Raggiunta una dimensione da big, per Berrettini il prossimo step è quello di vincere partite come la semifinale australiana contro Rafael Nadal. Non sarà facile, ma per la prima volta non è impensabile che Matteo ce la possa fare anche contro un Big Three. In vent’anni di carriera Nadal ha perso solamente contro 5 giocatori italiani: eccoli tutti

IL TABÚ BIG THREE

Seppur egregiamente, meritandosi tanti applausi per come ha gestito i momenti più delicati delle sfide di cinque set contro Carlos Alcaraz e Gael Monfils, fino a qui Matteo Berrettini all’Australian Open ha fatto semplicemente la sua parte. Può sembrare ingeneroso, ma è solo perché, da italiani, a trovare il tennis nei titoli dei telegiornali non ci abbiamo (ancora) fatto l’abitudine. Tuttavia, la dimensione del nostro numero uno è esattamente quella dell’Australian Open o dell’ultimo Wimbledon, quindi certi traguardi non sono più da archiviare nel cassetto dei miracoli. Ora, però, a Berrettini è chiesto uno step ulteriore, un altro tassello di un percorso che di limiti ne ha sempre meno. Il passaggio successivo è una vittoria contro Rafael Nadal, la prima con uno dei quei Big Three contro i quali il romano ha perso 7 volte su 7, la gran parte nei Major dove battere le leggende è ancora più complesso. Ma per la prima volta c’è almeno il sentore che Matteo ce la possa fare, per tanti motivi. Perché Nadal fa meno paura di un tempo, perché l’azzurro è maturo a sufficienza per vincere una partita simile in un tale contesto, e perché le condizioni possono aiutarlo, specialmente di giorno (l’incontro è previsto nella sessione diurna). Tanto che anche i bookmaker, i quali possono sbagliare ma nello stilare le quote utilizzano metodi scientifici, danno a Berrettini un buon 40% di possibilità di fare il colpaccio. Per un italiano, in uno Slam, contro un big, è qualcosa di mai visto.

A favore di Nadal, oltre al cognome e al tennis che gli ha permesso di entrare nel dibattito sui più grandi di sempre, c’è il fatto che ha annusato la possibilità concreta di vincere il torneo. Non lo dirà mai, ma non è stupido: si è accorto che il suo tennis sta funzionando, di pressione non ne sente e in oltre 15 anni di carriera di possibilità se n’è fatte scappare gran poche. Il suo Slam numero 21 non gli permetterebbe solo di superare Djokovic e Federer, ma anche di completare per la seconda volta il Career Grand Slam, come riuscito solo a Djokovic nell’Era Open, col titolo all’ultimo Roland Garros. Sarebbe anche una risposta simbolica al serbo: lui ha festeggiato nella Parigi di Rafa, mentre Rafa può vendicarsi a Melbourne, il torneo più felice nella carriera di “Nole”. E viste le incertezze sull’imminente futuro del rivale, dovute alla questione vaccini, obbligarlo di nuovo a rincorrere nell’elenco dei titoli Slam non sarebbe niente male.

Quella di domani sulla Rod Laver Arena sarà la seconda sfida fra Nadal e Berrettini, dopo quella del 2019 allo Us Open, quando Matteo mostrò per la prima volta di poter fare davvero grandi cose. Le coincidenze si sprecano: anche in quel caso era una semifinale, l’azzurro ci arrivava dopo un successo in cinque set contro Gael Monfils, e c’era Daniil Medvedev come potenziale avversario del vincitore. Perse in tre set, ma da allora sono cambiare tante cose. In primis il valore e la consapevolezza di Matteo, che tre anni fa a New York si presentava in semifinale da mezzo intruso, mentre stavolta è uno dei big e ha tanta voglia di rimanerlo il più a lungo possibile, e di provare a conquistare una vittoria contro Nadal che solamente cinque tennisti italiani possono raccontare ai futuri nipotini.

Tutte le vittorie azzurre: dal poker di Fognini a… Galvani

Fra i Big Three, da quando sono diventati tali, Nadal è il giocatore che i nostri hanno battuto di più. Il primo a riuscirci è stato Andreas Seppi, che superò il maiorchino per 3-6 6-3 6-4 nel 2008 a Rotterdam, nel giorno del suo 24esimo compleanno, con tutto pubblico dell’Ahoy che dopo il match-point gli cantò “happy birthday”. Quel Nadal sul veloce indoor valeva meno che altrove, ma aveva già vinto tre Slam e qualche mese dopo sarebbe diventato per la prima volta numero uno al mondo, grazie all’accoppiata Wimbledon-Giochi Olimpici di Pechino. Ma la gran parte delle vittorie italiane contro Rafa portano il sorriso di Fabio Fognini, il giocatore che l’ha affrontato più spesso (ben 17 volte) e soprattutto uno dei pochi al mondo ad aver trovato un antidoto concreto per superarlo anche sulla terra battuta. Una delle chiavi era la capacità di non andare in difficoltà quando Nadal colpiva col dritto incrociato sul suo rovescio, soluzione tattica che è risultata spesso fra le carte vincenti di Nadal nelle innumerevoli sfide con Federer, e che potrebbe dare un gran fastidio anche a Berrettini che da quella parte ha il suo più grosso limite. Fabio, invece, riusciva a non perdere campo, contrattaccando col rovescio lungolinea per prendere in mano lo scambio.

Nel 2015 il ligure riuscì a battere “Rafa” addirittura tre volte nella stessa stagione, partendo dalla semifinale di Rio De Janeiro vinta per 1-6 6-2 7-5 con un match-point a dir poco incredibile, nel quale si rivelò più veloce persino di un nastro vincente, o che sarebbe stato tale nel 99,9% dei casi (https://www.youtube.com/watch?v=WYxpTsvXvpA&ab_channel=TennisTV). L’azzurro avrebbe poi replicato il successo due mesi dopo a Barcellona, sul campo intitolato proprio a Nadal, battendolo per 6-4 7-6 con un’altra prestazione splendida. La migliore, però, la confezionò al terzo turno degli Us Open, nella sessione serale sull’Arthur Ashe Stadium, vincendo per 3-6 4-6 6-4 6-3 6-4 una delle sfide più emozionanti della sua carriera. Dopo un avvio un un po’ moscio Fabio si accese d’incanto, trovando una rimonta da due set a zero che contro Nadal è successa solamente un’altra volta (a Tsitsipas in Australia, nel 2021) nei 337 incontri Slam giocati dal maiorchino. Nel 2019 a Monte Carlo l’ultima vittoria di Fabio, per 6-4 6-2, prologo al suo più importante titolo in carriera conquistato all’indomani.

Per trovare altri successi azzurri contro Nadal bisogna invece spulciare la carriera del maiorchino fino a tornare al triennio 2001-2003, quando da minorenne iniziava a muovere i primi passi nel tennis dei grandi. Le sue qualità erano già agli occhi di tutti, ma aveva anche tanti limiti ed era normale che perdesse varie partite, contro giocatori più grandi, esperti e già formati. Due se le ricorda bene Stefano Galvani, che con “Rafa” condivide il compleanno (ma è nato 9 anni prima) e due sfide fra 2001 e 2002, entrambe vinte, prima al Challenger di Siviglia (3-6 6-1 6-3) e poi nelle qualificazioni dell’ATP di Barcellona (6-2 7-5). Due successi che il maiorchino non ha mai avuto modo di vendicare, anche se – come ci raccontava qualche anno fa lo stesso Galvani – una piccola rivincita se la sarebbe presa. Nel 2002 un Nadal nemmeno sedicenne perse anche in un Satellite in Spagna contro Potito Starace, per 6-3 6-1, mentre l’anno dopo si arrese due volte a Filippo Volandri, una sul cemento del Challenger tedesco di Heilbronn (6-2 6-4) e l’altra per 2-6 6-2 6-1 in finale al Challenger di Cagliari. Piccole soddisfazioni che gli azzurri portano con sé, anche se quel Nadal era pur sempre un ragazzino, quindi il valore dei successi è quello che è. Oggi, invece, è un campione fra i più grandi sempre: batterlo in semifinale a Melbourne avrebbe ben altro valore.