Roberta si aggiudica una maratona contro la Suarez Navarro. Le eliminazioni di Kerber e Petrova le spalancano il tabellone verso una storica semifinale. A 30 anni, è un treno da non perdere.
Il dritto di Roberta Vinci raccontato da questa suggestiva immagine
Di Riccardo Bisti – 25 marzo 2013
Ogni tanto passano treni importanti. Bisogna essere bravi a saltarci su, perchè non è detto che ritornino. Roberta Vinci ha 30 anni e lo sa bene. Al Sony Open di Miami ha una chance clamorosa di arrivare in semifinale: sarebbe uno dei migliori risultati in carriera. Stiamo parlando di una ragazza (pardon, donna) che ha vinto sette titoli WTA, tre Fed Cup e vanta un quarto di finale Slam. Ma nessuna giocatrice italiana è mai andata così avanti a Miami. La strada è ancora lunga, ma è già segnata: per centrare l’impresa dovrà battere Alize Cornet (sconfitta due volte su due e uscita a pezzi dal match contro Lauren Davis) e, nei quarti, la vincente di Cirstea-Jankovic. Con la rumena non ci sono precedenti, mentre con la Jankovic è sotto 3-2 ma ha vinto le ultime due sfide, compresa la finale a Dallas. Ma sono numeri: stavolta sono le sensazioni a fare la differenza. Come quelle che le hanno permesso di battere Carla Suarez Navarro al termine di una dura battaglia, un match tipicamente femminile. Il circuito WTA offre decine di partite come questa: nessun filo logico, tanta umoralità e continui ribaltamenti di punteggio. Ciò che conta è che un ace abbia sigillato il 5-7 6-4 6-4 finale. Roberta era sollevata, sapeva che una vittoria avrebbe aperto scenari interessanti. Anche per questo è stata un po’ contratta nel primo set, in cui ha sciupato un mucchio di occasioni. “Ma ho cercato di rimanere concentrata” ha detto nell’intervista a caldo. Partita tipicamente femminile, dicevamo. Un tennis che si può odiare o amare. I detrattori sostengono che il livello sia mediocre e che alla fine vinca la meno peggio (o la più fortunata). Altri apprezzano emozioni e incertezze, mentre tra gli uomini basta un break per indirizzare una partita “E sai che noia”.
Di sicuro Vinci-Suarez Navarro è stata una bella partita, non soltanto perchè entrambe giocano il rovescio a una mano. Ci sono stati tanti errori, per carità. Ma si è visto un tennis tattico, ragionato, quasi delicato. Per questo l’intervento dei coach (Francesco Cinà per la Vinci, Marc Casabo per la Suarez Navarro) è stato importante, come se fosse una partita a scacchi. Entrambi dicevano alla propria assistita di non perdere l’iniziativa, di comandare lo scambio. Roberta con il dritto, Carla con uno splendido rovescio in top-spin, ancora più bello rispetto a qualche tempo fa. Adesso assomiglia a quello di Richard Gasquet. Ha vinto Roberta perchè è stata più brava a contenere i momenti di difficoltà. Nel secondo è salita 5-1, si è fatta riavvicinare fino al 5-4 ma è riuscita a chiudere. Ancora più brava nel terzo: sotto 2-0, ha vinto un eterno quarto game (ha avuto bisogno di otto vantaggi per intascarlo) e ha mostrato alla Suarez chi comanda quando il gioco si fa duro. Chiudere, tuttavia, non è stato facile: sul 5-3 si è trovata 0-40 e ha bruciato tre matchpoint consecutivi (slice in corridoio, risposta in rete, altro rovescio sul net). Sul 5-4 poteva succedere di tutto, invece ha tenuto il servizio con agio ed è piombata per la prima volta negli ottavi: in sei apparizioni, non era mai andata oltre il terzo turno.
Difficile trovare (ulteriori) parole per elogiare la crescita di Roberta, che a 30 anni è numero 15 in singolare e 1 in doppio. Ci sono due fattori-chiave. Il primo è coach Francesco Cinà, con cui si è creata una simbiosi quasi miracolosa. Il coach siciliano legge benissimo le partite. E’ un Mourinho, un Guardiola. Con Cinà accanto è impossibile sbagliare tattica. Il secondo riguarda la forza mentale. Roberta non “sbraca” più, fa sentire la sua presenza alle avversarie. E allora sognare è legittimo. Il traguardo si chiama top 10, laddove sono già arrivate Pennetta, Schiavone ed Errani. Purtroppo, al momento si tratta davvero di un sogno. Samantha Stosur, n. 10, le sta davanti di 1460 punti. Sono tantissimi. Per intenderci, la semifinale gliene regalerebbe 450 (a cui andrebbero sottratti gli 80 di Miami 2012). Insomma, la strada è lunga e (forse) impossibile. Non crediamo che Roberta impazzisca dietro i calcoli del computer. Ma senza pensarci troppo può ottenere il best ranking e avvicinarsi all’obiettivo. E poi, chissà. Ma l’occasone va sfruttata: dopo il forfait della Azarenka, è già fuori anche Angelique Kerber, l’altra favorita dello spicchio. Considerando l’eliminazione della Petrova (per mano della Jankovic), la Vinci è la giocatrice di più alta classifica rimasta in gara sulla via delle semifinali. Già: la semifinale non è una speranza sciovinista, ma un pronostico concreto e razionale.
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