“Come hai fatto ad annullare tredici palle break?”.
“Può sembrare una brutta risposta, ma volevo a tutti i costi giocare contro Serena Williams”.
Naomi Osaka è concisa nelle risposte, ma è molto chiara. Non era ancora nata, il 28 ottobre 1995, quando Serena giocava il suo primo torneo WTA. È dunque normale che sia il suo idolo, la ragione per cui si è appassionata al tennis. Come ogni favola che si rispetti, sarà proprio Serena la sua avversaria nella sua prima finale Slam. Con tecnica americana e self control giapponese, la Osaka ha giocato un match fantastico contro Madison Keys, battuta 6-2 6-4 in meno di un'ora e mezzo. Più che per mancanza di equilibrio, il match è stato breve perché si sono prese a pallate dal primo all'ultimo punto. Il disegno tattico di Naomi e Madison non prevede troppi palleggi, riflessioni, tatticismi. Vogliono tirare il vincente. Stavolta Naomi era più in forma, ed è stata implacabile sulle palle break. Ha scippato il servizio alla Keys per tre volte, cancellando tutte le 13 occasioni concesse all'americana. La giapponese, dunque, vola in finale laddove ha mosso i primi passi. Pur essendo nata a Osaka, infatti, si è spostata ben presto negli Stati Uniti. Prima di stabilirsi definitivamente in Florida (oggi vive a Fort Lauderdale), ha vissuto a Long Island e ha frequentato Flushing Meadows sin da piccola. “Pensando ai tornei del Grande Slam, ho sempre pensato che il mio primo grande risultato avrebbe dovuto essere allo Us Open perché ho tanti ricordi qui, mi sento come a casa e i miei nonni mi possono venire a vedere”.
BAJIN: "NAOMI E SERENA SONO MOLTO DIVERSE"
Nel percorso verso la finale, l'unica a metterla davvero in difficoltà è stata Aryna Sabalenka. Per il resto, un dominio che può seminare qualche dubbio nella mente di Serena Williams, anche perché Naomi l'ha battuta nell'ultimo scontro diretto, a Miami. Era un'altra Serena, ma la memoria resta. A rendere ancora più affascinante la finale di sabato, il fatto che all'angolo della giapponese ci sia Sascha Bajin, ex sparring partner della Williams. Come è noto, è stato molto di più. Amico, confidente, quasi guardia del corpo. Per rendere l'idea, Serena ha continuato a pagarlo anche quando rimase ferma nel 2011 per l'embolia polmonare. Non voleva che le colleghe glielo scippassero. La partnership è andata avanti fino al 2015, ma Bajin non ha avuto problemi a trovare altri impieghi. Ha ricoperto il ruolo di sparring anche con Azarenka e Wozniacki, prima di effettuare l'upgrade a coach con la Osaka. L'ha conosciuta quando lavorava ancora con la Wozniacki. “All'inizio pensavo che fosse un po' scontrosa perché parlava poco, non guardava negli occhi – ha raccontato – poi ho scoperto che è una ragazza molto simpatica, con un notevole senso dell'umorismo”. Bajin non ha rivoluzionato la tecnica di Naomi, ma ha messo ordine al suo tennis, le ha fatto capire come e quando usare certe armi. E le sta insegnando a mantenere un atteggiamento positivo. Prima che la finale diventasse realtà (“Sarebbe bello” si era limitato a dire), gli avevano chiesto se ci fossero dei punti in comune tra Williams e Osaka. “L'unica cosa che hanno in comune è la capigliatura” aveva scherzato, salvo poi farsi serio. “Sono persone diverse. Giocano più o meno allo stesso modo: sono potenti, servono bene, colpiscono forte. Però Serena è molto aggressiva, mentre devo spingere Naomi a mostrare anche solo un pugnetto. Hanno una mentalità diversa. Anche fuori dal campo, la Osaka è più riservata, solo un po' timida”.
NIENTE CALI
Anche sul piano tecnico, il suo progetto non è mirato a creare un clone di Serena. “Era una grande colpitrice ancora prima che iniziassimo. Era molto potente, non ho aggiunto nulla. Però non sapeva bene quando premere il grilletto, e non sapeva che ci sono altri modi per mettere pressione sull'avversaria”. Allo Us Open c'è riuscita benissimo, sia contro la Sabalenka (in cui, a tratti, è sembrata quasi una giocatrice di rimessa) che contro la Keys, totalmente incapace di trovare un piano B. Ciò che colpisce e – paradossalmente – rende personaggio la Osaka, è il suo essere naif. Poche parole, battute ironiche ma senza malizia. Bajin è ben deciso a preservare quel senso di innocenza che è una rarità, in un tennis di pescecani. “Più siamo onesti, aperti, e mostriamo le vulnerabilità… e più questo mondo sarà migliore. E credo che Naomi diventerà una stella per questo”. Intanto è la prima giapponese a raggiungere una finale Slam, migliorando il piazzamento di Kimiko Date (semifinalista a Wimbledon 1996) e ha spazzato via il ricordo-incubo di due anni fa, quando perse proprio dalla Keys dopo aver condotto 5-1 nel terzo set. Stavolta è stata monumentale. “Sentivo che avrei potuto brekkarla – ha detto la Keys – forse avrei anche potuto girare il match, ma ogni volta che arrivavo a palla break lei tirava un ace o un vincente. Pensavo che prima o poi avrebbe avuto un calo, invece non c'è stato. Quindi complimenti a lei, è stata impressionante. Per essere la sua prima semifinale Slam, è stata impressionante nella gestione delle emozioni”: In particolare, sono stati decisivi un paio di game: quello sul 2-1 nel primo set (con quattro palle break annullate) e quello sull'1-0 del secondo, in cui è emersa dopo ben 22 punti. E così, sabato sera potrà sfidare il suo idolo d'infanzia. Talmente idolo che, a suo tempo, non riuscì nemmeno ad avvicinarla per avere un autografo. Ma le cose, si sa, possono cambiare in fretta.
US OPEN DONNE – Semifinale
Naomi Osaka (GIA) b. Madison Keys (USA) 6-2 6-4