Tanti genitori investono somme di denaro importanti per coltivare il sogno dei figli di diventare tennisti di successo, ma pochissimi ce la fanno. Uno di loro è stato Fulvio Fognini: disponeva di risorse economiche importanti, ma ha anche scelto le persone giuste. Ci ha raccontato la sua esperienza.Nel lavorare all'inchiesta sulle necessità e i problemi (costi in primis) del tennis giovanile in Italia, uscita sul numero di febbraio della rivista e riproposta sul sito nei giorni scorsi, abbiamo raccolto anche una testimonianza di Fulvio Fognini, papà di Fabio. Nei primi anni della carriera del figlio ha investito tantissimo, ma anche con grande attenzione, e i risultati gli hanno dato ragione. In cinque domande ci ha raccontato la loro esperienza.
Quanto, dei risultati ottenuti da Fabio, è merito della tua possibilità di investire senza pensarci troppo?
Il 50% l’ho fatto io, il resto è merito di Fabio e di Leonardo Caperchi, suo coach negli anni più importanti della crescita. Al tempo abbiamo avuto anche dei contatti con la Federazione, ma io sono sempre stato molto attento al suo percorso e ho sempre voluto fare di testa mia. Quando Fabio si allenava a Genova mi è stato suggerito di fare un tentativo con Caperchi, che aveva terminato la sua collaborazione con Andrea Gaudenzi. Ci siamo capiti al volo: lui non ha fatto promesse, ma i risultati si sono visti immediatamente. Abbiamo avuto la fortuna di trovare un coach che sapeva cosa serviva per diventare un professionista.
E chi non può investire di tasca propria per affiancare a un 14enne un coach già affermato?
Vero, servono delle possibilità economiche che non tutti hanno. Le strade sono due: o investe la famiglia o deve farlo la Federazione, trovarne altre è difficile. Magari si riesce a raccogliere qualche contributo, ma sono cifre che incidono poco nel bilancio complessivo. Già a 15 anni, se un giovane gioca i tornei in giro per l’Europa, i costi dell’attività sono simili a quelli di un professionista, ma senza introiti. Le spese sono tantissime e l’attività può arrivare a costare anche 60-70 mila euro all’anno.
Consiglieresti alla famiglia di un dodicenne promettente di seguire la vostra stessa strada?
A dodici anni direi di no, ma dopo è necessario, altrimenti si rischia di perdere solo del tempo. Tutti sappiamo cosa possono dare i mastri di un circolo e la realtà dei club. Un ragazzo bravo in un club rischia di non avere la possibilità di allenarsi come dovrebbe e non riesce a ottenere le attenzioni necessarie per ottenere risultati importanti. Magari diventerà un ottimo seconda categoria, ma se non si intensifica il percorso nel periodo che va da 13 ai 17 anni, poi diventa impossibile raggiungere certi traguardi.
Quanto ha speso Fulvio Fognini per la crescita di Fabio?
Non posso fare una stima esatta, ma sicuramente più di 200.000 euro. E noi siamo stati fortunati perché a 18 anni Fabio era già intorno al numero 300 della classifica ATP, quindi qualcosa incassava dai tornei, dagli sponsor, dalla Federazione. Il grosso l’abbiamo speso prima, dai 14 ai 17 anni.
E se fosse andata male?
Mi era stato detto da numerose persone del settore che Fabio meritava una possibilità e io ho provato a dargliela, fermo restando che se a 20 anni non fosse stato intorno ai primi 100 del mondo avrebbe abbandonato questa strada a favore degli studi. Certo, ora i giocatori emergono anche più tardi, ma per uno che ci riesce ce ne sono centinaia che falliscono.
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