Claudio Pistolesi scrive per noi e ci racconta la geopolitica dal tennis: dagli enti che lo governano alle questioni economiche, passando per il ruolo dei coach e il sempre verde tema dei calendari.

 
     
      
Di Claudio Pistolesi – 6 agosto 2014

Quello del tennis è un mondo affascinante, pieno di sfaccettature. Dalla mia posizione privilegiata di reppresentante dei coach nell’ATP Council (ruolo che ricoprirò fino al 2016), mi piacerebbe svelare alcuni retroscena e spiegare come funziona e come è organizzato il tennis moderno. Questo articolo è frutto di una bella chiacchierata che ho avuto con Marco Mazzoni presso la sala stampa di Roland Garros: lo ringrazio, perchè parlando con lui mi sono reso conto che non sempre il grande pubblico conosce certi meccanismi. Prima di tutto, penso sia importante far chiarezza sulla struttura attuale. Ci sono vari enti che gestiscono il nostro sport, ed il più importante è l'ATP (l'Associazione dei professionisti del tennis, giocatori e tornei), mentre la WTA è l'equivalente nel circuito femminile. Sono gli inventori e proprietari della classifica, utilizzata per aver diritto a giocare nei due tour, ma anche a livello ITF e nei Grand Slam. Fino a 3-4 anni fa l'ITF gestiva i Grand Slam, Coppa Davis, Fed Cup, le Olimpiadi ed i tornei Futures, il primo gradino per prendere i primi punti ATP, e tra le donne i Challenger che arrivano fino a 100.000 dollari di montepremi. Da qualche anno, tuttavia, i tornei del Grande Slam sono diventati piuttosto indipendenti. Vista la loro forza, hanno creato un’entità che tutela gli interessi dei Major. A proposito degli Slam, mi fa piacere sottolineare una grande conquista per i giocatori fatta con una trattativa svolta circa un anno e mezzo fa tra il Player Council dell'ATP, insieme al Player Board e al Grand Slam Committee. L'Australian Open aumentò drasticamente il suo prize money, seguito a ruota dall'Open degli Stati Uniti, che lo elevò in misura ancora maggiore. Gli altri si sono poi adeguati. E’ stato un enorme salto di qualità per i diritti dei tennisti, almeno quelli che giocano gli Slam in tabellone: disputando quattro primi turni (anche perdendoli tutti) riescono a portare a casa circa 100 mila dollari in un anno, molto di più di una buona base di partenza, senza contare il sostanzioso prize money per chi gioca anche il doppio.

AL LAVORO PER I CHALLENGER
Ma c’è di più. Secondo gli accordi, la fetta di guadagno per i giocatori è destinata a salire: partendo da circa il 12% degli introiti globali di alcuni anni fa, si salirà fino quasi al 30%. Mi pare una novità giusta, anche se tardiva, poiché i protagonisti sono i tennisti. Il pubblico e gli sponsor si muovono grazie a loro, ed è quindi giusto che una parte consistente degli enormi utili degli Slam vada ai giocatori e non solo alle federazioni e all'ITF. Il salto di qualità è stato particolarmente sostanzioso per le donne: tempo fa, la numero 70 WTA non aveva chissà quale sicurezza economica. Oggi va molto meglio. Direi che le donne hanno beneficiato del grande lavoro svolto dall'ATP, visto che per le leggi USA i prize money devono essere uguali tra uomini e donne (giusto, a mio parere). Grazie al lavoro svolto dal consiglio dell'ATP, dunque, tutti i primi 100 del mondo (uomini e donne) vivono molto meglio di prima. Passando ai tornei minori, i Challenger e i Futures, posso dire che per l'area dei Challenger qualcosa si sta muovendo. Grazie al lavoro di Chris Kermode (nuovo CEO ATP dopo la dolorosa scomparsa di Brad Drewett) l'ATP ha elevato i montepremi dei nuovi tornei: da un minimo di 35.000 dollari, siamo passati a 50.000. Montepremi inferiori sono accettati solo per i tornei già esistenti. E’ un primo passo. Posso assicurare che c’è attenzione su questo aspetto e nuove energie saranno investite sl miglioramento del circuito Challenger.

PRIZE MONEY: CI VUOLE UN LIMITE
Colgo l'occasione per spiegare le complessità per arrivare ad un accordo tra le parti in causa. L'ATP, infatti, è formata dai giocatori e dai tornei; per questo è macchinoso arrivare ad un accordo poiché su certi aspetti (come le percentuali dei proventi, ad esempio) possono esserci interessi divergenti. Nel 1990 infatti le due parti erano contrapposte. Il grandissimo salto di qualità dell'ATP Tour (come si chiama oggi) deriva dal fatto di aver messo tutti gli interessi insieme nel Board (una specie di Consiglio d’Amministrazione), formato da 3 rappresentanti dei giocatori, 3 dei tornei ed il Presidente, per un totale di 7 elementi. A sua volta il Board dei giocatori prende consiglio dal Council, mentre il Board dei tornei prende forma dal Council interno ai vari tornei. Quando si muove qualcosa, dunque, va sempre considerato ogni aspetto e tenuta presente l'esistenza di una controparte. Non è facile mettere tutti d'accordo, serve un grande lavoro politico, spesso molto complicato. Una delle problematiche è proprio sul cosiddetto “taglio”, ossia a quale livello è corretto che un giocatore abbia prize money e mezzi di sostentamento per andare avanti nella vita professionistica. Ci sono le rivendicazioni dei giocatori, ma pensiamo al calendario settimanale dei tornei ITF: ogni settimana si giocano da 7 a 10 tornei Futures, che coinvolgono dai 500 ai 700 giocatori (doppio compreso). Credo che in questo mondo non ci sia un livello sufficientemente alto da giustificare un aumento dei montepremi. Ovviamente capita che ci siano giocatori di altissimo livello: quest'anno c'è stato Filip Krajinovic, senza dimenticare Jerzy Janowicz, che parti dai Futures con 10.000 dollari di montepremi per poi raggiungere la semifinale a Wimbledon! In media, tuttavia, per molti di questi giocatori è già un premio il poter competere per ottenere punti ATP e salire in classifica. Ritengo sia corretto stabilire un limite, altrimenti potrebbe esserci un effetto a cascata che dai Challenger va ai Futures, e poi magari estendersi a chi fa solo le qualificazioni dei Futures. In quel modo non se ne uscirebbe più. E' necessario che un giocatore possieda un livello tale da giocare i Challenger e raggiungere una posizione intorno al n. 250 ATP, in modo da provare le qualificazioni negli Slam ed entrare quindi in contatto col tennis del massimo livello. Teoricamente può passare le qualificazioni e sfidare Federer al primo turno. Quando raggiungi un livello tecnico ed agonistico del genere, a mio parere è giusto che tu possa avere i mezzi per andare avanti; se vivi intorno al numero 400-600 della classifica devi lottare per crescere e per raggiungere una posizione intorno al 250; se stai più in basso non lo reputo corretto. In altre parole, credo che un giocatore meriti un prize money che gli permetta di autofinanziarsi quando raggiunge una classifica tale da competere nei Challenger. Per chi vive con un classifica inferiore è corretto che il suo premio siano i punti ATP, una specie di “passaporto” per provare a giocare i Challenger. Se hai qualità e vinci qualche Futures, già ottieni una classifica che ti permette di fare le qualificazioni nei Challenger. Un'altra idea interessante potrebbe essere quella di ridurre i tabelloni dei Futures da 32 a 16 giocatori: in questo modo, il prize money sarebbe automaticamente raddoppiato. Altrimenti, mi piace l’idea espressa da Gianluca Naso: abolire il prize money e garantire l’ospitalità.
 
 
COACH E COACHING
C’è una cosa di cui vado particolarmente orgoglioso. Ho creato una cosa totalmente nuova: una lista dei coach, reperibile sul sito ATP, ossia l'elenco degli allenatori riconosciuti dall'Associazione Giocatori. Sono quelli che hanno diritto al voto e possono portare proposte al Council. Il mio presidente è stato per 4 anni Roger Federer: ci si confronta su tutti i temi relativi ai problemi tra giocatore e allenatore. Ultimamente si è parlato molto del coaching, aspetto a cui Roger è molto interessato. A proposito del coaching, uno degli aspetti più dibattuti è l’opportunità di parlare con i giocatori durante la partita. Attualmente è concesso tra le donne e non tra gli uomini, anche se sul finire degli anni 90 ci fu una breve sperimentazione. Personalmente ritengo che il coaching in campo abbia vantaggi e svantaggi. Il vantaggio deriva dal poter aiutare chi è in svantaggio, ma anche dare sicurezza alla giocatrice che è avanti nel punteggio ma è nervosa. Tuttavia andrebbe migliorato: ad esempio, nella WTA non esiste una lista di coach come quella ATP. La vicenda è delicata perché il coaching viene ripreso dalla TV con un microfono a bordo campo, il tutto in diretta. E' una certa responsabilità e forse sarebbe opportuno creare una lista analoga. Francamente non so cosa ne pensi la WTA. In campo maschile, per ora, le regole sanciscono che un coach non può comunicare né verbalmente né visivamente col giocatore; tuttavia, mi domando come il giudice di sedia possa osservare entrambi gli angoli in contemporanea. C’è poi il problema della lingua: come si fa a stabilire se un coach cinese sta parlando col suo assistito o sta solo parlando al suo vicino di sedia? Per non parlare della gestualità, dove le interpretazioni sono ancora più soggettive. Anni fa, quando allenavo Takao Suzuki, feci un grosso respiro per suggerirgli di rilassarsi e tirare fuori tutta l'aria prima di servire, e arrivò il warning. Per “respiro abusivo”, capite? E Takao si innervosì parecchio. In effetti stavo suggerendo al giocatore, ma è paradossale perché avrei potuto farlo senza alcun intento. Quindi, per un arbitro, è molto complicato intepretare le varie situazioni. Ultimamente i giudici di sedia sono diventati molto tolleranti, intervenendo solo quando la violazione è palese. Sono certo che gli arbitri sarebbero molto contenti se il coaching fosse regolato con più precisione.
 
 
UN EQUILIBRIO CHE FUNZIONA
Uno degli argomenti più dibattuti in Consiglio è il calendario. E’ normale che sia così. L'Associazione lavora al meglio ogni settimana, lo posso testimoniare in prima persona, per cercare di mediare tra le esigenze dei tornei e quelle dei giocatori. Come detto, non sempre le posizioni coincidono. C'è un importante lavoro diplomatico per avvicinare gli interessi delle parti e trovare il miglior compromesso possibile, grazie anche al lavoro di bravi dirigenti come Giorgio Di Palermo, secondo me di gran lunga il miglior dirigente italiano di tennis e uno dei migliori al mondo. Di recente è stato deciso di inserire una settimana in più sull'erba, ed è una conquista fantastica. Spostare Wimbledon sembrava un'utopia, invece il Council ha lavorato con il Board e ci siamo riusciti. Sono molto fiducioso per il futuro. Uno dei problemi “storici” è la posizione di Indian Wells e Miami, collocati in un momento particolare del calendario. I giocatori restano in America per un mese, ma è difficilissimo intervenire quando si incrociano accordi televisivi con altri sport. Su questo e moltissime altre cose si sta lavorando, cercando di tutelare le varie esigenze. Non facile trovare un equilibrio tra tutti questi interessi in ballo, eppure il mondo del tennis continua a crescere. Mi piace sottolineare la democrazia ed il grande lavoro svolto da tutte le componenti attive nel mondo del tennis per trovare un equilibro e far crescere e migliorare il movimento. Ad esempio, la combinazione tra giocatori e tornei e l'esistenza di una classifica mondiale. Non è come in altre discipline individuali – come il nuoto o l'atletica – in cui devi essere nominato da una federazione per poter competere alle Olimpiadi. Il tennis, grazie alle classifiche ATP e WTA, è uno sport molto democratico, che fornisce a tutti una chance di farsi valere ed emergere facendo tutto da soli. L'ATP ha una storia bellissima che tutti dovrebbero conoscere: è nata dal famoso boicottaggio a Wimbledon del 1973 a favore di Pilic, ma soprattutto pensando alle future generazioni, per creare un movimento che fosse indipendente dalla volontà dei dirigenti dilettanti. Ovviamente ci sono ancora problemi, cose da migliorare e aspetti che scontentano, ma l'equilibrio attuale è molto positivo. Lo dimostra la crescita del tennis, l'interesse intorno al nostro sport e l’enorme numero di appassionati che frequenta i tornei. Quasi ogni anno gli Slam e i Masters 1000 battono i propri record: è il frutto di un mondo non perfetto ma che attrae e muove grande passione. Dopo la generazione dei Federer, Nadal, Djokovic e Murray, per il futuro prossimo già spingono i vari Nishikori, Dimitrov, Raonic, Kyrgios, Coric, Zverev e chissà quanti altri. Sono certo che il tennis Pro dell'ATP e della WTA sarà sempre più in salute, nonchè esempio per gli altri sport in virtù della sua autodeterminazione.