Wimbledon non è mai stato lo Slam preferito dagli italiani. Ora anche gli altri giocatori pare ci snobbino, laddove siamo ancora un riferimento internazionale: la cucina. Philip Brook, presidente dell'All England Club, ha confermato il sorpasso del sushi sulla pasta, nelle preferenze dei giocatori, forse spinti da Andy Murray che ha riconosciuto meriti probabilmente superiori alla realtà, alle sue abbuffate di sushi e sashimi, per spiegare la sua crescita atletica. Questo è uno dei molteplici aspetti che il chairman, insieme ai dodici membri del comitato direttivo e sette esperti della federazione britannica, devono tenere sotto controllo a ogni edizione, che va oltre i 674 match giocatori su 18 campi in tredici giorni.
Un compito tutt'altro che banale per un club privato di 375 soci: "È una sfida nella quale cerchiamo di eccellere in ogni dettaglio – spiega Brook -; per questo ci affidiamo a professionisti esperti di ogni settore, da quello televisivo, a quelli di marketing e finanza". Quest'ultimo, ça va sans dire, è particolarmente significativo, visto che il torneo ha raddoppiato i premi distribuiti dal 2011 a oggi, senza scomodare la prima edizione del torneo (1877), quando il vincitore Spencer Gore vinse 12 ghinee (14 euro) è una coppa d'argento (30 euro). Il prize money generale è cresciuto fino agli attuali 36 milioni di euro, con i vincitori dei tornei di singolare che ripartiranno con oltre due milioni e mezzo di euro in più sul loro conto corrente.
Negli ultimi anni gli investimenti si sono moltiplicati, nonostante il 90% dell'utile annuale (oltre 39 milioni di euro) finisca nelle tasche della federazione, per lo sviluppo del tennis in Gran Bretagna (peraltro senza risultati straordinari). Dopo il tetto retrattile sul Centre Court, uno analogo è stato installato sul Campo 1, che dal 2019 avrà a disposizione anche 900 posti a sedere in più (che potrebbero far lievitare i 493.928 spettatori dell'anno scorso oltre la soglia del mezzo milione (molti stranieri, come hanno testimoniato le più grandi agenzie on-line di viaggio che hanno registrato un aumento consistente di prenotazioni nelle due settimane del torneo, soprattutto per gli alloggi vicino alla zona di Church Road). "La tradizione e il prestigio del torneo assicurano il sold out dei biglietti, ma noi dobbiamo concentrarci su quanto gira intorno, per rendere l'esperienza la più gratificante possibile – continua Brook -. Per esempio, abbiamo uno staff interno anche per il controllo qualità dei prodotti che vendiamo e dove e come vengono prodotti. Avremmo potuto affidare questo impegno ad un'agenzia esterna, ma preferiamo tenere tutto sotto controllo diretto".
I giocatori, che talvolta si sono lamentati di servizi considerati inferiori a quelli che per esempio ricevono all'Australian Open (dove però gli spazi sono maggiori e i vincoli minori), sono stati accontentati su richieste che vanno oltre il sushi: sono infatti state installate otto vasche ghiacciate per quell'idroterapia sempre più utilizzata dai giocatori per smaltire le fatiche post-match, "senza doverti accontentare di una doccia gelata" scherza Brook. Tuttavia, "Il progetto più importante per questa edizione è stato il completamento della fase 1 della ristrutturazione del Campo 1. Non è un lavoro semplice ma il lavoro di squadra ha funzionato". Ready, play!