Il duro percorso per diventare arbitro internazionale. La scalata può durare anche 10 anni. Ci sono alcuni corsi dove vengono insegnate le regole più complicate. Ma si può anche essere bocciati…
La professione di arbitro richiede un notevole autocontrollo
Di Riccardo Bisti – 18 novembre 2013
Durante il Roland Garros, la stanza si trasforma in sala da pranzo per giornalisti. Nell’occasione, tuttavia, è il crocevia per il futuro di 35 aspiranti arbitri di tennis. Sono di età compresa tra i 23 e i 54 anni e provengono da 15 paesi. Buona parte di loro possiede già un lavoro oppure studia, tuttavia hanno passato gran parte del tempo a fare i giudici di linea, gli ufficiali di gara o qualsiasi altro ruolo legato al tennis. Alcuni di loro hanno l’ambizione di diventare giudici di sedia. Nell’immaginario collettivo, l’arbitro di sedia si limita al compitino. Le chiamate vengono effettuate dai giudici di linea, molto raramente intervengono in prima persona. E poi occhio di falco li ha ulteriormente de-responsabilizzati. “In realtà è un lavoro tutt’altro che facile – dice Carlos Ramos, istruttore di questo appuntamento parigino – si tratta di dover prendere, in una frazione di secondo, la decisione che riteniamo opportuna”. Diventare un giudice di sedia d’elite, di quelli che vediamo in TV, può richiedere fino a un decennio. Il corso in esame, tre giorni di full immerson, è l’ultimo di un lungo percorso. Gli istruttori pongono una serie di quesiti agli studenti: chiedono una valutazione su alcuni episodi del passato, naturalmente i più difficili. La valutazione si basa sulle loro risposte, sulle precedenti performance e su un esame finale. Capita che certi argomenti non siano mai toccati in partita, ma devono essere conosciuti. Ad esempio, i tennisti diabetici possono fare iniezioni di insulina durante una partita? (si, ma solo fuori dal campo). “Se non sapete queste cose, state certi che vi accadranno” recitano gli istruttori.
Il ruolo di ufficiale di gara è molto particolare. Gli arbitri più importanti girano il mondo insieme ai tennisti e hanno ruoli di primo piano, ma allo stesso tempo c'è il divieto di pranzare allo stesso tavolo di un giocatore perché potrebbero accusati di essere di parte. Vedono la partita dalla miglior postazione possibile, ma non possono godersela. Devono essere attenti su ogni singolo colpo e controllare che tutto vada per il verso giusto. Un bello stress. Il segreto è mostrarsi sicuri quando è il momento di giudicare una chiamata difficile. Annunciare il punteggio a gran voce può essere un aiuto. Una comunicazione chiara ed empatica con i giocatori è di primaria importanza. “I tennisti non devono pensare che l’avversario abbia una qualche influenza sulle chiamate – dice Ramos – per la gente è facile pensare che siamo arroganti. Siamo seduti lassù in cima, non è il punto ideale per intavolare una discussione”. Uno degli aspetti più delicati è quello di far rigiocare o meno il punto dopo una chiamata sbagliata. Spesso la chiamata non influenza il colpo, ma di solito si fa ripetere il punto. Ed è sbagliato. C’è poi da gestire il pubblico: tra i consigli più importanti c’è quello di annunciare il punteggio mentre viene applaudito un gran colpo. Difficilmente il pubblico può passare dagli applausi ai fischi. Uno degli arbitri più importanti dell’Era Open è stato lo svedese Lars Graff. Si è ritirato dopo 38 anni di lavoro e ha una visione “classica”: gli dà fastidio vedere i giovani arbitri navigare su internet piuttosto che osservare i match e il comportamento dei colleghi. A suo dire, la scarsa preparazione ha portato alcuni arbitri a salire sulla sedia senza sapere chi stesse giocando. Uno degli argomenti più sentiti dai giudici di sedia è la possibilità di andare in bagno durante il match. Non è esplicitamente vietato, ma non si fa una gran figura. Uno dei rarissimi casi nella storia recente è avvenuto durante Gaudenzi-Ivanisevic al Roland Garros 1994, quando il faentino approfittò dell’assenza dell’arbitro per salire sul seggiolone e auto-dichiararsi vincitore. La sua amicizia con Ivanisevic nacque allora. “Non bisogna andare al bagno troppo prima della partita, perché poi la durata non è prevedibile".
Oggi il lavoro è generalmente più semplice. Sono finiti i tempi dei McEnroe e dei Connors. I tennisti di oggi hanno un maggior rispetto per gli arbitri, forse perché consapevoli della loro scarsa influenza nell’esito di una partita. “Capita che ci sia una cattiva chiamata, ma in generale gli arbitri sono piuttosto bravi” ha detto Grigor Dimitrov. Tornando nell’aula del Roland Garros, quando i risultati sono pubblici vengono messi a disposizione di tutti, in modo da essere verificati da chi ha sbagliato. Capita spesso di vedere aspiranti arbitri in lacrime. Motivo? Chi viene bocciato dovrà aspettare due anni per iscriversi nuovamente, sebbene di solito ci siano un paio di corsi di questo tipo all’anno (l’anno prossimo saranno in Medio Oriente e in Europa). Secondo Ramos, i “bocciati” devono lavorare sulle loro debolezze e migliorarsi, magari affinando una seconda o una terza lingua in modo da poter comunicare con sempre più persone. La lingua è una delle cose più importanti. Il tennis “vive” in inglese, ma solo pochi dei presenti al corso erano di madrelingua inglese. La severità sembrava eccessiva, ma Lars Graff ha insistito: “Tre dei quattro Slam si giocano in paesi di lingua inglese”. Ciò che complica il lavoro è il frammentarsi di sigle. Se è vero che le regole del tennis sono uguali per tutti, esistono sottili differenze tra i regolamenti ATP, WTA e ITF. Basti pensare al divieto o meno del coaching, il tempo tra un punto e l’altro e tante altre sottilezze. Gli stessi istruttori hanno ammesso che alcuni casi di difficile interpretazione potrebbero cambiare da torneo in torneo. “In un mondo perfetto, ci sarebbe un unico libro regolamentare – ha detto Graff – ma putroppo non c’è ancora”. I nove aspiranti arbitri del corso parigino hanno ottenuto il “Bronze Badge”, terzo gradino nella scala degli arbitri. Le grandi partite possono essere arbitrate solo dai “Gold” e dai “Silver”. Anche i più bravi, dunque, erano piutosto lontani dalla notorietà. Molti di loro pensavano di tenere il tennis come un hobby o un secondo lavoro. Soltanto 40 persone riescono a svolgerlo come lavoro full-time, con un compenso di circa 4.000 euro a settimana più le spese. “Per lo studente è il lavoro perfetto” ha detto il giovane tedesco Philipp Schroeder, 24 ani, studente di diritto commerciale che ha trascorso 15 settimane in giro per il mondo. “La piramide si restringe presto – conclude Graff – più in alto si arriva, più arriva la solitudine”. Mica facile fare una scelta del genere.
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