Fuori dal campo legge i classici ed è appassionato di scacchi, ma dentro Karen Khachanov si trasforma, diventando uno dei più rudi picchiatori del circuito ATP. Fra i partecipanti alle Next Gen Finals è l'unico ad aver già messo il piede (numero 47!) fra i primi 30 del mondo, e prima o poi darà ragione alla previsione di Kafelnikov. Probabilmente già nel 2018.KAREN KHACHANOV
Luogo di nascita: Mosca (Russia)
Data di nascita: 21 maggio 1996
Classifica ATP al 1 gennaio: numero 53
Miglior classifica stagionale: numero 29
Miglior risultato: ottavi di finale Roland Garros

IL PERSONAGGIO
Di spalle ha tutto del cestista, ma il basket l’ha visto solo di sfuggita. A prima vista sembra riunire i luoghi comuni sulla gente dell’Est: fredda, introversa, silenziosa, invece è l’opposto. Dentro al campo è un rude picchiatore, fuori ama riflettere. E se gli scappa qualche “vamos” è solo perché è in Spagna che l’han reso un giocatore. Contraddizioni che si abbracciano sotto al nome di Karen Khachanov, uno dei tre russi (insieme a Rublev e Medvedev) protagonisti delle Next Gen ATP Finals di Milano. Lui il suo posto l’ha prenotato con grande anticipo, diventando uno degli under 21 più forti del mondo nel 2016, grazie a madre natura ma anche a uno zio-sponsor che ha aperto i rubinetti per una carriera partita da Mosca, virata in Croazia e arrivata a Barcellona. La città de La Rambla e della spiaggia di Barceloneta, ma anche di centinaia di campi da tennis. La sua movida è tutta lì, altrimenti non sarebbe già arrivato fra i primi 30 della classifica ATP, e fra i suoi interessi figurerebbe roba più mainstream. Invece nel suo trolley lo spazio della Play Station è occupato dai classici della letteratura, e al bivio (obbligatorio) università-servizio militare ha scelto Scienze Motorie, da seguire per corrispondenza, da un continente all’altro. “Studio temi inerenti al corpo umano, avere un’educazione aiuta”. Come aiuta, dicono, giocare a scacchi. Lui lo fa spesso e bene. “È simile al tennis: bisogna pensare molto e adattarsi all’avversario. Dove gioco meglio? Se fossero gli scacchi sarebbe un problema”, e via l’ennesimo sorriso.
LA TECNICA
La nazionalità russa la dice (spesso) lunga sullo stile di un giocatore. Basta aggiungerci i 198 centimetri “offerti” da papà Abgar e mamma Natalia, e l’identità del Khachanov tennista diventa ancor più nitida. Gran servizio sempre sopra i 200 all’ora, colpi di rimbalzo equilibrati e la voglia di spaccare la palla ogni volta che la tocca. Non fa differenza come, che sia di rovescio alla Safin, idolo ai tempi delle elementari, o di diritto alla Del Potro, modello quando ha capito che col tennis ci poteva vivere pure lui. Karen picchia senza pensarci troppo, con violenza, sale di un tennis costruito ad hoc per i campi veloci. Anche se lui, a sorpresa, dice di trovarsi meglio altrove. “Terra, o cemento lento. Posso comunque comandare il gioco, ma la palla arriva più piano, ho più tempo per organizzarmi”. Tuttavia, la sua activity dice che ha fatto bene dappertutto: primo quarto ATP sul veloce indoor, secondo sulla terra, primo titolo sul cemento all’aperto. Segno che cosa c’è sotto le Nike numero 47 non è un fattore, conta solo come va il rapporto testa-Wilson. Vedendolo per la prima volta, Fognini l’ha inquadrato così: “Se avessi la sua potenza andrei a rete a chiudere i punti di testa”. Poche parole per un plauso, perché da fondo fa i buchi per terra, ma anche mezza critica, perché la volèe la conosce appena. Ora che è arrivato nel giro dei grandi tornei il prossimo step passa da una maggiore ricerca della rete, per raccogliere quanto semina da dietro. Altrimenti rischia di sparare sempre a salve. Finendo le cartucce prima del dovuto, come successo già troppe volte nel 2017.
LE PROSPETTIVE
Arriverà nei primi venti entro un paio d’anni”, disse di lui a fine 2013 Yevgeny Kafelnikov, quando lo vide raggiungere i quarti a Mosca ancora minorenne. Sbaglia anche il “Kaf”, ma stavolta solo per la fretta. Perché il futuro del ragazzone di padre armeno (alla Agassi) sembra già tracciato, come la bordata lungolinea quando la palla gli arriva comoda sul rovescio. Magari non vincerà uno Slam, ma fra i campioni che verranno c’è anche una sedia col suo nome. E Karen ha le idee chiare per occuparla a lungo, e pure l’uomo giusto da far sedere con lui: Galo Blanco. Uno che la stessa corsa l’ha già vinta qualche anno fa, da navigatore di Milos Raonic. Molti lo ricorderanno raggiungere i quarti al Roland Garros del ’97, altri vincere l’ATP di San Marino due anni dopo. Da buon spagnolo Anni ‘90 aveva un tennis totalmente diverso da Khachanov, ma mica è sempre un male. “Non servono qualità simili, conta capirsi a vicenda. Noi ci capiamo, ed è per questo che Galo mi ha aiutato tantissimo. Ma l’arrivo è lontano, nel mondo dei ‘pro’ bisogna sempre migliorare”. O lavorare. O crescere. Tre parole che ripete a nastro, come un mantra per convincere in primis sé stesso. Il lavoro mentale si percepisce in come pesa ogni frase o non si scomponga mai. Il tono è sempre lo stesso, lo sguardo pure, ma gli occhi azzurri non mentono. Si illuminano una volta sola, quando dice numero uno del mondo. “È il mio sogno, ma andiamoci piano”. Gli obiettivi possono diventare un problema, meglio starci alla larga. È una delle ricette dei big.

Gli altri protagonisti delle Next Gen Finals:
DENIS SHAPOVALOV
(Bisti)
BORNA CORIC (Caldara)
JARED DONALDSON (Bisti)
HYEON CHUNG (Bisti)
DANIIL MEDVEDEV (Caldara)