C’è un riferimento biblico anche per la vicenda dell’altolà a Federer che si è presentato a Wimbledon senza tessera da socio ed è stato respinto. E’ il primo capodanno da ‘pensionato’ di Roger, l’occasione per un augurio di rivederlo in qualche modo in campo e di assistere a molto grande tennis nel 2023
«Venne tra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto». Siamo al cuore dell’aureo prologo del vangelo secondo Giovanni. Quello, per intenderci, che si legge nella messa del giorno di Natale. Il testo parla in modo teologico di Gesù, Verbo eterno di Dio eppure rifiutato lungo tutta la sua vita, a partire dalla sua nascita nell’umiltà di una mangiatoia. Ma subito prima l’evangelista scrive, ricorrendo a un verbo analogo: «La luce brilla nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta/vinta». Accolta o vinta? Entrambe le cose…
Ho spontaneamente pensato a questo vertice biblico e rivelativo quando qualche giorno fa ho letto la notizia, a cui non volevo credere, del rifiuto vistosi opporre da un tennista svizzero a varcare i cancelli dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club. Insomma, il circolo tennistico di Wimbledon. Questo atleta, al secolo un certo Roger Federer, a inizio dicembre era di passaggio a Londra insieme all’amico e allenatore Severin Luthi, e voleva fare una capatina in un luogo in cui qualcosa di buono ha fatto lungo la sua carriera: 12 finali giocate, 8 vinte e 4 perse (quale equilibrio pure nei numeri, anche se un 9 e 3 – vedi 14 luglio 2019! – sarebbe stato altrettanto elegante, anzi perfetto…). E invece no: l’inflessibile guardiana dei cancelli, vistasi rifiutare dallo svizzero la tessera di appartenza al club, lo ha respinto con aplomb british. Venne tra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto. A dire il vero, poi è stato accolto: ha provato a un altro ingresso e lì subito, stupiti, lo hanno lasciato entrare per prendere il tè delle 5 pm con il presidente dell’AELTC.
Simpatico il video in cui il Re, sì il Re, racconta l’accaduto in un’intervista televisiva. Lui che, imbarazzato, deve ricorrere al classico «Lei non sa chi sono io»… Ma se dalla cronaca ci inerpichiamo sulle vette della storia, possiamo trarre una prima lezione, che deve aver immalinconito lo stesso Roger: il tempo passa inesorabile e la gloria del mondo è passeggera. È quasi meglio che non sia stato riconosciuto, perché di quel Roger divino sono ormai rimaste solo le vestigia umane. Quello che nel rettangolo verde con una rete e qualche riga bianca era Sua Immensità e Sua Semplicità ora è semplicemente, immensamente umano. Un quarantunenne in dorata pensione, alle prese con gli acciacchi di un ginocchio che presenta il conto dell’usura di un’attività sportiva più che ventennale.
Ed eccoci a un gradino ulteriore, la lettura «teologica» (sempre sperando di non essere scomunicato!): nessuna tenebra potrà mai oscurare la luce di Roger. Fin qui siamo tra il retorico e il quasi banale. Ma possiamo ridirlo altrimenti: niente e nessuno potranno annichilire la sua grandezza divina, che si manifesta tanto più luminosa nella sua umana debolezza. Ora che in campo non c’è più, chi potrà mai toglierci quello che è stato? Adesso capiamo, come i due discepoli in cammino verso Emmaus! La bellezza riluce oltre le tenebre delle nude cifre; la gioia seminata in noi dal Re è balsamo di eternità… proprio nel momento in cui la sua arte non è più visibile in presa diretta. Via apofatica, direbbero i mistici, perché il modo miglior per gridare la verità è il silenzio. «Un monumento più duraturo del bronzo», per scomodare Orazio, proprio mentre nemmeno la carta dei giornali o lo «scrollio» dei siti sembra più ricordarsi di Roger. Un ossimoro che ci chiede di fare ritorno al nostro cuore: guardiamoci dentro, e riscopriamo in che modo, sempre secondo il prologo evangelico, «dalla sua bellezza – sarebbe pienezza, ma non esageriamo! – noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia». Diciamolo alfin: grazie! E molti cancelli si apriranno. Bisogna solo avere la pazienza di bussare. E poi di entrare: in uno spazio che si apre in dissolvenza su un tempo eterno, proprio nello scorrere quotidiano dei giorni, mai banale.
Buon primo Natale senza Roger. E sempre viva il Re! E perché no, viva il tennis, che ci aspetta anche nel 2023.