«Vedendo che alla sua età aveva superato un turno in un Challenger – racconta – provai a informarmi dagli altri giocatori spagnoli. Ricordo che Ramirez-Hidalgo mi disse di stare molto attento, perché il ragazzino era già pericoloso. Infatti il primo set lo persi 6-3. Pensavo fosse sufficiente giocherellare, invece mi dovetti impegnare sul serio. Vinsi il secondo 6-1, e nel terzo lui calò di livello fino a perdere 3-6 6-1 6-3». Ma quel set sarebbe rimasto l’unico perso dal veneto nel corso della settimana, chiusa con un nuovo trionfo. «Gli spagnoli non avevano dubbi, sapevano tutti che Nadal sarebbe arrivato. Certe doti si riconoscono subito, non c’è molto da girarci intorno. Però il clima era tranquillo, ci fecero giocare nel campo meno importante e non notai le stesse attenzioni nei suoi confronti che magari avrebbe ricevuto in Italia».
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Con quel successo, Galvani lanciò quello che sarebbe poi rimasto il miglior torneo della sua carriera: superò le qualificazioni, poi al primo turno batté Ivan Ljubicic al tie-break del terzo set e al secondo round firmò l’impresa contro l’allora numero 4 del mondo Evgeny Kafelnikov, sconfitto 7-6 6-2, prima di arrendersi agli ottavi ad Albert Costa. Nadal, invece, al Real Club de Tenis de Barcelona avrebbe poi vinto qualcosa come dieci titoli (…and counting). «Era molto più magro, aveva meno potenza, e servizio e rovescio viaggiavano meno. Ma la sua palla girava già tantissimo e l’intensità era la stessa di oggi. Aveva un’energia incredibile, qualcosa che sarebbe stato sorprendente in un ragazzo di 20 anni, figurarsi in un 15enne. Costringeva già gli avversari a giocare al limite, non ci si poteva rilassare un secondo. Era come entrare in un frullatore: o reggi il suo ritmo o ti distrugge. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che potesse diventare un fenomeno, anche se i numeri che ha raggiunto sulla terra battuta mi lasciano comunque a bocca aperta. Io non ho saputo vincere per dieci volte neanche l’Open di casa mia».
Però, col suo tennis piattissimo è stato un ottimo giocatore: numero 99 del mondo nel 2007, con due presenze in Coppa Davis e il terzo turno a Wimbledon sfiorato per due volte. L’ultima nel 2008, quando perse in cinque set con Mikhail Youzhny, dopo aver subito la vendetta “calcistica” di Nadal. «Anche se speravo vivamente di non doverlo affrontare mai più, sicuro che mi avrebbe massacrato, quando lo incontravo ai tornei mi divertivo a ricordargli il 2-0 per me. Lo feci anche quell’anno a Wimbledon, e lui rise amaro. La sera stessa c’era Italia-Spagna agli Europei di calcio, vinsero loro ai rigori e all’indomani Rafa non perse l’occasione per mettere il dito nella piaga». Piccola consolazione: lo 0-2 resterà per sempre.
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.STEFANO GALVANI
Stefano Galvani è nato a Padova, il 3 giugno 1977. Da professionista ha vinto undici tornei Futures e cinque Challenger: nel 2001 a Brasov e Siviglia, nel 2002 al Cairo e nel 2007 a Rabat e Todi. Ha conquistato il proprio best ranking il 2 aprile del 2007, alla posizione numero 99 del ranking mondiale ATP. Nel 2002 ha raggiunto gli ottavi di finale a Barcellona, battendo prima Ivan Ljubicic e poi l’allora numero 4 del mondo Evgeny Kafelnikov, prima di arrendersi ad Albert Costa. In carriera ha preso parte a dieci tornei del Grande Slam, raggiungendo per tre volte il secondo turno sull’erba di Wimbledon. Ha giocato anche per due volte nella nazionale di Coppa Davis, entrambe nel 2002, contro Finlandia e Portogallo. Ritirato nel 2012, oggi lavora come maestro al Circolo Tennis Rimini, per cui gioca anche il campionato nazionale di Serie B.
(*) Articolo tratto dal numero di giugno 2017 della rivista "Il Tennis Italiano"