La maggiore delle sorelle Williams cala il tris. Batte Lindsay Davenport al termine della finale più lunga di sempre e diventa la prima giocatrice dal 1935 ad alzare il Rosewater Dish annullando un match point… di GIORGIO GIOSUE’ PERRI

di Giorgio Giosuè Perri – foto Getty Images

 

Storie intrecciate e destini segnati. E’ l’alba di un nuovo giorno a Church Road, l’estate del 2005 ha abbracciato le nuove stelle, ha consolato le vecchie conoscenze e l'ultimo atto del torneo si prepara a diventare storico. In campo ci sono Venus Williams e Lindsay Davenport. Da una parte c’è la testa di serie numero 14 del torneo, la giocatrice che tra il 2000 e il 2001 si è sbarazzata di tutta la concorrenza costruendo una doppietta storica, dall’altro lato c’è la numero uno del mondo. La stessa che è ritornata sul gradino più alto del ranking pur senza vincere uno Slam, la stessa che contro la più grande delle sorelle Williams non ha mai vinto sui prati londinesi.

 

La storia non cambia. Nella finale più lunga della storia, che si conclude con il punteggio di 4-6 7-6 9-7, Venus diventa la prima giocatrice dal 1935 ad alzare il Rosewater Dish dopo aver annullato un match point e anche la più bassa testa di serie a trionfare alla fine di due settimane estenuanti. Perché non è un successo semplice, in nessun caso. In semifinale batte la campionessa in carica, Maria Sharapova, vendicando la sconfitta a Miami di qualche mese prima e quella della sorella l’anno precedente. Serena, nel 2005, esce al terzo turno per mano di Jill Craybas. Ha vissuto un anno piuttosto travagliato, ha forzato i tempi di recupero e nel match che è costretta a giocare sul Campo 2, meglio conosciuto come il Cimitero dei Campioni, spreca l’inimmaginabile e malgrado gli sforzi perde in due set. Ma il suo torneo, in un certo senso, continua: seguire la sorella con la stessa passione che mostra in campo, la riempie di consigli, la aiuta in qualsiasi circostanza.

 

Davenport, che proprio un anno prima della finale meditava il ritiro, ritrova se stessa nel momento più importante della stagione. L’ultimo Slam risale al 2000, a Melbourne, ma la concentrazione con la quale inizia l’incontro è strabiliante. Si fa recuperare uno dei due break che ottiene in apertura, eppure con freddezza chiude la prima frazione 6-4. Il secondo set è diverso, più lottato, più nervoso. La chiamata sulla prima di servizio che porta Venus sul 5-4 è decisiva, perchè la palla è fuori di almeno dieci centimetri, ma all’out del giudice di linea segue l’over-rule dell’arbitro: inizia definitivamente la bufera. Lindsay, nel game successivo, commette il doppio fallo che consente a Venus di andare anche sul set point, lo cancella con autorità grazie ad un servizio vincente, poi al tie break non fa nemmeno un punto.

 

La terza frazione è una lotteria. Il primo break lo mette a segno la Davenport, ma sul 4-2 40-15 spegne un attimo la luce e viene nuovamente travolta dall’avversaria. Richiede un medical time out per un piccolo fastidio alla schiena, ma al rientro ha un match point. Venus prende un bel respiro e, grazie ad un dritto vincente, annulla la possibilità alla numero uno del mondo con tanto coraggio. Si entra in una lotta senza esclusioni di colpi ed è proprio la testa di serie numero 14 ad ottenere il break decisivo esattamente cinque giochi dopo. Sul 40-15 commette un doppio fallo, immediatamente dopo sfrutta un errore di dritto della Davenport che affossa in rete un facile dritto. Il tris è servito, la storia è scritta.