Ha fatto meno notizia di Martina Hingis soltanto perché aveva già vinto qualche partita nel tour. Tuttavia, le imprese di Marta Kostyuk al Porsche Tennis Grand Prix hanno diversi punti in comune con gli esordi della svizzera. In primis, il torneo: correva l'anno 1994 quando Martina esordiva nel tour al torneo di Filderstadt (storica sede prima dello spostamento a Stoccarda). Passava un turno e il mondo scopriva un baby prodigio che da lì a poco sarebbe diventata numero 1. Oggi l'ucraina che si allena a Zagabria non può imitarla: avendo appena 15 anni (ne compirà 16 tra un paio di mesi), non può giocare più di 12 tornei all'anno. D'altra parte, Hingis e Venus Williams furono le ultime a sfuggire alle norme anti-teenagers. Numero 158 WTA, ha superato le qualificazioni battendo Alize Cornet, poi ha rifilato un netto 6-4 6-1 ad Antonia Lottner. “Non posso dire di essere sorpresa, perché gioco a tennis per questo. So di poter giocare a questi livelli, è tutto frutto del talento e del duro lavoro. Se non avessi talento non sarei qui, ma neanche se non lavorassi duro”. Vincitrice all'Australian Open junior 2017, si è fatta conoscere dal pubblico mainstream sempre a Melbourne, tre mesi fa, quando ha raggiunto il terzo turno partendo dalle qualificazioni. Ha aggiornato un po' di record di precocità, ma non le interessa granché. Gli obiettivi sono a lungo termine, anche perché ha scommesso su di lei nientemeno che Ivan Ljubicic. Oltre ad allenare Roger Federer, le fa da manager. “E qualche volta ho avuto l'opportunità di parlare con Roger, inoltre ci salutiamo sempre quando ci incrociamo. Visto che Ivan viene a seguire le mie partite, Federer chiede come è andata. È bello”. Non crediamo che lo svizzero si sia informato sul torneo di Stoccarda dallo Zambia, dove si trova per supervisionare alcuni progetti della sua Fondazione, ma Marta avrà altre occasioni per far parlare di sé.
NON ESISTE SOLO IL TENNIS
Già a partire da giovedì, quando sfiderà Caroline Garcia. Niente sfida con Maria Sharapova, battuta dalla francese dopo quasi tre ore di battaglia (è stata la quarta sconfitta consecutiva per Masha). La WTA ha già iniziato a coccolarla perché ha visto in lei le stimmate del personaggio. Non crediamo che Courtney Nguyen (ex giornalista di Sports Illustrated, oggi “WTA Insider” per conto del sito WTA) abbia fatto i salti di gioia quando si è sentita dire: “Non ho mai amato il tennis!”. Frase impopolare ma sincera, segno di forte personalità. Figlia d'arte (la madre, Taina Beiko, è stata numero 391 WTA nel 1994), fu per stare accanto alla madre che scelse di giocare a tennis quando aveva appena quattro anni. Sessioni infinite, dalle 8 alle 20, pur di restare accanto alla mamma, che lavorava come allenatrice. Come se non bastasse, si è dedicata anche alla danza acrobatica dai 5 agli 11 anni. Era tra le più brave del suo paese, ma ha preferito lasciar perdere perché il tennis era l'obiettivo principale, e poi la danza la obbligava a tenere costantemente sotto controllo il peso. “Sono molto perfezionista – dice la Kostyuk – mi posso arrabbiare anche se sbaglio un colpo sul 5-4 e 40-0. Anche a scuola ero molto nervosa, volevo sempre il meglio. Mi dicevano tutti di rilassarmi”. Ha trasferito queste caratteristiche nel tennis, anche se non lo ama. O meglio, non vuole che diventi la sua unica ragione di vita. “Conosco diverse giocatrici per cui il tennis è l'unica cosa importante. Io non voglio che sia così: in quel caso, una sconfitta mi distruggerebbe la vita stessa. Inoltre, quando smetterò, voglio essere brava in altro. Ci sono giocatrici che si ritirano e poi tornano a giocare perché non hanno niente al di fuori del tennis. Non fa per me”.
IL SOGNO DI SPOSARE DJOKOVIC
Pensieri interessanti per una ragazza così giovane, per quanto sia stata costretta a crescere in fretta. Difficile che si intimidisca sul campo da tennis, mentre si imbarazza se deve ricordare il suo primo picco di popolarità. Da bambina non aveva idoli tennistici, ma un solo sogno: sposare Novak Djokovic. La notizia era arrivata a qualche giornale serbo: titolo, articolo, curiosità. “Per questo credo che l'abbia saputo. Io e lui abbiamo quindici anni di differenza, visto che i miei ne hanno diciotto, ho pensato che andasse bene! Da qualche anno, tuttavia, non ho più questo desiderio”. L'aneddoto è troppo curioso per non accompagnarla per molti anni, a patto che diventi forte. Ma su questo non ci sono grossi dubbi. L'unico momento difficile risale al 2015, quando aveva vinto un torneo Grade 1 under 14 e, tornando in Ucraina, si sentì una stella. “È bastato per perdere subito in un paio di tornei di livello molto inferiore. Allora ho detto a mia madre che avrei smesso di giocare. Lei mi ha detto di prendermi il mio tempo, di andare a scuola, di stare con le altre ragazze… e per una settimana non ho toccato racchetta”. Una volta tornata in campo, aveva soltanto quattro racchette perché aveva spaccato tutte le altre. “Al secondo allenamento ne ho spaccata una. Mia madre mi disse 'Se lo fai di nuovo, basta tennis'. Puntualmente, il giorno dopo ne ho rotta un'altra. Per lei avevo finito di giocare”. Pianti, lacrime, preghiere. La lezione le è servita, poiché da allora vinse Orange Bowl, Eddie Herr e Le Petits As, tre dei tornei giovanili più prestigiosi. Tra le ragazzine è stata al massimo numero 2 ITF (adesso è 5), ma chissà se la rivedremo ancora nei tornei giovanili (dove potrebbe stazionare fino a tutto il 2020). Gli obiettivi sono molto, molto alti. Anche se bisogna fare un passo alla volta: “Inutile esagerare: fisso obiettivi fattibili, poi appena ne ho raggiunto uno penso al prossimo. Non posso mica pensare di chiudere l'anno al numero 1”. Sul breve termine no, ma in un futuro neanche troppo lontano…