Max Sartori, dall’hotel di Melbourne dove è in quarantena, ci racconta del protocollo stabilito dagli organizzatori, della difficile situazione dei casi positivi e delle polemiche dei residenti, accennando anche ai privilegi di Adelaide

L’arrivo nell’hangar e la scorta in hotel

Eccomi al terzo giorno di quarantena in Australia. Da poco ho ricevuto la notizia che domani ci alleneremo. Non ho ancora saputo nulla dell’esito del tampone, ma il fatto che ci abbiano assegnato un orario di allenamento mi fa pensare che sul nostro volo, quello partito da Doha, non ci fossero positivi.

Ho sentito della positività di alcuni giocatori e allenatori sui voli di Los Angeles e Abu Dhabi, e questo sarà un bel problema.

La nostra squadra è formata da me, che risulto assegnato a Marco Cecchinato, e dal preparatore Massimiliano Pinducciu, assegnato ad Andreas Seppi. In questo modo siamo riusciti a partire con uno staff completo, libero di uscire secondo le regole, visto che qui ammettono due persone oltre al giocatore, ma permettono solo a una di muoversi a fianco dell’atleta.

L’accoglienza quest’anno è stata molto diversa dal solito. Appena atterrati, alle 3 del mattino, il nostro aereo è stato agganciato e portato in un’aerea lontana dalle piste, in un hangar. Lì ci hanno fatto tutti i controlli, legali e di ordine medico, ci hanno fatto cambiare la mascherina, hanno sanificato le nostre borse, e poi ci hanno portato in hotel con un bus.

Noi siamo stati assegnati al Pullman Melbourne Albert Park, un hotel che si trova nella zona del golf, abbastanza vicino ai campi di allenamento. Di hotel ce ne sono altri, ma credo che la divisione dipenda dal programma di tornei. Chi giocherà la Atp Cup, per esempio, si trova già all’Hyatt, dove anche noi verremo spostati al termine della quarantena.

Cecchinato e Seppi sono iscritti a un 250. Marco giocherà Melbourne 2, mentre Andy al momento è entrato in entrambi, e deciderà all’ultimo quale torneo gli conviene giocare.

Il protocollo per gli allenamenti

La camera ci era già stata assegnata. All’arrivo in hotel abbiamo consegnato il nostro foglio, dopo di che siamo stati scortati in stanza, uno alla volta e distanti, dove abbiamo trovato tutte le indicazioni.

Come dicevo, da poco ci hanno comunicato che domani ci potremo allenare. Ci verranno a prendere direttamente in camera alle 13.30, noi non possiamo mettere la testa fuori dalla stanza, anche perché su ogni piano c’è sempre una guardia che controlla.

Alle 13.45 abbiamo il campo, ci alleneremo per due ore, poi abbiamo 90 minuti di palestra e il ritorno in hotel. Consumeremo tutti i pasti in camera, attraverso una app abbiamo già ordinato il menu per i prossimi 10 giorni.

Quando siamo arrivati, abbiamo subito percepito una strana atmosfera… Non saprei come dirlo diversamente, si capisce che non siamo troppo ben voluti. Ma è comprensibile. A molti residenti australiani per via della pandemia è stato negato il rientro in Australia, e ora arrivano centinaia di giocatori, alcuni dei quali positivi. La polemica sta montando, insomma.

Certo anche alcuni giocatori ce la stanno mettendo tutta per farsi odiare: postano sui social commenti e video in cui si lamentano del cibo e delle condizioni, e vi lascio immaginare gli interventi (o meglio gli insulti) degli australiani.

Capisco che sia difficilissimo organizzare un torneo così importante in questa situazione. Gli organizzatori ci stanno lavorando da mesi. Emirates, tanto per dirne una, ha chiuso tutti i voli per l’Australia fino al 20.

Il fatto che siano atterrati dei positivi, sconvolgerà i piani di tutti. Intanto ora una cinquantina di giocatori dovranno restare chiusi in stanza per 15 giorni.

Il caso dei positivi mette a rischio il regolare inizio

Non so come sia potuto succedere. Vi posso raccontare cosa è capitato a me. Siamo partiti da Milano, atterrati a Doha e risaliti su un aereo per Melbourne. Solo allora collegandomi al wifi ho scoperto che avevo ricevuto una mail in cui mi vietavano di partire perché non avevano ricevuto l’esito del mio tampone, che era negativo. Ma io la comunicazione l’ho vista solo quando ormai ero in volo, così attraverso chi stava in Italia siamo riusciti a spedire la documentazione necessaria e a ‘regolarizzarmi’, altrimenti non mi avrebbero fatto scendere dall’aereo.

Ieri sera c’è stata una call per i giocatori con il direttore del torneo. Stanno pensando di far scalare il torneo di una settimana perché, diversi mesi fa, lo stesso Craig Tiley aveva annunciato che se fosse capitato di vietare ai giocatori la possibilità di allenarsi prima del torneo, l’organizzazione sarebbe stata costretta a posticipare l’inizio dello Slam.

Non si sa ancora quando decideranno, credo dipenda molto dai casi di positività.

Certo, il caso di Adelaide in cui i top player stanno vivendo in tutt’altre condizioni è un’altra grossa discriminazione. Hanno una palestra sempre a disposizione e, per esempio, Osaka ha postato una foto con 5 persone: qui più di due non ne puoi portare e non puoi far niente al di fuori di quello.

Sono d’accordo che i più forti abbiano delle condizioni migliori, quello c’è sempre stato, ma qui non si tratta di privilegi per classifica, si tratta di una pandemia, e non trovo giusto che Rafa Nadal possa arrivare preparato, mentre Nishikori, per citarne uno, non possa giocare per 14 giorni senza essere risultato positivo. Non può funzionare così solo perché loro sono più forti.

A noi hanno comunicato dell’aereo lunedì mattina alle 6: il volo era prenotato per martedì all’ora di pranzo e non avevamo ancora fatto i tamponi. Andreas ha scritto subito agli organizzatori, dicendo che non c’era il tempo per fare tutto e il volo è stato spostato a giovedì.

Ora ci troviamo in hotel, io ho appena cenato con del riso e uno spezzatino al curry. In questi giorni sto navigando molto su internet, guardo film, ma il rischio è di dormire tanto, troppo. Non potendo uscire, sarà più difficile smaltire il fuso. In più io mi ritengo quasi fortunato ad avere una finestra che si apre, ma in altre stanze come quella di Marco e Andreas, le finestre sono fisse e non possono nemmeno far cambiare l’aria.

Anche tra di noi poi è complicato comunicare: abbiamo creato una chat a quattro, così almeno ci diamo la buonanotte… bisogna accontentarsi di questo!