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Prima del 2016 le semifinali le aveva vinte tutte, mentre lo scorso anno una splendida Angelique Kerber l’ha obbligata a sporcare il record, ma Venus può subito riprendersi, forte di una continuità impressionante nei tornei del Grande Slam. Da quando nel 2015 è tornata al top dopo i problemi dovuti alla famosa sindrome di Sjogren, la statunitense ha raggiunto la seconda settimana in nove Slam su undici, e per cinque volte non si è fermata agli ottavi. Nel 2015 sono arrivati due quarti, lo scorso anno una semifinale, a gennaio a Melbourne una finale. E ora? Si è parlato tanto di un tabellone apertissimo, con un sacco di pretendenti al titolo, ma lei è stata sempre lasciata un po’ in secondo piano, forse perché è la più anziana al via del torneo. Ma adesso che è giunta fra le ultime quattro va considerata (almeno) al pari di tutte le altre. E non solo per la storia, l’esperienza e i titoli del passato, ma anche per il tennis che sta mettendo in mostra. Nel 2016 aveva detto di sentirsi almeno dieci anni in meno, e il campo continua a darle ragione. “L’esperienza – ha detto – mi dà una mano, perché mi capita spesso di affrontare avversarie alla loro prima volta in un terzo turno, o agli ottavi, o ai quarti. Mentre io ci sono già passata un sacco di volte, ho già avvertito quel tipo di pressione e so come gestirla. Non guardo molto ai miei anni. Mi sento ancora in gran forma, sento di avere ancora tanta forza, e fino a quando le sensazioni saranno queste so di poter competere per vincere ogni torneo”. Battendo la Ostapenko è diventata la semifinalista di Wimbledon più anziana dal 1994, quando a ottenere lo stesso risultato fu Martina Navratilova, e si prepara ad affrontare una fra Konta e Halep, penultimo step verso il sesto e ambitissimo Venus Rosewater Dish.
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In attesa dell’esito degli altri due quarti di finale, l’insidia più grande verso quello che diventerebbe il cinquantesimo titolo della carriera di Venus si chiama Garbine Muguruza. Lunedì la spagnola (finalista ai Championships nel 2015) aveva giocato un tennis meraviglioso contro Angelique Kerber, spodestandola dal trono di numero uno del mondo, e all’indomani si è ripetuta a livelli ancora più alti contro Svetlana Kuznetsova. La russa tornava ai quarti a Londra a dieci anni dall’ultima volta, ma non ha potuto fare altro che assistere al dominio della rivale, a segno per 6-3 6-4 in poco più di un’ora. Sul Campo 1 la Muguruza ha avuto bisogno solamente di un break per set, allungando nel quarto game del primo e nel quinto del secondo, e non offrendo all’avversaria la minima chance di riagguantarla. La facilità con cui aveva vinto i primi tre incontri non era stata un’illusione: era da tempo che non la si vedeva giocare con una continuità simile, e fra tutte è diventata la più accreditata per conquistare il titolo. Anche se il bello verrà soltanto ora, la semifinale contro Rybarikova o Vandeweghe è una chance troppo grande per fallirla, e Garbine pare aver (ri)trovato una marcia difficile da smarrire da un match all’altro. Riesce a essere aggressiva senza sbagliare troppo, a ricavare il giusto dal servizio e a decidere la gran parte degli scambi. E soprattutto non si fa pregare nei punti importanti. Le statistiche raccontano di un match equilibrato, in cui la russa ha chiuso con un saldo di + 9 fra vincenti ed errori (contro il – 1 della spagnola) e ha vinto solamente otto punti in meno. Il problema, per Svetlana, è che Garbine se li è fatti bastare per chiudere in due set. Un dato che vale tantissimo.
WIMBLEDON DONNE – Quarti di finale
Venus Williams (USA) b. Jelena Ostapenko (USA) 6-3 7-5
Garbine Muguruza (ESP) b. Svetlana Kuznetsova (RUS) 6-3 6-4
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