Dopo Budge, Laver, Becker e Courier, Jannik Sinner sembra perfettamente incarnare l’erede dei vincitori Slam dalla chioma infuocata
Trattasi di un recettore! Più esattamente di quello addetto alla regolazione di melanocortina. Per intuire meglio dove andiamo a parare, aggiungo che il recettore chiamato in ballo sancisce il rossiccio dei capelli. Non solo, stando alla realtà dei fatti, il gene sembrerebbe fugare ogni dubbio circa la necessità di avere in sorte un bulbo color del rame per nutrire speranze nel tennis che conta. L’ha mostrato Donald Budge nel periodo anteguerra, ribadito Rod Laver negli anni della ricostruzione e riaffermato Boris Becker nell’era del benessere. Jimmy Courier l’ha definitivamente sancito in quella dell’opulenza.
Alcuni scienziati ritengono il ricettore in quantità calante tra l’umanità del pianeta, altri addirittura lo danno in fase morente. In tempo, dunque, per regalarci ancora Andrei Rublev e Jannik Sinner, rossi campioni del tennis postmoderno, ormai felicemente accasati tra i primi della classe.
Ora, può accadere che sotto chiome dello stesso pigmento lavorino cervelli di fattura diversa, gli stessi attraverso i quali è passata la gestione del bel quarto di finale consumato ieri sulla Rod Laver Arena di Melbourne. E su quel suolo tracciato da righe gloriose, il moscovita dal capello liscio ha guidato i punti a tavoletta, ignorando curve, dossi, e qualche marciapiede. Naturalmente è finito fuori strada e dubito che abbia appreso la lezione.Al contrario, penso che ci riproverà.
L’italiano di San Candido invece ha messo in atto una guida coi fiocchi, movimentata come i suoi riccioli, da marce alte, medie e basse innestate secondo il divenire dei fatti. È finita con un tète à tète salito a 5/2 per il nostro portabandiera che promette di salire ancora se l’uomo al di qua degli Urali non si riavrà dalla smania di tirare bombe per spaventare i sorci. Ma il match rivela anche, qualora necessario, che sotto criniere della stessa tinta pulsano cabine di regia difformi, organi pensanti che fanno la differenza al di là della peluria che li ricopre.