Lorenzo sta attraversano un momento difficile, dopo la brutta sconfitta di Doha ha aperto il suo cuore con grande coraggio e onestà. Il 3 marzo compie 22 anni e ha tutto il tempo per tornare grande… e riportare il rovescio a un mano ai piani alti del ranking
Tempi duri per il rovescio a una mano. Con la retrocessione a numero 11 Atp di Stefanos Tsitsipas, per la prima volta da quando esistono le classifiche computerizzate – quindi dal 1973, ma si può dire tranquillamente aggiungere: da sempre – fra i primi dieci del mondo ci sono solo tennisti ‘bimani’.
Il rovescio ‘monomane’, come lo chiamava Gianni Clerici, è sinonimo di grande spettacolarità – dobbiamo citare, in ordine sparso, Federer, Wawrinka, McEnroe, Sampras, lo stesso Tsitsipas? – ma con le velocità folli a cui si gioca oggi, anche di vulnerabilità.
Forse allora non è un caso che anche il più tecnicamente dotato e spettacolare dei nostri, il ‘monomane’ Lorenzo Musetti, titolare di uno dei più bei rovesci in circolazione, non stia attraversando un periodo felice. Lo ha ammesso anche il ‘Muso’, con onestà disarmante e quasi struggente, dopo la brutta sconfitta al primo turno di Doha contro il cinese Zheng «Cosa è che non funziona? Me lo chiedo anch’io tutte la volte che entro in campo», spiega Lorenzo, che dopo le semifinali a Chengdu dello scorso settembre non ha più vinto più di due match di fila negli ultimi 12 tornei. «Non so nemmeno io che cosa dirvi di questo periodo frustrante. Mi alleno, faccio tutto bene, anche Simone (Tartarini, ndr) e Corrado (Barazzutti, ndr) fanno il possibile per aiutarmi, ma alla fine colpa e merito sono soprattutto di chi va in campo. Le due sconfitte contro Bublik e Griekspoor, con il matchpoint a favore e giocando meglio, hanno davvero rotto le… palle, non sono state il massimo per la fiducia, l’umore, la motivazione. Tutto sembra girare storto, purtroppo non è la prima volta che capita nella mia carriera, anche se per ora è molto breve. Spero anch’io che cambi prima possibile».
Talento e fragilità vanno spesso insieme e Lorenzo non nasconde le sue: «Da quando avevo 14 anni tutti mi ripetono che gioco bene, e questo magari non aiuta, perché non sono il ragazzo al mondo con più fiducia nei propri mezzi. A volte fatico and andare oltre, a far vincere l’orgoglio. E in campo mi sento fragile». A Rotterdam era arrivato qualche segnale positivo, Doha forse – lo speriamo tutti – potrebbe essere il momento più difficile. La collaborazione con Corrado Barazzutti è appena agli inizi, «e con lui stiamo lavorando sulle stesse cose di prima, sulle quali era d’accordo: servizio e risposta ad esempio, due colpi che presi singolarmente sento di giocare anche meglio di uno o due anni fa, e lo stesso vale per la posizione in campo. Anche fisicamente non ho problemi, e questo è un vantaggio. La mia pecca, il mio punto debole in questo momento è la mia fiducia».
L’esempio di Sinner, può servire, ma Lorenzo è molto onesto e lucido anche nell’ammettere che la rinascita deve partire dall’interno, non dall’esterno: «Sono contento per Jannik, mi fa piacere che ottenga tanti successi, e sicuramente da lui c’è tanto da prendere ad esempio, perché al momento non è solo fra i più forti al mondo, ma anche fra i più professionali e metodici. Ma quella è la sua strada, io devo concentrami su me stesso».
Riconoscere il problema è il primo passo per risolverlo, al netto delle idiozie che ogni giorno, purtroppo, passano attraverso i social. Lorenzo non ha ancora 22 anni, e ha già dimostrato di valere un posto fra i primi 15. Ha un fisico integro, un ranking comunque buono (n.26), tutte le qualità per risalire. E per far rientrare nei piani alti del ranking, insieme a lui, anche il rovescio che fa delirare tanto chi ama il tennis.