“Il mio obiettivo è che Rafa torni il numero uno sulla terra rossa”, ci aveva detto a Budapest, invece il maiorchino è tornato il numero uno e basta, mettendosi di nuovo tutti alle spalle nel ranking ATP. E lui l’ha guidato alla rinascita, con umiltà, stando sempre in disparte, lontano dalle luci dei riflettori. Toni non se ne va del tutto, visto che si dedicherà alla formazione dei giovani nell’accademia di Manacor dove il nipote si allena, e perciò una voce in capitolo ce l’avrà spesso, perché nessuno ne conosce virtù ed esigenze come chi l’ha plasmato. In più ha sempre precisato che qualora “Rafa” desideri averlo ancora con sé, lui ci sarà, ragion per cui è facile pensare che prima o poi capiterà di vederlo ancora. Ma ora l’head coach diventa Carlos Moya e sarà lui a dividersi con Francisco Roig nei tornei, e guidare un percorso che – ce l’ha insegnato il 2017 – può avere ancora tante tappe, e tanti risultati importanti da raccogliere. Per congedarsi, Toni ha deciso di scrivere una lettera aperta pubblicata oggi da El Pais, il quotidiano spagnolo più diffuso. Nel messaggio, ringrazia tutte le persone che hanno collaborato con lui nel corso degli anni, ma anche i media, i tifosi e soprattutto suo nipote. “L’uomo – scrive Toni – che ha valorizzato la mia figura più di quanto meritassi”. Ve la proponiamo per intero, di seguito.
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Sin dall’inizio della carriera tennistica di mio nipote ho cercato di sviluppare in lui un carattere forte e deciso, per affrontare in particolare le difficoltà del tennis, ma anche quelle della vita in generale, con la quale il tennis ha molti punti in comune. Sono stato più fastidioso che gentile, e più esigente che permissivo. Gli ho dato più motivi per essere insoddisfatto che per essere felice, e gli ho sempre lasciato tutta la responsabilità. Francisco De Quevedo diceva che “chi si aspetta che nella vita tutto sia di proprio gradimento, troverà molti problemi”, e io non ho mai voluto facilitare le cose a Rafael.
Ho avuto la fortuna di vivere con una generazione di grandi giocatori, e ho sempre creduto che la difesa dei miei interessi non dovesse impedirmi di osservare gli altri da una prospettiva più o meno corretta. Non ho mai pensato che la rivalità dovesse andare anche oltre al campo e non ho mai considerato nessun rivale come un nemico. Questo mi ha permesso di apprezzarli, rispettarli e imparare da tutti loro.
Soprattutto nella politica, ma anche nel resto dei campi, viviamo in una società dominata dal fanatismo, che ci porta a prendere per buono solo il nostro punto di vista e disprezzare, sottovalutare e persino odiare, chi la pensa diversamente. Il mio supporto al Barcellona, per non uscire dall’ambito sportivo, non mi porta a esaltare eccessivamente le loro vicende, né a denigrare quelle del Real Madrid. Penso che ci farebbe bene iniziare a moderare le nostre passioni sportive, ed estendere lo stesso modo di pensare anche a tutti gli altri campi.
È giunto il momento di guardare indietro e ringraziare tutto ciò che questa professione mi ha dato. La mia gratitudine è rivolta a molte persone, più o meno anonime, che mi hanno accompagnato in questo viaggio per molti anni.
Ai membri del nostro staff, che iniziò a crescere con l’ingresso di Carlos Costa e poi con tutti gli altri, che so di non aver bisogno di nominare uno per uno. Li ringrazio tutti per la loro dedizione, il loro impegno, il lavoro svolto e, non ultima, la loro amicizia. La convivenza con loro mi ha arricchito enormemente come professionista e, naturalmente, come persona. Vorrei anche esprimere la mia gratitudine alla famiglia Fluxà per aver voluto unire il mio nome a Iberostar, azienda esempio di valori umani e di prestigio nel settore alberghiero.
A tutti i giornalisti stranieri e, soprattutto, spagnoli, che hanno mostrato tanto rigore quanto rispetto per la figura di mio nipote, e quindi anche per la mia. Non hanno iniziato a parlare male di noi quando per Rafael le cose si sono complicate. Da parte dei media abbiamo sentito molto di più l'incoraggiamento e la comprensione, piuttosto che l’intenzione di puntare il dito contro di noi quando abbiamo attraversato delle crisi nel gioco o degli infortuni.
Ai fan che sono venuti a vedere Rafael nei diversi tornei, che hanno acquistato i biglietti, che hanno interrotto il loro sonno per guardare le partite notturne, che hanno sostenuto, applaudito e sono stati entusiasti delle vittorie o delle sconfitte di Rafael. Il loro affetto e il loro sostegno lo hanno aiutato a sollevare molti trofei. La mia è una gratitudine immensa.
Infine, e in un modo speciale, devo ringraziare di cuore il massimo responsabile della mia fortuna: mio nipote Rafael. La relazione con lui è sempre stata stranamente facile visto il mondo in cui ci muoviamo. Grazie alla sua educazione, il suo rispetto e la sua passione, ho potuto trasmettergli il mio modo di intendere questa professione. Grazie a lui ho vissuto esperienze che hanno superato tutti i miei sogni di allenatore. Ho viaggiato al suo fianco verso località incredibili e ho incontrato e conosciuto persone di rilievo, provenienti da molti ambiti. Oggi mi sento molto apprezzato e amato, perché la sua figura ha valorizzato la mia, molto più di quanto meritassi.
Nel suo saggio “Todo lo que era solido”, riguardo a personaggi che occupavano cariche importanti prima della crisi, Antonio Munoz Molina diceva qualcosa di simile: “pensavamo che fossero arrivati lassù perché erano molto capaci e intelligenti, quando in realtà è spesso il contrario. È mentre sono lassù, che siamo arrivati a credere che siano molto capaci e intelligenti”. Vi lascio con questa massima per evitare qualsiasi sopravvalutazione della mia persona, e ritorno con i miei cari allievi a Manacor. Grazie di cuore.
Toni Nadal
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