La semifinale di Parigi è stata straordinaria, ma non cancella un passato con qualche macchia. Marco Cecchinato rifiuta di parlarne, ma due anni fa aveva fronteggiato accuse di illecito sportivo. Gli errori dell'organo inquirente e del tribunale di primo grado lo avevano graziato, ma la verità storica resta. Con la possibilità di strascichi su base internazionale.

Me lo chiedi di nuovo. Anche l'altro giorno me l'hai chiesto, e ti avevo detto che non ne voglio parlare. Voglio pensare a questo momento della mia vita. E la prossima volta, per favore, no. Grazie”.

Marco Cecchinato aveva appena colto la più bella vittoria in carriera, superando Novak Djokovic nei quarti del Roland Garros. Il giorno dopo, l'Italia si sarebbe scoperta innamorata di questo 25enne siciliano che ci ha ridato una semifinale Slam (al maschile) dopo 40 anni. Titoloni sui quotidiani sportivi, richiami in prima pagina su quelli politici, servizi nei telegiornali, record di ascolti in TV. E lui stesso, prima di sfidare Dominic Thiem, ha scritto su Instagram che avrebbe voluto il tifo di un Paese intero. Ma pochissimi hanno ricordato i fatti di tre anni fa, quando il palermitano è rimasto coinvolto in una faccenda di presunto match-fixing che, per dovere di cronaca e onestà intellettuale, non può essere ignorato. Il virgolettato qui sopra è la risposta di Cecchinato a Ben Rothenberg, cronista del New York Times, che già dopo il match contro Goffin gli aveva chiesto una dichiarazione sui fatti del 2015-2016. I due si erano incrociati l'anno scorso, durante Wimbledon. Rothenberg ha raccontato che, a seguito di una domanda sull'argomento, l'azzurro si era alzato e aveva lasciato la sala conferenze, salvo poi essere richiamato per rispondere alle domande dei giornalisti italiani. Fino a un paio di mesi fa, Marco Cecchinato era uno dei tanti. Oggi no. Oggi è una stella del nostro tennis, un personaggio (quasi) mainstream, riconosciuto da tanti. Per questo, dopo averlo travolto di (sacrosanti) complimenti per il tennis espresso a Parigi, è altrettanto corretto menzionare questa vicenda, anche se non gli fa piacere che venga ricordata.

L'INIZIO DELLE INDAGINI
La storia inizia quando l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (AAMS), l'organo che presidia il gioco d'azzardo in Italia, si rende conto che l'8 ottobre 2015 è successo qualcosa di inusuale a Mohammedia, in Marocco. Cecchinato è impegnato nei quarti del locale torneo ATP Challenger, contro il polacco Kamil Majchrzak. Quel giorno, l'azzurro è numero 82 ATP, mentre Majchrzak è in 338esima posizione. Il successo di Cecchinato “paga” 1.28, mentre quello di Majchrzak è dato a 3.5, che diventa 7 per una vittoria del polacco in due set. Il match dura poco più di un'ora ed effettivamente vince Majchrzak 6-1 6-4. Su quella partita, sui bookmakers italiani, hanno giocato soltanto due persone: Riccardo Accardi e il padre Fabrizio. Solitamente Accardi fa partire scommesse di 50-100 euro, mentre nell'occasione ne avrebbe giocati circa 800 sulla sconfitta di Cecchinato (va detto che Antonino Reina, uno dei difensori di Cecchinato, sostiene che la cifra giocata fosse inferiore, ndr). Scommesse reiterate su più bookmakers. La faccenda finisce sui tavoli della Procura Federale FIT, l'organo inquirente della Federazione Italiana Tennis. Il primo a essere ascoltato è Riccardo Accardi, amico d'infanzia di Cecchinato e giocatore di terza categoria. Durante l'audizione del 22 dicembre 2015, senza il supporto di un legale (fatto che poi sarà oggetto di molte schermaglie processuali), consente di riversare alla Procura i contenuti delle conversazioni Whatsapp con Cecchinato. Ben presto, tuttavia, gli 007 federali si rendono conto che non c'è traccia di conversazioni tra i due nel periodo che intercorre tra il 24 settembre e il 22 dicembre 2015. Accardi sostiene di aver perso il telefonino e poi di averlo distrutto. Dall'analisi delle chat precedenti, tuttavia, emerge che Accardi ha vinto somme considerevoli scommettendo anche su altri match. In particolare, Seppi-Isner a Roland Garros 2015, Frigerio-Cox al Futures di Antalya (fatto poi smentito), un doppio a Prostejov con in campo lo stesso Cecchinato e Luca Vanni, più un paio di doppi a livello Futures con protagonista l'altro giocatore siciliano Antonio Campo.

UNA SENTENZA MOLTO DURA
Sulla base di queste informazioni, e nell'ottica di un potenziale illecito, in Procura sfilano 15 persone. Ben presto, tutti vengono scagionati ad eccezione dei tre siciliani (Cecchinato, Accardi e Campo) più Luca Vanni e Lorenzo Frigerio. Questi ultimi, tuttavia, escono immediatamente dal procedimento dopo aver chiesto e ottenuto un'oblazione. Nel marzo 2016, subito dopo l'esordio in Coppa Davis nel match contro la Svizzera, Marco Cecchinato viene ufficialmente deferito perché sospettato di aver alterato il risultato del match di Mohammedia. Curiosamente, qualche settimana prima (dopo la fine dell'Australian Open e dopo le prime audizioni) il suo coach Cristian Brandi aveva interrotto il rapporto di collaborazione. Inizia dunque il processo sportivo a carico di Cecchinato e Accardi, in cui le difese (soprattutto quella di Accardi) hanno vivacemente contestato le modalità di acquisizione delle chat, consegnate da Accardi di sua spontanea volontà ma senza l'ausilio di un legale, e senza conoscere le potenziali conseguenze. Tali eccezioni sono state respinte da entrambi i tribunali endofederali. Decisione discutibile. In sede di processo, Cecchinato negava di aver incaricato Accardi di giocare per lui su partite di tennis e in particolare sulle proprie: “tuttalpiù – scrive la sentenza di primo gradopoteva essere accaduto che lo avesse incaricato di giocare su altri sport”. Qualche riga dopo, i giudici sferrano un attacco alla difesa: Alcune risultanze emerse nel corso dell'indagine fanno ritenere che sia l'Accardi che il Cecchinato abbiano mentito ai rappresentanti della Procura Federale e successivamente anche davanti a questo Tribunale”. Secondo i giudici, lo stretto rapporto di amicizia tra Accardi e Cecchinato era certificato dal fatto che Marco “anche per scommesse in proprio, usufruiva dei conti intestati all'Accardi”. E hanno rincarato la dose, senza sconti. “Anche in sede dibattimentale sia l'Accardi che il Cecchinato si sono difesi con affermazioni che il Tribunale ritiene per nulla degne di credibilità e per nulla convincenti, se non sconcertanti, anche di fronte alle precise contestazioni del Tribunale e alle evidenze documentali”.

È finita agli atti una chat tra i due, del 23 settembre 2015, in cui Cecchinato lamentava una mancata presunta vincita di 1.770 euro per la partita di calcio Napoli-Carpi. Lo scambio era il seguente:
Cecchinato: “Devo recuperare… mi può salvare solo il Marocco… marocchini di m…. “
Accardi: “Che marocchini?”
Cecchinato: “Ah ah… niente… non hai capito?… niente… lascia stare”.

Secondo la Procura, era la prova che Cecchinato avesse intenzione di perdere appositamente in Marocco, in modo da recuperare i soldi persi con Napoli-Carpi. Cosa si siano detti-scritti nei giorni successivi, non è possibile saperlo. Tutte le chat sono state cancellate, e in sede di audizione entrambi hanno negato: Cecchinato ha detto che Accardi ha sfruttato le sue confidenze su uno scarso stato di forma per scommettere (questo davanti ai procuratori, mentre in sede dibattimentale ha negato anche questo fatto), mentre Accardi si è limitato a dire di aver scommesso sulla base di “sensazioni”. A integrare la tesi accusatoria, il fatto che “Ceck” avesse prenotato il viaggio di ritorno dal Marocco ancora prima di giocare. Secondo l'accusa il fatto ha valore di prova perché Cecchinato – parlando con l'impiegata dell'agenzia – avrebbe dato per scontata la sconfitta.

LA SCOMMESSA SU SEPPI-ISNER
L'altro match oggetto di discussione è quello tra Andreas Seppi e John Isner a Roland Garros 2015. All'epoca, il siciliano faceva parte del team di Massimo Sartori e condivise più di un allenamento con Seppi. Lo ritenne in precarie condizioni e “ha fornito indicazioni sullo stato di salute di Seppi, al Sig. Accardi, affinché egli scommettesse sulla sconfitta dell'italiano” (udienza del 27 giugno 2016). I due, Cecchinato e Accardi, si sono poi messi d'accordo per spartirsi la vincita (400 euro a testa, come evidenziato dalla chat del 26 maggio 2015, alle 17.14). Cecchinato si è difeso sostenendo di aver divulgato informazioni già note presso gli organi di stampa. Resta il fatto – come ha poi rilevato la Corte Federale di Appello – che ha scommesso indirettamente su una partita di tennis. C'è poi il giallo della partita del Futures di Antalya, tra Lorenzo Frigerio e Daniel Cox. Il giorno del match, Accardi invia questo messaggio a Cecchinato: “Abbiamo uno scioglimento dalle colonie dove c'è il nostro amico, molto amico nostro, che mi ha detto che ha un frigorifero che oggi si scioglierà”. Il linguaggio criptico è però di facile interpretazione per chi conosce il gergo tennistico. Antonio Campo (presente ad Antalya) era venuto a conoscenza – dormendo in stanza con lui – che Frigerio avrebbe perso il match perché sarebbe dovuto rientrare in Italia per giocare la Serie C con il TC Lecco. Avendo a disposizione l'informazione riservata, Accardi e Cecchinato discutono se abbinarla a Seppi-Isner e se concedere a Campo anche una fetta di vincita per l'altro match. Sul punto, Cecchinato scrive: “Come vuoi tu! Ma non fare casini con Campo, perché se no mi incazzo”. Eppure, sorprendentemente, Accardi perde la scommessa. Per qualche strana ragione, ha puntato sulla vittoria di Frigerio nonostante la chiara indicazione che avrebbe perso. Per inciso, su questo match Cecchinato è stato prosciolto. Stessa storia per il doppio giocato a Prostejov dallo stesso Cecchinato in coppia con Luca Vanni contro Betov-Elgin. In entrambi i casi, i tribunali federali non hanno ritenuto raggiunta la prova della combine. Va detto, tuttavia, che l'oblazione (una multa concordata a estinguere l'infrazione) richiesta e ottenuta da Frigerio e Vanni faccia pensare che sia comunque successo qualcosa di inusuale.

LA STOCCATA DEI GIUDICI D'APPELLO
Per questi fatti, Cecchinato è stato ritenuto colpevole di aver violato gli articoli 1 e 10 del Regolamento di Giustizia FIT per il match contro Majchrzak e per Seppi-Isner. L'articolo 10 è il più grave, perché parla di illecito sportivo. Nonostante la Procura FIT avesse chiesto la radiazione, arrivò una squalifica di 18 mesi e 40.000 euro di multa. In sede di appello, Cecchinato ha usufruito di uno sconto. La Corte Federale di Appello, presieduta da Alfredo Biagini, ha ritenuto che gli indizi a disposizione non soddisfacessero i requisiti richiesti per definire “colpevole” il giocatore. In sintesi, ha ridimensionato così le accuse a Cecchinato per il match di Mohammedia.
  1. L'assenza di chat nel periodo 24 settembre – 22 dicembre non può rappresentare fonte di prova di un'avvenuta combine.

  2. I messaggi del 23 settembre 2015 sui “marocchini” potevano essere intesi in altro modo: parlando di “recuperare”, Cecchinato poteva intendere la forte motivazione a giocare un grande torneo in modo da recuperare con il prize money la cifra persa con la scommessa di Napoli-Carpi.

  3. La cifra scommessa da Accardi sulla partita era nettamente superiore alla media delle sue giocate perché, in effetti, poteva sapere delle precarie condizioni psico-fisiche del suo amico senza che ci fosse necessariamente un disegno criminoso.

  4. La prenotazione del volo di ritorno prima del match contro Majchrzak non può essere in nessun modo considerata come fonte di prova, visto che è prassi comune per tutti i tennisti.


Per queste ragioni, i giudici di secondo grado hanno cancellato la violazione dell'articolo 10, tenendo in piedi solo quella dell'articolo 1, riducendo da 18 a 12 mesi (con multa di 20.000 euro) la sanzione per Cecchinato. Considerazioni rispettabili, ma – come accade anche in giustizia ordinaria – spesso la realtà non è univoca. Da una parte c'è la verità processuale, dall'altra quella storica che magari racconta altro, anche in virtù di una clamorosa postilla evidenziata dalla Corte Federale di Appello, nella sentenza depositata il 29 ottobre 2016. I giudici di secondo grado hanno rilevato che Cecchinato era dedito alle scommesse (anche) sul tennis. A pagina 20, si scrive: “Agli atti risulta che nella fase istruttoria la Procura Federale ha acquisito prove testimoniali che hanno confermato che il Sig. Cecchinato scommetteva anche sulle partite di tennis, oltreché soprattutto di calcio. Ebbene sotto tale profilo deve ritenersi violato l'articolo 10 Comma 2 R.G., ultima parte, in quanto l'incolpato è atleta appartenente al circuito ATP”. Nella pagina successiva, il concetto viene ribadito: “Deve ritenersi invece acclarato che l'odierno reclamante è dedito alle scommesse anche sugli incontri di tennis”. Tuttavia, Cecchinato non è stato incolpato perché la stessa Procura Federale non ha sottoposto la questione! Per questo, il Collegio non ha potuto punirlo. Una situazione grottesca: è come se in un processo ordinario, il PM avesse raccolto le prove di due reati ma non abbia chiesto la sanzione per il più grave. Visto che i componenti di tutti gli organi di giustizia sono nominati dal Consiglio Federale, in sede di rinnovamento degli stessi, fossimo nel Presidente e nei Consiglieri, chiederemmo quantomeno qualche spiegazione.

L'ESTINZIONE DEL PROCESSO ITALIANO. MA ALL'ESTERO?
In secondo e terzo grado, ad affiancare Antonino “Ninni” Reina nella difesa di Cecchinato, c'era anche l'avvocato riminese Alberto Amadio, specializzato in diritto sportivo e già al fianco di Daniele Bracciali nel processo del 2015. In sede di ricorso al Collegio di Garanzia del CONI, Amadio ha trovato la chiave giusta per salvare il suo assistito. La cassazione dello sport italiano ha accolto la sua eccezione di rito. Molto semplicemente, il Tribunale Federale (il collegio giudicante di primo grado) doveva emettere sentenza entro 90 giorni dall'inizio delle indagini, pena l'estinzione del procedimento. Non lo ha fatto. Se la Corte Federale di Appello aveva ritenuto valide le ragioni della sospensione del processo, il Collegio di Garanzia era di opinione opposta e in poche righe ha cancellato un anno di audizioni e dibattimenti. Da un giorno all'altro, Cecchinato si è visto ripulire la fedina disciplinare per la negligenza altrui. Ineccepibile sul piano formale, ma la verità storica resta e non può essere cancellata dalla sua ritrosia nel parlarne, così come dal silenzio degli organi di stampa che hanno racchiuso in poche parole la vicenda: ('Per questa storia ho già sofferto troppo, non ne voglio più parlare” aveva detto nei primi giorni parigini, prima degli exploit). Tuttavia, anche in virtù del suo nuovo status, Cecchinato potrebbe assumersi la responsabilità di parlare apertamente della vicenda, raccontando la sua versione dei fatti, come aveva fatto – con apprezzabile trasparenza – Daniele Bracciali. Il suo silenzio, che a volte si trasforma in fastidio, non depone a suo favore. A meno che non debba rispettare qualche clausola di riservatezza per un eventuale procedimento della Tennis Integrity Unit, organo sovranazionale che vigila proprio sull'integrità del nostro sport, operando nel più stretto riserbo. Proprio in queste settimane, la TIU ha rivelato la colpevolezza di Nicolas Kicker e Federico Coria per fatti risalenti al 2015, pochi mesi prima del match di Mohammedia. In queste ore, è uscita la sentenza per Federico Coria: pur senza essere colpevole di match-fixing, ma soltanto di omessa denuncia, l'argentino è stato sospeso per otto mesi, con 10.000 dollari di multa (anche se ha ottenuto una sospensione di 6 degli 8 mesi). Confrontando le risultanze dei processi italiani e il Tennis Anti-Corruption Program della TIU, sembrerebbero configurarsi alcuni scenari non troppo incoraggianti. Ma questo non è compito di chi scrive, bensì di chi è chiamato a indagare e giudicare. Ammesso che esistano gli estremi per un indagine TIU su Cecchinato, e che questa indagine esista veramente.

Non è certo nostra intenzione tenere un atteggiamento inquisitorio nei confronti di un ragazzo che ha regalato un'emozione quasi inedita al tennis azzurro, dimostrando di essersi messo alle spalle il problema (in sede di processo, fece anche pervenire una lettera di "pentimento", pur continuando a negare gli addebiti più gravi). Ma il nostro obbligo professionale di far emergere la verità, non può che spingerci a raccontare anche questa vicenda. Dopotutto, le carte processuali hanno stabilito questi fatti.

  • Riccardo Accardi, amico d'infanzia di Cecchinato, ha giocato una cifra inusuale per i suoi standard per scommettere sulla sconfitta del palermitano nel match di Mohammedia.

  • Riccardo e Fabrizio Accardi sono stati gli unici a scommettere su quella partita utilizzando bookmakers italiani.

  • Marco Cecchinato ha ammesso di aver dato ad Accardi informazioni sullo stato di salute di Seppi prima del match contro Isner. A suo dire, erano informazioni di dominio pubblico.

  • I due si erano accordati per fare 50-50 dell'eventuale vincita su quel match.

Questi elementi – uniti alla curiosa tempistica della separazione con Cristian Brandi – non sono sufficienti per stabilire una colpevolezza giuridica. Però esiste quella storica su cui ognuno, ora che conosce i fatti in maniera precisa, può farsi una sua personale opinione.