretazioni diverse. Di sicuro io sono per il rispetto delle regole».