A detta sua, la capacità di ritrovare il rendimento e i risultati che gli competono era solo questione di tempo, a causa del lavoro massiccio svolto nell’off-season, con l’obiettivo di avere più forza, nel fisico come nei colpi. “Sono cresciuti i miei muscoli, la massa e la resistenza fisica: cambiamenti importanti che dovevo imparare a gestire come di deve”. Il vero test arriverà nei tornei del Grande Slam, visto che sin qui l tennista nativo di Amburgo ha raggiunto solamente una volta gli ottavi di finale (lo scorso anno a Wimbledon) e la ferita per la sconfitta contro Chung a Melbourne è ancora aperta, ma intanto “Sascha” ha una grossa chance per mettere in bacheca un altro Masters 1000. Contro Carreno Busta è favorito, e poi lo sarebbe di nuovo sia contro il suo amico John Isner sia contro il Del Potro a corto di energie degli ultimi giorni. Dovesse farcela sul serio, metterebbe a tacere tante bocche, specie di chi negli ultimi mesi si è dimenticato che la data di nascita sulla sua carta d’identità dice 20 aprile 1997, e se è nel giro grosso già da un po’ è solo perché ci è arrivato prima degli altri. I numeri dicono che escludendo Nadal, record di precocità un po’ dappertutto, la carriera di Zverev è perfettamente in linea – se non addirittura meglio – con quelle dei Fab Four, dominatori del tennis nell’ultimo decennio. Dovesse vincere a Key Biscayne, Zverev conquisterebbe il suo terzo Masters 1000 a una ventina di giorni da suo ventunesimo compleanno, più o meno come Djokovic (che raggiunse il traguardo a 20 anni e dieci mesi), un anno prima di Murray e quasi due prima di Federer, che il suo terzo Master Series lo festeggiò nel 2004 ad Amburgo, a 22 anni e 9 mesi.
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Eppure, malgrado il “ritardo” Federer ha fatto comunque in tempo a diventare il più vincente di tutti i tempi, e non ha dimenticato le difficoltà dei primi tempi, quando il predestinato era lui, ma proprio come Zverev riusciva a dimostrarlo una volta sì e due no. Un’esperienza che a Melbourne ha deciso di condividere proprio con Zverev, negli spogliatoi, dopo la dolorosa sconfitta del tedesco contro Chung. “Ero mentalmente devastato – ha raccontato il tedesco –, e Roger è venuto a parlarmi. Mi ha raccontato che lui i quarti di finale in uno Slam li ha superati per la prima volta a quasi 22 anni, e tanto è bastato per ridarmi fiducia. Il più grande di tutti i tempi ce l’ha fatta a quasi 22, mentre io devo ancora compiere i 21”. Ha capito di avere ancora tutto il tempo, si è rilassato e ne sta raccogliendo i frutti nel suo terreno di conquista preferito, quei Masters 1000 che mese dopo mese hanno iniziato a mettere a nudo come nient’altro l’inizio del tramonto (apparente o meno) dell’era dei Fab Four. Dal 2005 al 2016 Federer, Nadal, Djokovic e Murray avevano vinto 91 Masters 1000 su 108, facendo addirittura l’en-plein (nove su nove) in ben tre stagioni diverse, mentre ora ne hanno lasciati per strada sei degli ultimi sette. Vuol dire che vincere i grandi tornei ora è un tantino più facile rispetto a quanto lo fosse qualche anno fa, ma questo a Zverev non importa. Ciò che fanno gli altri non dipende da lui, e i libri di storia ricordano solo il vincitore. Il nome degli avversari battuti conta ben poco.
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