di Fabio Colangelo – foto Ray Giubilo
Ieri è finita un’era. O meglio: potrebbe essere finita un’era. Quando si parla dell’immenso Roger Federer il condizionale è d’obbligo. In numerose circostanze aveva dato segni di “cedimento” per poi puntualmente smentire tutti. Ma il match perso ieri contro Robin Soderling potrebbe rappresentare veramente un punto di svolta nella sua straordinaria carriera. Per la prima volta dopo 6 anni infatti, Roger viene sconfitto prima della semifinale di un torneo dello Slam. Ma soprattutto per la prima volta abbiamo visto un Federer impotente di fronte a un avversario diverso da Nadal.
Ogni volta che vedevamo il Re perdere con qualcuno che non si chiamasse Rafa, avevamo l’impressione che le sue “colpe” fossero maggiori rispetto ai meriti dell’avversario per giustificare le sue sconfitte. Ieri invece non è stato cosi. Se è vero che Soderling si è salvato giocando una splendida veronica sulla palla che avrebbe mandato lo svizzero a condurre per due set a uno (e quindi nettamente favorito per la vittoria finale), bisogna dare atto allo svedese di aver meritato ampiamente la vittoria per come aveva giocato fino a quel momento, e per come ha gestito da campione il quarto parziale.
A fine telecronaca Gianni Ocleppo, ha dichiarato di non aver mai visto Federer preso “a pallate” in queso modo e così a lungo. Ripensandoci bene aveva perfettamente ragione. Un altro fattore che spinge a pensare che questa sconfitta sia diversa è che Soderling non più tardi di 12 mesi fa (alla decima sconfitta consecutiva con Federer) affermava praticamente di non avere chance con lo svizzero. Lo faceva giocare troppo male, diceva. Invece ieri non è riuscito a “imbrigliarlo” come in altre occasioni, ed è stato surclassato dalla potenza dello scandinavo. Inoltre avevamo già segnalato come le sconfitte patite dopo Melbourne fossero “diverse” da quelle degli altri anni. Innanzitutto troppe. In secondo luogo troppo premature, anche contro avversari non di “prima fascia” (Baghdatis, Montanes…) e senza aver mai trovato quell’acuto che ci aveva sempre permesso di capire che, se in condizione, era sempre il migliore (vedi Madrid lo scorso anno).
Era comprensibile che dopo tante vittorie e tanti record (a proposito peccato per quello di settimane in vetta al ranking che rimarrà nelle mani di Sampras per soli sette giorni) prima o poi sarebbe iniziata la parabola discendente anche per lui (considerando anche i 29 anni e il fatto che è ai vertici ormai da 10 stagioni), ma forse ci eravamo abituati a pensare che questo non sarebbe mai successo. Sarà interessante vedere come riuscirà a metabolizzare questa sconfitta, cosi diversa dalle ultime (poche) patite nei major. Come e quanto intaccherà le sue certezze. L’appuntamento ora è per il “suo” Wimbledon, dove la speranza è quella di vederlo ritrovare d’incanto il suo miglior tennis come molto spesso è riuscito a fare dopo le delusioni terraiole. Chissà, tra nemmeno un mese potremmo accorgerci che era solo un brutto incubo…
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