L’ITF aveva rifiutato Cagliari come sede di Italia-Russia, ma accoglie il ricorso FIT. Il 2-3 novembre si giocherà nella città del Presidente. Ma è la certificazione che la Fed Cup è un evento di Serie B.
Angelo Binaghi ha esposto le proprie tesi al Board ITF riunitosi a Parigi
(Foto Monique Filippella)
Di Riccardo Bisti – 9 luglio 2013
La decisione ITF di accettare Cagliari come sede per la finale di Fed Cup è una vittoria della FIT. Negli ultimi 30 giorni la vicenda è passata sottotraccia, ma il 9 luglio 2013 potrebbe essere uno spartiacque nella storia della Fed Cup. La Federazione Internazionale, infatti, accogliendo il ricorso della FIT ha contravvenuto le sue stesse regole, che impongono lo svolgimento della finale in una “Major City” del paese ospitante. La città di Cagliari, lasciando perdere l’area metropolitana (che gonfia a dismisura il numero di abitanti), è la 26esima città italiana per popolazione. Ricostruiamo la vicenda: Scartata l’ipotesi di giocare indoor (per scelta, in verità discutibile, delle giocatrici), diverse città con i giusti requisiti “climatici” hanno avanzato la candidatura. Oltre a Cagliari, erano in lizza Palermo, Napoli, Reggio Calabria e Bari. Ma l’offerta cagliaritana ha convinto il Consiglio Federale, che nella riunione di sabato 18 maggio ha scelto il capoluogo sardo. Lo ha confermato lo stesso Binaghi in un passaggio della conferenza stampa di fine Internazionali d’Italia. In un nostro articolo dello scorso 16 maggio, scrivemmo che l’ITF avrebbe dovuto valutare soprattutto i requisiti di “Major City”. E così è stato. Lo scorso 30 maggio, da Londra è arrivato il diniego: “Cari italiani, Cagliari non va bene, trovatevi un’altra città che rispetti i requisiti”. La risposta era stringata e tranciante: “Il Comitato di Fed Cup non trova alcuna ragione per supportare l’appello della FIT perché la città di Cagliari non rientra nei regolamenti previsti per la città ospitante”. Tuttavia, non era spiegato quali fossero le mancanze di Cagliari.
E allora la FIT ha presentato un appello, accolto nella riunione parigina del 9 luglio. L’appello citava il censimento del 2011, in cui Cagliari risulterebbe avere 425.000 abitanti nella sua area metropolitana (in realtà, il comune ne ha circa 150.000) ed è dotata di un buon aeroporto internazionale. Il Mario Mameli di Elmas ha circa 40 destinazioni internazionali (nessuna intercontinentale, a dire il vero) tra cui Mosca, fondamentale perché giocheremo contro la Russia. Nel suo appello, la FIT ha fatto notare come Cagliari faccia parte delle quindici “Città Metropolitane” del nostro paese, stabilite dal Parlamento sulla base di un decreto legge tramutato in legge lo scorso 7 agosto (legge n. 135/2012). Tali argomentazioni, evidentemente, hanno convinto l’ITF ad accettare il ricorso e andare contro i propri regolamenti. Al di là dei cavilli legali e regolamentari, che la FIT ha fatto bene a perseguire, è evidente che Cagliari non sia una “Major City”, così come non la era Castellaneta Marina, che, dopo un paio di deroghe per incontri precedenti, fu rifiutata come sede della semifinale del 2010 contro la Repubblica Ceca (che poi si giocò a Roma). Al contrario, la finale del 2009 si giocò a Reggio Calabria (19esima città italiana), ma il concetto di “Major City” non era ancora sentito come oggi. La scelta dell’ITF fornisce un paio di considerazioni: in primis, la “morbidezza” di un’ente, la Federazione Internazionale, che quasi mai impone le proprie norme e concede deroghe con grande facilità. Come abbiamo visto, l’Italia ha spesso beneficiato di aiuti in questo senso. Che influisca la presenza di un presidente italiano negli uffici londinesi? In secundis, viene certificato lo status della Fed Cup come evento di “Serie B”. Spiace dirlo, perché alla Davis femminile sono legate splendide pagine del nostro tennis, ma se fosse un evento davvero sentito pensate che l’ITF avrebbe ceduto così facilmente? O che la stessa FIT avrebbe proposto la 26esima città italiana per numero di abitanti? Davvero Cagliari potrebbe essere candidata come città ospitante di un’eventuale finale di Coppa Davis?
Non sappiamo se sia giusto o sbagliato, ma è un dato di fatto che le Amministrazioni Comunali delle grandi città non abbiamo mostrato alcun interesse per la finale di Fed Cup. Lo scorso aprile, Binaghi aveva strizzato l’occhio a Milano, ma non sono arrivati riscontri (come non erano arrivati per lo spareggio di Davis contro il Cile dello scorso settembre). Eppure Milano si è aggiudicata le Final Four dell’Eurolega di basket, peraltro con poche possibilità che ci sia una squadra italiana. Al contrario, la Fed Cup con Errani, Vinci, Pennetta e Schiavone non ha destato chissà quale interesse. In uno scenario così desolante, l’intervento di Cagliari è salvifico. Angelo Binaghi si è interessato personalmente alla vicenda ed è arrivato un importante supporto politico: la Regione Sardegna, presieduta da Ugo Cappellacci, ha deliberato un importante contributo. Anche il Consiglio Comunale, guidato dal sindaco Massimo Zedda, ha appoggiato la candidatura. Gli stanziamenti sardi saranno fondamentali per coprire un investimento che non dovrebbe essere inferiore ai 400-500.000 euro, spesa che nessun imprenditore privato potrebbe sostenere, anche perché ipotizzando un tutto esaurito (sarà allestito, per regolamento, un impianto in grado di ospitare 5.000 spettatori) è pressochè impossibile pensare a un ritorno economico. A meno che gli sponsor non intervengano pesantemente. Questa storia ha certificato lo scarso appeal della Fed Cup, che prova a darsi un tono da grande manifestazione senza esserlo. La norma della “Major City” per una finale è sbagliata, perché presuppone che l’evento abbia un interesse su scala globale, con un pubblico interessato a partecipare da tutto il mondo. La realtà è che Italia-Russia interesserà soltando due nazioni. Come qualsiasi finale avrebbe interessato i soli paesi coinvolti. Forse l’ITF dovrebbe prenderne atto e creare regole meno rigide per le finali. Chissà che il “Caso Cagliari” non cambi le prospettive. Sarebbe ora.
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