Il tennis di continuità padroneggiato da Djokovic ha trovato in Sinner il degno erede. E nella semifinale dell’Australian Open in cui Jannik ha sconfitto Nole, ecco l’upgrade fatto di cambi di ritmo e incursioni a rete
La vittoria di Sinner su Djokovic in quel di Melbourne, ha la sua genesi nel modello di gioco sposato dal rosso di San Candido in giovane età.
Un tennis di continuità ampliato in più punti del campo che già dagli esordi aveva posto il serbo a mezza via tra Nadal e Federer con indubbio profitto. Una filosofia oggi raccolta, elaborata e rilanciata da un giovane montanaro che per nostra fortuna preferì, ancorché adolescente, di giocare a tennis piuttosto che scivolare a valle su un paio di sci. Si chiama evoluzione! Eterno processo di trasformazione che macina record e tanto bene fa allo sport. Un fenomeno scientifico che sul nostro portabandiera è stato una mano santa!
Un percorso maturato nel tempo e che alle Atp Finals di Torino ha spiccato il volo verso nuova consapevolezza. Lì dove in barba a una risicata sconfitta, Sinner ha capito che per essere il nuovo alfiere del gioco a tutto campo doveva imprimere velocità ai colpi e aggiungere variazioni al tema. Così ha fatto nei successivi match due su tre di Malaga e tanto ha replicato sulla lunga distanza del tre su cinque tipico degli slam.
Sotto l’abile regia di ottimi insegnanti, ha reso rapido e imprevedibile il servizio, inserito secchi cambi di ritmo e intensificato incursioni a rete di grande effetto.
Quanto ne e venuto fuori è sotto gli occhi di tutti e quel gioco che fu già di Lendl, Agassi e dello stesso Djokovic, brilla oggi di nuovo smalto grazie anche a quanto alberga sotto la chioma rossa della nostra punta di diamante. Una miscela ad altissimo rendimento che non teme confronti, degna di un futuro campione del mondo. Un’idea di gioco che da Malaga in qua, ha spinto Djokovic sul crinale del rischio pur di trovare nuovi varchi nella difesa di Jannik e non andare in affanno. E in un paio di mesi per la sua leadership si è fatta dura, tanto dura da fare un pensiero al tempo che passa e a un giovane laggiù oltre la rete che senza ombra di smentita è il nuovo esponente di una tattica che ha dato tanto a tanti. “Ci sono ancora”, è sembrato dire, pugnetto al cielo alla fine del terzo. Ma a poco è servito.
Sillabando i punti colpo su colpo, Sinner ha scritto il suo capolavoro senza esitazioni lasciando che il blasonato avversario si rifugiasse senza scampo prima nella precisione del servizio e poi nella resilienza degli scambi, faticando al punto da segare il ramo su cui era seduto.
Quando nel quarto spifferi di sconfitta iniziavano a sentirsi nella Rod Laver Arena, per il Djoker dev’essere stato frustrante sentirsi battuto da un gioco frutto anche del suo contributo.
E ora? Grazie ai capricci del fuso orario, la Vecchia Europa si è alzata in piena notte per non perdere un colpo. Dunque chi può se ne tornerà dritto a nanna, e siccome i sogni non costano nulla, agli abitanti dello Stivale sarà consentito anche di sognare un rito finale, perché no, dall’esito felice.