THE TEST – Compie 25 anni e riceve il giusto tributo un telaio che ha scritto una bella parte della storia di Wilson. E che ancora adesso si dimostra molto duttile (per un certo tipo di utenza).Di Lorenzo CazzanigaLa Scheda WILSON Pro Staff 6.1 Classic Lunghezza 68,5 cm Profilo 21 mm costante Ovale 98 pollici Peso 357 gr Bilanciamento 31,5 cm Inerzia 326 Rigidità 69 Schema incordatura 18×20   A chi la consigliamo Al giocatore agonista con un minimo di passione storica per i telai doc, perché (ri)muovere sul campo una racchetta che ha segnato la storia è sempre un gran piacere. Il telaio è pesante ma il bilanciamento al manico permette di muoverla con discreto agio, se il braccio asseconda. Ideale per chi spinge piatto, muove il gioco in slice, non conosce la difesa e manovra bene sotto rete, con bella precisione all’impatto.   Giudizio finale Due sentimenti contrapposti al principio: la goduria di riprovare un attrezzo che ha scritto un buon pezzo della storia del nostro sport e la paura di tirarla, ben che vada, a metà campo. Abituati ormai a profilate da 100 pollici e 300 grammi di peso, a telai stile Burn che al massimo offrono il problema opposto, cioè quello di trovare sufficiente controllo, l’idea di manovrare qualcosa che avvicina i 360 (trecentosessanta) grammi era un misto di curiosità e spavento. Fatto che è sparito dopo i primi colpi, a patto di seguire alcune regole basilari: valgono solo i colpi piatti o con leggero top spin, o lo slice. I toppatori Nadaliani tornino alle loro Pure Drive, qui bisogna saper giocare come Dio comanda e come una volta si insegnava: prese tradizionali eastern, sempre in avanzamento, in totale offesa sulla palla e sull’avversario, alla ricerca continua della botta piatta, dallo slice per aprirsi il campo o spezzare il ritomo, con un uso sapiente della smorzata. Quando si esce dallo sweet spot, vien da ridere, perché la palla pare proprio non uscire dalle corde e se vi piace difendervi, è notte fonda. Onestamente, se non siete troppo nostalgici, una nuova Blade vi offre tutti i vantaggi elencati, senza esasperarne le problematiche e lasciando il braccio incolume. Perché tre set con la 6.1 Classic sono roba da seconda categoria allenato. Post scriptum: La 6.1 Classic è sempre stata associata alla figura di Stefan Edberg, anche se molti si aspettano che sotto si celasse la solita PS Original. In ogni caso, la scelta di mettere la figura di Federer sul cartoncino non ci è parsa illuminante. Per una volta, King Roger non c’entra davvero nulla.   La corda ideale Un multimono a tensioni basse che consenta di spingere e sia bello reattivo, anche se appena perde tensione e caratteristiche, va tagliato. Altrimenti un bell’ibrido, con budello naturale per esaltarne le qualità di sensibilità.   Test in laboratorio Al principio spaventano due dati: il peso (357 grammi incordata) e lo schema di incordatura (18×20, ormai diventato anacronistico). Però il bilanciamento è spostato verso il manico (31,5 cm) e questo permette un buon grado di manovrabilità. Il profilo è medio, non sottilissimo, non da wide body. L’impatto non è così rigido, a patto di centrare lo sweet spot.   Test in campo   Lorenzo, 43 anni, classifica 3.5 Dopo aver testato la Dimitrov e finito senza ghiaccio sul gomito, già mi sentivo più sicuro. In realtà mi ha sorpreso la manovrabilità, grazie al bilanciamento al manico (succede lo stesso con la PS Original) e palleggiando piatto e in slice, senza grandi spostamenti, è una vera goduria, con le sensazioni che si provavano vent’anni fa (ops, venticinque anni fa), quando ti sembrava fosse sempre merito tuo, se la palla finiva là, nell’angolino scelto. Poi però entri nel match, vorresti toppare tanto sulla terra, succede che devi a che difenderti, e allora capisci che i telai più moderni sono più efficaci per la causa. Ma un doppio sul veloce me lo gioco tutta la vita con questa 6.1 Classic.   Francesco, 24 anni, classifica 2.2 Ogni tanto mi vien voglia di giocarci con i telai di cui mi racconta papà. Mi piace, spingo fortissimo con la botta piatta. A rete è un gioiello, servizio e slice vanno alla grande. Però con la Blade faccio tutto questo con maggior facilità e mi difendo meglio. Però 25 anni fa che racchetta deve essere stata?   Flavio, 34 anni, classifica 4.2 Ripeto: dov’è la mia Burn, please?   Michele, 48 anni, classifica 4.1 Ridatemi il mio 100 pollici, i miei 300 grammi, la sensazione che la palla esca da sola…. Così sarà anche merito della racchetta ancor più che mio, ma va bene così: intanto gioco due ore di fila, tre volte alla settimana , e sono ancora intero.   Clarissa, 28 anni, classifica 3.1 I primi venti minuti sono fantastici, poi la fatica si fa sentire, se ti viene un po’ di braccino in partita…. ciao… e comunque alla lunga diventa impegnativa, perché fuori dallo sweet spot la palla cammina piano.   Sandro, 40 anni, classifica 3.4 Un quarto d’ora di celebrità, come sosteneva Andy Warhol, ecco cosa ti lascia. Perché per un quarto d’ora giochi come poche volte nella vita, sentendo bene la palla all’impatto, mettendola in un fazzoletto e con la chiara sensazione che sia merito tuo. Ci fai di tutto, prendi in giro l’avversario con slice, smorzate, volée e anticipi di piatto. Poi alla lunga paghi peso e l’impatto secco, il non-perdono quando la prendi male, la difficoltà nel difenderti, la palla che viaggia sempre più corta, sempre più piano. Ah, ma quei quindici minuti…   Gigi, 45 anni, classifica nc Ancora una volta, gioco solo con la Federer perché adoro Federer. Certo, Edberg come suo coach mi intriga. Anche se alla fine dovrei prendermi ‘sta Burn di cui tutti mi parlano e magari un match lo porterei a casa.

Di Lorenzo Cazzaniga

La Scheda
WILSON Pro Staff 6.1 Classic
Lunghezza 68,5 cm
Profilo 21 mm costante
Ovale 98 pollici
Peso 357 gr
Bilanciamento 31,5 cm
Inerzia 326
Rigidità 69
Schema incordatura 18×20
 
A chi la consigliamo
Al giocatore agonista con un minimo di passione storica per i telai doc, perché (ri)muovere sul campo una racchetta che ha segnato la storia è sempre un gran piacere. Il telaio è pesante ma il bilanciamento al manico permette di muoverla con discreto agio, se il braccio asseconda. Ideale per chi spinge piatto, muove il gioco in slice, non conosce la difesa e manovra bene sotto rete, con bella precisione all’impatto.
 
Giudizio finale
Due sentimenti contrapposti al principio: la goduria di riprovare un attrezzo che ha scritto un buon pezzo della storia del nostro sport e la paura di tirarla, ben che vada, a metà campo. Abituati ormai a profilate da 100 pollici e 300 grammi di peso, a telai stile Burn che al massimo offrono il problema opposto, cioè quello di trovare sufficiente controllo, l’idea di manovrare qualcosa che avvicina i 360 (trecentosessanta) grammi era un misto di curiosità e spavento. Fatto che è sparito dopo i primi colpi, a patto di seguire alcune regole basilari: valgono solo i colpi piatti o con leggero top spin, o lo slice. I toppatori Nadaliani tornino alle loro Pure Drive, qui bisogna saper giocare come Dio comanda e come una volta si insegnava: prese tradizionali eastern, sempre in avanzamento, in totale offesa sulla palla e sull’avversario, alla ricerca continua della botta piatta, dallo slice per aprirsi il campo o spezzare il ritomo, con un uso sapiente della smorzata. Quando si esce dallo sweet spot, vien da ridere, perché la palla pare proprio non uscire dalle corde e se vi piace difendervi, è notte fonda. Onestamente, se non siete troppo nostalgici, una nuova Blade vi offre tutti i vantaggi elencati, senza esasperarne le problematiche e lasciando il braccio incolume. Perché tre set con la 6.1 Classic sono roba da seconda categoria allenato.
Post scriptum: La 6.1 Classic è sempre stata associata alla figura di Stefan Edberg, anche se molti si aspettano che sotto si celasse la solita PS Original. In ogni caso, la scelta di mettere la figura di Federer sul cartoncino non ci è parsa illuminante. Per una volta, King Roger non c’entra davvero nulla.
 
La corda ideale
Un multimono a tensioni basse che consenta di spingere e sia bello reattivo, anche se appena perde tensione e caratteristiche, va tagliato. Altrimenti un bell’ibrido, con budello naturale per esaltarne le qualità di sensibilità.
 
Test in laboratorio
Al principio spaventano due dati: il peso (357 grammi incordata) e lo schema di incordatura (18×20, ormai diventato anacronistico). Però il bilanciamento è spostato verso il manico (31,5 cm) e questo permette un buon grado di manovrabilità. Il profilo è medio, non sottilissimo, non da wide body. L’impatto non è così rigido, a patto di centrare lo sweet spot.
 
Test in campo
 
Lorenzo, 43 anni, classifica 3.5
Dopo aver testato la Dimitrov e finito senza ghiaccio sul gomito, già mi sentivo più sicuro. In realtà mi ha sorpreso la manovrabilità, grazie al bilanciamento al manico (succede lo stesso con la PS Original) e palleggiando piatto e in slice, senza grandi spostamenti, è una vera goduria, con le sensazioni che si provavano vent’anni fa (ops, venticinque anni fa), quando ti sembrava fosse sempre merito tuo, se la palla finiva là, nell’angolino scelto. Poi però entri nel match, vorresti toppare tanto sulla terra, succede che devi a che difenderti, e allora capisci che i telai più moderni sono più efficaci per la causa. Ma un doppio sul veloce me lo gioco tutta la vita con questa 6.1 Classic.
 
Francesco, 24 anni, classifica 2.2
Ogni tanto mi vien voglia di giocarci con i telai di cui mi racconta papà. Mi piace, spingo fortissimo con la botta piatta. A rete è un gioiello, servizio e slice vanno alla grande. Però con la Blade faccio tutto questo con maggior facilità e mi difendo meglio. Però 25 anni fa che racchetta deve essere stata?
 
Flavio, 34 anni, classifica 4.2
Ripeto: dov’è la mia Burn, please?
 
Michele, 48 anni, classifica 4.1
Ridatemi il mio 100 pollici, i miei 300 grammi, la sensazione che la palla esca da sola…. Così sarà anche merito della racchetta ancor più che mio, ma va bene così: intanto gioco due ore di fila, tre volte alla settimana , e sono ancora intero.
 
Clarissa, 28 anni, classifica 3.1
I primi venti minuti sono fantastici, poi la fatica si fa sentire, se ti viene un po’ di braccino in partita…. ciao… e comunque alla lunga diventa impegnativa, perché fuori dallo sweet spot la palla cammina piano.
 
Sandro, 40 anni, classifica 3.4
Un quarto d’ora di celebrità, come sosteneva Andy Warhol, ecco cosa ti lascia. Perché per un quarto d’ora giochi come poche volte nella vita, sentendo bene la palla all’impatto, mettendola in un fazzoletto e con la chiara sensazione che sia merito tuo. Ci fai di tutto, prendi in giro l’avversario con slice, smorzate, volée e anticipi di piatto. Poi alla lunga paghi peso e l’impatto secco, il non-perdono quando la prendi male, la difficoltà nel difenderti, la palla che viaggia sempre più corta, sempre più piano. Ah, ma quei quindici minuti…
 
Gigi, 45 anni, classifica nc
Ancora una volta, gioco solo con la Federer perché adoro Federer. Certo, Edberg come suo coach mi intriga. Anche se alla fine dovrei prendermi ‘sta Burn di cui tutti mi parlano e magari un match lo porterei a casa.