di Fabio Colangelo – foto Getty Images
Poiché nell’ultimo periodo preferisco non intrattenermi con il calcio, ieri sera facendo zapping ho scoperto che lunedi è prevista una puntata speciale dello storico programma sulle persone scomparse dedicata ai primi 3 giocatori del ranking Atp… Ovviamente esagero, ma visti i risultati dei tre nei recenti Master 1000 americani, l’idea non è cosi inverosimile. In due tornei nessuno è riuscito a raggiungere la semifinale, e se non fosse stato per l’autostrada trovata da Murray nel tabellone di Indian Wells, non ci sarebbe neanche una presenza nei quarti di finale. Come mai quelli che erano i principali favoriti di questi tornei sono crollati in questo modo? La spiegazione non è affatto facile, considerando che tutti e tre hanno sempre dimostrato di gradire le condizioni di entrambi gli eventi.
Il più deludente e quello con meno giustificazioni sembra Novak Djokovic. Di lui avevamo già detto quanto sembrasse in difficoltà già dall’inizio della stagione, nonostante il nuovo status di numero 2 del mondo. Il problema è che il serbo, nonostante non avesse brillato, era comunque riuscito a vincere Dubai, e si pensava che, come lo scorso anno, questa vittoria ottenuta senza giocare il suo miglior tennis, potesse dargli la fiducia necessaria. Negli States invece Nole è apparso ancora più in difficoltà. In crisi totale col servizio sembra aver perso lucidità anche nello scambio, e tutte le sue sicurezze paiono svanite. Forse la prospettiva di poter scalzare Federer dal trono dopo Roland Garross e Wimbledon (dove lui difende poco) lo deve aver gravato di una pressione che, al momento, non sembra in grado di sostenere. Dei top è quello che ha giocato di più dopo Melbourne, quindi questa pausa prima di Montecarlo potrebbe essergli utile per recuperare forze, condizione, e per lavorare sul servizio.
Andy Murray è sembrato un lontano parente di quel giocatore che la scorsa stagione giocò un tennis perfetto in questi due tornei (a parte la finale “ventosa” con Nadal a Indian Wells). Letteralmente surclassato da Soderling nei quarti in California, questa settimana ha ceduto nettamente al primo turno a Mardy Fish che mai lo aveva impensierito, e che inoltre non veniva dato in perfette condizioni fisiche. Lo scozzese è sembrato molto nervoso in campo e ancor più passivo nel gioco di quanto non sia abitualmente. L’idea è che in Australia fosse convinto veramente di vincere (le lacrime finali sono un indizio), e soprattutto non si sarebbe mai aspettato una “lezione” di quel genere nonostante stesse esprimendo il suo miglior tennis. Quella sconfitta deve aver lasciato il segno nella mente di Murray, che è sembrato molto (troppo) confuso, e nervoso. Per essere al meglio sull’odiata terra, dovrà tornare ad essere il giocatore solido e intelligente che abbiamo ammirato a Melbourne.
Molto delusi sono rimasti i fan di Roger Federer. Al rientro dopo il suo sedicesimo Slam, il numero 1 ha ceduto (presto) a due giocatori coi quali non aveva mai avuto problemi. Baghdatis gli aveva strappato solo due set nei sei precedenti, mentre Berdych dopo la sorpresa di Atene 2004, veniva da 8 sconfitte consecutive contro l’elvetico. Bisogna ricordare che Federer veniva da un’infezione polmonare che l’aveva costretto a saltare Dubai, ma non ci si sarebbe mai aspettato di vederlo perdere due match consecutivamente per 7-6 al terzo set avendo match point a favore in entrambi i casi. E’ curioso come quello che forse verrà ricordato come il più grande giocatore di tutti i tempi perda cosi tante partite (in rapporto ai pochi match che perde in generale) dopo essere stato a un punto dalla vittoria. Forse un eccesso di sicurezza in certe occasioni (il pasante sotto le gambe con Safin in Australia nel 2005), chi lo sa… L’impressione, che già si aveva avuto nelle scorse stagioni, è che il Re fatichi a trovare le giuste motivazioni in quei tornei che per lui oramai contano meno. Ha rinunciato anche a Monte-Carlo per il modesto 250 dell’Estoril, dimostrando quanto il Roland Garros sia il suo unico obiettivo per la stagione sul rosso. Chissà se riuscirà a stupirci nuovamente.
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