La curiosa parabola di Borna Coric: è stato il primo ad emergere tra i ragazzi della Next Generation ATP: un vittoria su Nadal e la 33esima posizione a 19 anni avevano acceso mille aspettative. Invece si è bloccato e certe previsioni sono finite nel dimenticatoio. Viene da una stagione di alti e bassi, ma sembra in ripresa. Qual è il suo vero valore?

A parte la wild card italiana, che uscirà dal torneo di qualificazione, gli altri sette partecipanti alle Next Gen ATP Finals si sono recati tutti a Parigi Bercy. Cinque di loro sono nel tabellone principale, mentre Donaldson e Medvedev hanno perso nelle qualificazioni. Ha avuto bisogno di giocare le “quali” anche Borna Coric. Ed ecco la sorpresa, anzi due. In primis, è sorprendente che abbia ancora l'età per giocare il torneo. Pensate che ha già 159 partite ATP nelle gambe: oggi pomeriggio giocherà la 160esima contro Jan Lennard Struff. In caso di vittoria, avrà una chance di rivincita con Marin Cilic, da cui ha perso pochi giorni fa a Basilea. La seconda sorpresa è che Coric ha chiuso “appena” in quinta posizione la Race to Milan, dunque sarà la quarta testa di serie in virtù della ben nota assenza di Alexander Zverev. Sono passati tre anni da quando si è rivelato al mondo: noi lo avevamo già notato a Umago, quando arrivò a un passo dal battere Fabio Fognini a Umago. Tre mesi dopo, ha superato Rafael Nadal a Basilea. In una delle prime interviste, si era paragonato a Novak Djokovic. Ci fecero un paio di titoloni, lui intendeva semplicemente dire che – tra i Fab Four – quello a cui assomigliava principalmente era proprio Nole. A fine 2014, soltanto due teenagers chiusero tra i top-100 ATP. Uno era lui, l'altro Nick Kyrgios. Nel luglio 2015 ha raggiunto il numero 33 ATP: ancora oggi, è il suo best ranking.

ASPETTATIVE PRECOCI
Qualche mese fa era addirittura franato in 79esima posizione, mentre oggi il suo nome si trova alla casellina numero 51. Zverev a parte, l'impetuosa crescita di Rublev, Shapovalov e Khachanov lo ha messo un po' in ombra quando si deve parlare di futuri campioni. Il suo tennis paziente e un po' artigianale, in effetti, non attira chissà quali fantasie. A lui va bene così, preferisce ragionare a lungo termine senza paragonarsi ai coetanei. In fondo, la carta d'identità è ancora dalla sua parte. “Quando ho battuto Nadal e sono arrivato in semifinale a Basilea, non pensavo che quello fosse il mio livello. Penso che allora valessi il numero 60-70 del mondo, non il n. 30” dice oggi il ragazzo che per un po' ha avuto la benedizione di Goran Ivanisevic. “Ho avuto un po' di fortuna e ho giocato ogni punto come se fosse l'ultimo. Nessuno mi conosceva. Il primo anno può essere buono per tutti. Mi ha permesso di entrare nel radar, però c'era un problema: le aspettative erano enormi, ma il mio tennis non era pronto”. Secondo Coric, un calo in classifica sarebbe stato solo una questione di tempo. Le partite non si vincono soltanto con la grinta, figurarsi con la fortuna. “Io avevo bisogno di costruire il mio gioco, passo dopo passo, prendere coscienza dei punti forti e di quelli deboli. Penso di averlo fatto bene”. Il suo merito principale è la capacità di non mettersi troppa pressione. Mica facile, se uno come Zverev (un anno più giovane di lui) è già top-5 ATP. “Il mio futuro non passa certo da una rincorsa su Sascha. Sono semplicemente motivato a lavorare duro, e sono concentrato sulla mia carriera”.

QUELLA VITTORIA SU ZVEREV
Ha anche avuto un po' di sfortuna: a fine 2016 si è dovuto operare a un ginocchio e questo ne ha compromesso la preparazione invernale. La stagione è iniziata malissimo, ma poi si è ritrovato sulla terra. Ha conquistato il suo primo titolo ATP a Marrakech, al termine di una finale durissima contro Kohlschreiber, poi ha raggiunto i quarti a Madrid battendo l'allora numero 1 Andy Murray. Ma la soddisfazione più bella, forse, l'ha ottenuta allo Us Open. A sorpresa, ha estromesso proprio Zverev giocando un match di rara intensità e intelligenza. Da allora si è un po' fermato e non ha più battuto un solo giocatore compreso tra i primi 70. Anche per questo, forse, si è iscritto al Challenger di Brescia, in programma subito dopo le Next Gen Finals. Un ultimo sforzo, con l'obiettivo di recuperare un po' di fiducia. A meno che questa non spunti improvvisamente nell'arena-spettacolo che stanno allestendo alla Fiera di Rho. “Quest'anno avevo progetti ben più ambiziosi, volevo chiudere tra i top-25 – ammette – nelle ultime settimane ho giocato male, non avevo il giusto atteggiamento ed ero troppo nervoso”. Qualche segnale di ripresa si è visto a Bercy, dove ha vinto un paio di partite e oggi avrà la chance di raccogliere punti preziosi per chiudere almeno tra i top-50. E poi, rotta su Milano: “Se le Next Gen Finals fossero un torneo normale, probabilmente non vedremmo l'ora di chiudere la stagione. Però questo torneo porterà qualcosa di nuovo al tennis”.