Vincendo lo Us Open, Rafael Nadal si congeda nel migliore dei modi dallo zio Toni: dal 2018, non lo seguirà più in giro per il mondo. Fu lui a mettergli una racchetta in mano, a farlo giocare con la sinistra e a inculcargli una mentalità umile e feroce. Il curioso paragone con la canzone di Davide Van de Sfroos. Dal 2018, si occuperà della sua accademia.

Al Roland Garros lo avevano fatto scendere in campo per festeggiare la “Decima” insieme al nipote. A New York, si sa, il protocollo è diverso. Subito dopo il matchpoint, fedele al suo stile, Antonio Nadal ha abbandonato il box e si è allontanato, lasciando ad altri lo sguardo delle telecamere, a partire da Carlos Moyà. Sarà l'ex n.1 ATP a guidare il progetto Nadal a partire dal 2018, mentre lo “Zio Toni”, come è conosciuto nel mondo del tennis, si dedicherà esclusivamente all'accademia inaugurata l'anno scorso a Manacor. Lo raccontò in anteprima al nostro direttore Lorenzo Cazzaniga, lo scorso febbraio, durante una clinic a Budapest. In poche ore, la notizia diffusa da “Il Tennis Italiano” fece il giro del mondo del tennis. Lo stesso mondo che a Parigi gli ha regalato una passerella, e che a New York gli ha permesso di vedere, per la 16esima volta, il nipote con un trofeo dello Slam in mano. Durante la premiazione, hanno chiesto a Rafa di ricordarne l'influenza: “Mi ha motivato sin da bambino e ha continuato a farlo, attraverso momenti molto difficili: la sua presenza mi ha reso ancora più forte. È una delle persone più importanti della mia vita”. A 56 anni di età, dopo quindici in giro per il mondo, lo Zio Toni ha capito che era il momento di farsi da parte. Continuerà a vivere a poche centinaia di metri dal nipote, ma non lo vedremo più in giro per il mondo. Per questo, i due Slam intascati nel 2017 sono il regalo più bello che Rafa potesse fargli. È il premio per tanti sacrifici, peraltro ben descritti nella biografia uscita qualche anno fa.

GRANDE SEVERITA'
Fu Antonio Nadal, fratello del difensore del Barcellona Miguel Angel, a mettere una racchetta in mano al piccolo Rafa, quando aveva appena tre anni. Fu allora che Rafa salì – metaforicamente – nella “machina del ziu Toni”, come ha cantato Davide Van De Sfroos nella sua famosa canzone. Nel testo, in dialetto lombardo, Van de Sfroos ricorda di quando guidava un auto scassata, appartenente allo zio, sognando e fantasticando sul futuro. Il caso ha voluto che la carriera del cantante monzese raggiungesse il suo apice nei giorni del decimo successo di Rafa al Roland Garros, quando ha tenuto un maxi-concerto a San Siro, sul prato dello Stadio Giuseppe Meazza, come i grandi della musica. Per 28 anni, Rafa è rimasto sulla rassicurante macchina di Zio Toni, l'uomo delle intuizioni più importanti. Per esempio, lo ha fatto giocare con la mano sinistra, nonostante il nipote fosse destrorso. Più che sul piano tecnico, ha influito su quello motivazionale. Gli ha trasmesso un feroce senso della disciplina, forse esagerando in severità. Come quella volta che pretese di allenarlo alle 9.30 del mattino, dopo che la sera prima era rientrato da un faticoso torneo giovanile in Sudafrica. Quando aveva otto anni, Nadal è diventato campione Under 12 delle Baleari. Qualche tempo dopo, avrebbe vinto lo stesso torneo su scala nazionale. Per stroncare l'esaltazione del nipote, gli disse. “Ehi Rafael, dai un'occhiata all'albo d'oro di questo torneo. Quanti ne conosci?”.
“Non molti”
rispose il nipote, scrollando le spalle.
“Appunto” ammonì lo zio, come a dire che vincere un torneo Under 12 non è affatto garanzia di successo tra i professionisti. Qualche tempo dopo, Rafa sarebbe diventato Campione Europeo nella sua categoria d'età.

BIGLIETTI E BOTTIGLIE D'ACQUA
La dinamica tra i due è rimasta la stessa. Nel 2005, dopo il primo titolo al Roland Garros, fece trovare un biglietto a Rafa negli spogliatoi. Lui pensava che (finalmente) ci fosse un complimento. In realtà c'era scritto che Mariano Puerta (suo avversario in finale) aveva giocato molto meglio di lui, e sottolineava una serie di aspetti da migliorare. Rafa ha avuto la forza di dargli ascolto, sempre. 16 Slam sono la risposta migliore a una disciplina rigida, ferrea, persino ruvida. Nel 2010, vincendo lo Us Open, Rafa ha completato il Career Grand Slam. Durante quel torneo, zio e nipote si sono ritrovati nello spogliatoio. Toni ha chiesto a Rafa dove avesse lasciato la sua bottiglia d'acqua. “In campo” rispose timidamente il numero 1 del mondo. Toni scosse la testa, Rafa capì e si precipitò in campo per recuperarla. Qualche giorno dopo, avrebbe vinto il torneo. Non è semplice valutare l'operato di un coach. È opinione diffusa che un maestro abbia grande influenza fino ai 15-16 anni, mentre sui tennisti già formati si lavora sui dettagli. Magari già definiti, ma pur sempre dettagli. Nel caso di Nadal, non ci sono dubbi sull'influenza dello zio. “Fino a quando ha avuto 17 anni, ho deciso tutto io – aveva raccontato a Tennis Italiano – poi è arrivato Carlos Costa nelle vesti di manager, poi il padre…e io ho deciso sempre meno”.

LA NUOVA AVVENTURA
Il 2015 è stata una stagione molto difficile per Nadal. Il 2016 è stato appena migliore, mentre la resurrezione è arrivata nel 2017, con l'arrivo di Carlos Moyà. Ma Toni c'è sempre stato. C'è il suo zampino in tutti i 74 titoli del nipote, spalmati su 862 vittorie nel solo circuito ATP. Fosse stato per Rafael, non avrebbe mai cambiato. Ma la macchina dello Zio Toni, per mantenere la metafora, è diventata troppo vecchia – e troppo umile – per ospitare uno dei più grandi tennisti di sempre. Meglio metterla a disposizione di qualche baby tennista, desideroso di imitare Rafael. Adesso, a bordo, c'è il cileno Christian Garin. Ha vinto il Roland Garros dei ragazzini, ma tra i professionisti fatica a sfondare. Per lo Zio Toni è una bella sfida, soprattutto se non ci sono legami di sangue. Una settimana fa, parlando del cileno, ha detto che “gli manca convinzione”. Ha capito che non ha le stimmate del nipote e ipotizza un ingresso tra i top-100, ma non si avventura in speranze. “Deve credere in quello che fa, ma la fiducia non si conquista andando dallo psicologo, ma facendo le cose giuste”. Con il nipote, non c'è più bisogno di sottolineare certe cose. Con lui, il lavoro è fatto. 16 Slam possono bastare.