Dopo la fatica dei primi turni, il cammino di Novak Djokovic all’Australian Open è in crescendo. Dimostrando ancora una volta, se ce n’è bisogno, di essere supremo maestro nell’arte della perseveranza
Poi “arriva lui, bello bello, ci pensa lui, stai tranquillo”. Queste parole di una hit di un paio d’anni fa mi sono risuonate in mente pensando al cammino di Djokovic agli Australian Open. Dopo alcuni match stentati e dopo due set faticosi anche con l’amico Fritz, eccolo intraprendere l’ormai classico crescendo e giungere per l’undicesima volta in semifinale in questo torneo, come una sentenza, come il ritorno inesorabile di un ricorso storico. Le altre dieci volte è andato in finale e ha vinto, tanto per ricordarlo.
Nelle sue ultime conferenze stampa ha assunto un’allure sempre più sapienziale, come uno degli anziani del deserto delle origini cristiane: “Oggi ho avuto momenti di grande sofferenza. Ci sono giorni così. Devi accettarli e cercare di trarne il meglio possibile … Il ritiro? Non ci penso per ora, sento che devo ancora fare i miei compiti e migliorare, perché anche i miei avversari vogliono farlo … Il fuoco arde ancora in me, voglio giocarmela fino alla fine”. Il campione serbo mette sempre più in pratica l’arte del giorno dopo giorno, sorella della perseveranza. Proprio come faceva un antico padre del deserto, di cui si narra: “Per cinquant’anni si prese gioco dei propri pensieri contro la perseveranza dicendo: ‘Finito l’inverno, me ne andrò’. E quando l’estate era giunta: ‘Alla fine dell’estate partirò di qui’. E così fece per tutta la sua vita”. Davvero, “a ogni giorno basta la sua pena”, come disse un giorno con enorme ispirazione Gesù: non bisogna precorrere i tempi, ma neppure fermarsi, scoraggiarsi nelle ore più dure, quando verrebbe voglia di arrendersi e di lasciar banchettare sulla nostra vita l’avversario, chiunque o qualunque cosa sia…
D’altra parte, mettiamoci nei panni dei ben più giovani atleti che cercano di spodestare Nole. Di quanto e quale coraggio devono avere bisogno, soprattutto quando l’aria si fa sempre più rarefatta, all’altezza di una semifinale Slam? È un pensiero che dà le vertigini, uno sforzo psicofisico che sembra eccedere le umane capacità di ragazzi pur dotatissimi. L’highlander RoboNole ha rivelato recentemente di aver intrattenuto negli ultimi quindici anni un rapporto speciale con un… albero del giardino botanico di Melbourne, che molto gli ha insegnato. Chissà se il nostro Jan the Man avrà scoperto dove si trova questo verde amico; e nel caso, chissà se ne avrà ricevuto qualche consiglio, interpretando i fremiti della sua chioma.
Sì, perché, senza aver ancora perso un set, il nostro Sinner venerdì si troverà a dover fermare la cavalcata di Nole, impresa eccezionale che lui potrebbe rendere normale. A ventidue anni il cammino che lo attende è molto lungo, ma chissà che non stia per arrivare lui, bello bello… Chissà che non stia entrando nella strada disegnata ancora una volta, come un dritto lungolinea dal rabbi di Nazaret: “Con la vostra perseveranza, guadagnerete le vostre vite”. Magari cominciando con il vincere uno Slam, avendo la meglio su un’altra enorme perseveranza. Del resto, solo con infinita e paziente energia ci si può impadronire del Regno, ha detto sempre Gesù. E perché no, anche di una delle sedi del regno di Nole, quella di Melbourne.