Garbine Muguruza annichilisce la povera Magdalena Rybarikova con un doppio 6-1, e conquista la sua seconda finale a Wimbledon dopo quella del 2015. Nel corso del torneo ha raggiunto una condizione strepitosa, diventando la favorita per il successo. La scelta di farsi aiutare da Conchita Martinez, unica spagnola ad aver vinto i Championships, è stata più azzeccata che mai.

WIMBLEDON, Tabellone Uomini
WIMBLEDON, Tabellone Donne
Il rischio batosta c’era, perché fra Garbine Muguruza e Magdalena Rybarikova ci sono almeno due categoria di differenza, ma farle valere in una semifinale Slam, sul Centre Court di Wimbledon e contro un’avversaria reduce da diciotto successi nelle ultime diciannove partite sull’erba, non dev’essere una passeggiata. Tuttavia, la versione più recente della tennista spagnola è davvero di altissimo livello. Così la prima semifinale dei Championships si è trasformata in un non-match da 6-1 6-1, senza un briciolo di equilibrio. Garbine è partita con il piede calcato sull’acceleratore, è subito scappata via e malgrado una vistosa fasciatura alla coscia sinistra non ha dato all’avversaria la minima chance di tenere il suo ritmo. La sua palla era sempre la più veloce, la più profonda, e la resistenza della Rybarikova si è intravista giusto in qualche game. La 28enne slovacca doveva fare un mezzo miracolo per portare a casa ogni singolo punto, troppo poco per scippare alla Muguruza la seconda finale sull’erba dell’All England Club. Fosse partita bene, magari poteva regalarsi un match più equilibrato, ma quando la spagnola di origini venezuelane va subito avanti nel punteggio, e può permettersi di pensare poco e limitarsi a far andare il braccio, ha il tennis per diventare devastante. Il grande pubblico se n’era accorto lo scorso anno a Parigi, poi si era un po’ dimenticato di lei negli ultimi dodici mesi, insieme alle tante difficoltà mentali accusate dopo il trionfo parigino. Tuttavia, a Wimbledon si è capito fin dai primi turni che qualcosa stava funzionando meglio del solito e che Garbine aveva ritrovato il giusto equilibrio per spingere senza commettere troppi errori. Un tabellone favorevole gli ha dato un’ulteriore spintarella, e la finale ne è la conseguenza.
LO MERITA PIÙ DI TUTTE
Nel corso dei 64 minuti di match, la regia è andata spesso a cercare nel Players’ Box il volto di Conchita Martinez, l’unica spagnola capace di domare i prati di Church Road e alzare al cielo il Venus Rosewater Dish nel 1994, dopo la finale vinta contro Martina Navratilova. La Muguruza le ha chiesto una mano per il torneo, come sostituita di coach Sam Sumyk obbligato a rimanere a casa per problemi personali, e i risultati suggerirebbero di pensare a una partnership che possa durare nel tempo. La Martinez ha anche altri impegni, visto che siede sulla panchina spagnola di Coppa Davis e Fed Cup, ma magari una collaborazione part-time per i tornei del Grande Slam (tipo Murray con Lendl) potrebbe anche accettarla. A una giocatrice come la Muguruza, che dopo il trionfo parigino ha mostrato una certa fragilità faticando a convivere col suo nuovo status di star, avere accanto una ex campionessa che ha già vissuto certe esperienze non può che far bene. Fra quarti e semifinali la 24enne nativa di Caracas ha lasciato per strada la miseria di sette giochi, senza mai cedere il servizio. Segno di una continuità di rendimento che fa da premessa super-interessante in vista della finale di sabato. Due anni fa Garbine aveva dovuto lottare con l’emozione della prima volta, e poi dall’altra parte della rete c’era Serena Williams, l’unica che ha le armi per metterla sotto nel braccio di ferro da fondo campo. Stavolta invece avrà già l’esperienza del 2015, ha già conquistato il suo primo Slam, e nella seconda settimana è parsa una spanna sopra a tutte le altre. Una vittoria di Johanna Konta farebbe più notizia per un motivo, un successo di Venus Williams lo farebbe per un altro, ma nessuna delle due ha mostrato di meritare questo titolo quanto lei.

WIMBLEDON DONNE – Semifinale
Garbine Muguruza (ESP) b. Magdalena Rybarikova (SVK) 6-1 6-1