Continua la splendida corsa di Camila Giorgi a Sydney: dopo i successi contro Stephens e Kvitova l’azzurra si sbarazza anche di Agnieszka Radwanska, non dandole il tempo di tessere la sua ragnatela. La maceratese picchia forte tutte le palle, lascia appena tre game e conquista la semifinale. È la seconda in carriera in un torneo Premier: affronterà Angelique Kerber.Per ritrovare una semifinale di Camila Giorgi in un torneo Premier, l’unica fino a poche ora fa, bisogna riavvolgere il nastro fino all’estate del 2014, quando alla vigilia dello Us Open la maceratese batté Vandeweghe, Wozniacki e Muguruza a New Haven. Per questo, il bis firmato sul Plexicushion azzurro del Sydney International sarebbe un risultato di prestigio assoluto anche se l’azzurra avesse sconfitto tre avversarie qualsiasi. A renderlo ancora più importante c’è il fatto che di qualsiasi non ce ne sia stata nemmeno una, visto che dopo due ex campionesse Slam come Stephens e Kvitova la terza giocatrice a cadere sotto i missili made in Macerata è Agnieszka Radwanska, una che un Major non l’ha vinto ma in finale a Wimbledon ci è arrivata, e anche al numero 2 del ranking WTA. È vero che certi livelli la polacca non li mostra da un po’, ma nelle prime due uscite a Sydney era sembrata in palla, battendo in due set sia CiCi Bellis sia la campionessa uscente Johanna Konta. Il problema è che la Giorgi non le ha nemmeno dato il tempo di entrare in partita, di pensare, di tessere la sua ragnatela fatta di tattica e hot shot, il segreto di un’ascesa che l’ha vista ottenere tanti risultati di spessore. Per poter far male “Aga” ha bisogno di spazi e schemi che la Giorgi le ha lasciato solo intravedere a sprazzi: Camila è partita fortissimo, ha spinto dalla prima all’ultima palla aggredendo fin dalla risposta, e ne è venuto fuori un 6-1 6-2 senza appello, come se in campo ci fossero giocatrici di due categorie diverse. Della Giorgi è piaciuto tutto, come già nei giorni precedenti, a partire da un servizio che viaggia su percentuali interessanti ma la vede prendersi qualche rischio in meno del passato. Magari è un caso, ma sta commettendo molti doppi falli in meno, e un miglioramento in quella che è sempre stata una delle sue croci non può che portare a una crescita complessiva.
NEL SUO BOX C’È ANDREI KOZLOV La Giorgi è stata brava a dominare gli scambi nei frangenti in cui il suo tennis ha funzionato meglio, e anche a stringere i denti quando è stato necessario. Come in avvio di secondo set: ha dovuto salvare due palle-break per l’1-1, altre due per il 2-2, ma invece che provare a strafare ha tenuto i nervi saldi, risolvendo il problema. E una volta scampato il doppio pericolo è andata a riprendersi in mano il match nel quinto game, non lasciando più chance all’avversaria, che ha chiuso con appena 6 colpi vincenti. Camila invece ne ha sparati oltre cinque volte tanti, ben 33, trovando il winner praticamente nella metà dei punti conquistati nell’intero incontro. Un buon viatico da portare con sé in vista della semifinale di venerdì contro la rediviva Angelique Kerber, ancora imbattuta fra Perth e Sydney. “Sto vivendo una bella settimana – ha detto l’azzurra nell’intervista in campo – e spero di continuare così. Giocare le qualificazioni mi ha aiutato a riprendere il ritmo dopo qualche mese di inattività, e spero di migliorare ancora il mio livello”. Magari punta a farlo anche grazie a quel volto nuovo spuntato questa settimana nel suo box, che poi tanto nuovo non è. Si tratta di Andrei Kozlov, padre di Stefan (uno degli statunitensi della Next Gen) e titolare di un’accademia a Pembrooke Pines, in Florida. Nel loro lungo peregrinare degli anni scorsi negli Stati Uniti i Giorgi erano passati anche dalla sua struttura, e anni fa papà Sergio aveva definito il tecnico di origini armene il miglior coach con cui avessero mai avuto a che fare. Resta da capire se la scelta di affidarsi a lui è solo una soluzione temporanea, magari per l’impossibilità di Sergio di volare down under insieme alla figlia, o potrebbe essere invece il tanto auspicato tentativo di dare una svolta a una carriera che sin qui ha dato molto meno di quanto potrebbe. Già fare un tentativo sarebbe un buon punto di partenza.
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