Con la finale a San Paolo, Nicolas Jarry ha migliorato il best ranking di due protagonisti della Davis cilena del 1976: Cornejo e Prajoux. Ma l'obiettivo finale è fare meglio del nonno Jaime Fillol, n.14 ATP negli anni 70. Con un fisico da pallavolista può puntare in alto, anche se Marcelo Rios lo ha criticato via Whatsapp…

Noi abbiamo gioito grazie a Fabio Fognini, ma il torneo ATP di San Paolo ha lanciato un nuovo personaggio. Nicolas Jarry ha raggiunto la sua prima finale ATP e ha riportato il Cile nella geografia del tennis, peraltro a poche settimane dal ventennale dalla salita di Marcelo Rios al numero 1 ATP. Non raggiungevano una finale ATP dal 2009 (vittoria di Fernando Gonzalez a Vina del Mar) e il nuovo ranking ATP lo ha spinto in 61esima posizione, sufficiente per entrare nella top-10 nazionale di sempre, superando due personaggi ben noti anche in Italia. Patricio Cornejo (n.65 nel 1974) e Belus Prajoux (n.66 nel 1976) facevano parte della squadra che raggiunse la storica finale di Coppa Davis contro gli azzurri nel 1976. Nicolas li ha superati e adesso punta Jaime Fillol, miglior giocatore di quella squadra. Ma c'è di più: Fillol è suo nonno. “È grazie a lui che ho iniziato a giocare a tennis, in Cile è un mito, i miei primi ricordi sono tutti legati a lui”. Il Cile ha prodotto giocatori particolari: la potenza strabordante di Fernando Gonzalez, il talento irripetibile di Marcelo Rios e il tennis “quadrumane” di Hans Gildemeister. Adesso si coccolano un ragazzo di 198 centimetri che ricorda vagamente il primo Juan Martin Del Potro. Tira fortissimo, ha un gran servizio, con il dritto fa male e la dinamica del rovescio assomiglia a quella di Delpo, ma prima che i polsi iniziassero a fare le bizze. Grazie a lui, il Cile guarda con qualche speranza al match di Davis di aprile, contro l'Argentina. Fino all'anno scorso sarebbe stato un massacro sportivo, adesso chissà.

I CONSIGLI DI GILDEMEISTER
A guidare il team c'è Nicolas Massu, il cui obiettivo è riportare la squadra nel World Group. L'ultimo ad avere l'ebbrezza fu proprio Gildemeister, che in queste ore ha detto la sua sul fenomeno Jarry. “Come prima cosa, ha un ottimo team e non lo cambia da molto tempo, e questo è importante – ha detto dagli Stati Uniti, dove risiede – inoltre hanno impostato una programmazione perfetta per il suo gioco. È migliorato sul piano atletico e gioca molto meglio da fondo. È più maturo, è un tennista moderno, lo definirei un giocatore del futuro”. I risultati degli ultimi 12 mesi sono incoraggianti: lo scorso anno si è qualificato per Roland Garros e Wimbledon, senza dimenticare i primi tre titoli Challenger: Medellin, Quito e Santiago. I 150 punti raccolti a San Paolo lo hanno portato al numero 61 ATP. “Dove può arrivare? Le cose non si costruiscono da un giorno all'altro – continua Gildemeister – intanto il suo ranking attuale era impensabile soltanto un anno fa. Non bisogna chiedergli troppo, ma secondo me non ha limiti. Tutti lo vorremmo vedere tra i primi dieci, ma dipende da mille fattori”. Ma se i punti forti sono evidenti, su cosa dovrà lavorare insieme a coach Martin Rodriguez? Gildemeister ha le idee chiare: “Deve aumentare la percentuale di prime palle, inoltre ho notato che va in difficoltà quando deve correre verso destra. Per questo, ritengo che debba migliorare ancora sulla parte fisica. Inoltre, la risposta deve essere più aggressiva”. Classe 1995, da junior è stato numero 8 del mondo anche se non ha combinato granché negli Slam (nel 2013 ha raggiunto i quarti al Trofeo Bonfiglio, ma ha raccolto i punti soprattutto un Sudamerica). Professionista dal 2014, l'anno dopo si è rotto il polso. Il rientro non è stato facile, tanto da piombare al numero 619 ATP a metà 2016. “Lì sono stato bravo a continuare a godermi la vita da tennista e lavorare duro” racconta Jarry, che ha fatto emozionare i suoi connazionali durante la premiazione di San Paolo, quando ha trattenuto a stento le lacrime. È un gigante buono.

LE CRITICHE DI RIOS
Si era già costruito l'immagine di bravo ragazzo lo scorso novembre, quando ha vinto il Challenger di Santiago. Dopo 27 tornei era stanco morto, ma non voleva deludere la sua gente, la sua famiglia. Potendo dormire nel suo letto e mangiare a casa durante il torneo, ha trovato la forma giusta e non ha perso un set, commuovendo la zia Catalina Fillol, direttrice del torneo, scoppiata in lacrime durante la premiazione. Con lui, si sono commossi in tanti: Nicolas viene da una famiglia molto numerosa, con quattro fratelli e la bellezza di 16 cugini. Non è un caso che giochi a tennis, visto il background familiare, ma avrebbe anche potuto scegliere la pallavolo, visto che papà Allan e mamma Cecilia sono stati entrambi professionisti nella disciplina. Vista la provenienza dei genitori, non c'è da stupirsi di una struttura fisica (198 centimetri per 90 chili) perfetta per il tennis di oggi. Già ambasciatore di un ente benefico, si è fatto subito ben volere dai connazionali. E non c'è dubbio che si schiereranno con lui nel recente episodio (un altro!) con protagonista Marcelo Rios. Durante il torneo di San Paolo, l'ex numero 1 ATP ha inviato alcune note audio a un gruppo di Whatsapp in cui ha fatto considerazioni non proprio lusinghiere su Jarry. Qualcuno ha pensato bene di diffonderle: tra il serio e lo scherzoso, lo si sente dire che Jarry dovrebbe passare i primi turni in scioltezza grazie al suo gran fisico, e non complicarsi la vita come spesso gli accade. “Fa come Nicolas Massu, che giocava partite di 25 ore” ha detto Rios, lasciando intendere che non apprezzava molto lo stile di Massu. Inoltre si è autoincensato, ricordando che lui vinceva “6-0 6-2 “ le partite e arrivava sempre fresco alle finali. Nella giungla dei social network, qualcuno ha dato ragione a Rios. Ma non c'è dubbio che Jarry sia già un esempio migliore di lui. Un personaggio non si costruisce soltanto con il talento. Il punto qui sotto, tuttavia, dimostra che Nicolas non ne è privo…