A suon di missili e corse da libellula, Camila Giorgi domina fino al 6-4 5-3 contro la Williams. Ma il motore si inceppa sul più bello e il muletto non è all’altezza. Negli ottavi ci va l’americana, straordinario esempio di umiltà.

Di Riccardo Bisti – 24 gennaio 2015

 
Chi avesse visto per la prima volta Camila Giorgi nella fornace del mezzodì australiano, sarà rimasto folgorato. Contro una grande Venus Williams, tornata a ottimi livelli nonostante 34 anni e una malattia sul groppone, l’italoargentina ha infilato una prestazione maiuscola fino a due punti dalla vittoria. 6-4, 5-3, pugnetto e sorrisino in tasca. Poi, però, la donna del 1980 ha fatto valere classe ed esperienza contro la ragazza del 1991. Chi non conoscesse Camila, la sua storia e il suo vissuto, avrà pensato al classico match della giovane promessa che si è sciolta a due passi dal successo. Facile spiegare così il 4-6 7-6 6-1 finale. “Crescerà, magari tra qualche anno non perderà partite come questa”. Il discorso è un tantino più complesso. Camila sa essere straordinaria, esprime un tennis che non si è mai visto nella storia del gioco. Eppure non è un problema di strategia o di testa, e nemmeno di maturità. Lei gioca tutti i punti allo stesso modo. A volte è un vantaggio: la memoria corta, nel tennis, è una gran cosa. In questo, Camila ricorda proprio le sorelle Williams: perso un punto, gioca il successivo come se nulla fosse. Una dote che le farà vincere qualche partita, ma anche perderne altre. Perchè a volte, nel tennis, bisogna pensare. E il software della Giorgi, a 23 anni e 1 mese, non è ancora programmato per ragionare in base all’avversaria. Si chiama Kurumi Nara? Flavia Pennetta? Tereza Smitkova? Venus Williams? Non importa. Per lei è tutto uguale. Ma non è tutto uguale. Altrimenti, quando è andata a servire per il match sul 6-4 5-4, avrebbe chiuso come le era riuscito 48 ore prima contro la Smitkova. Invece ha incassato un terribile parziale di 11 punti a 2. Soltanto il suo funambolismo le ha permesso di rifugiarsi nel tie-break, ma lo ha perso perchè di fronte aveva una giocatrice pensante, dotata di classe immensa.
 
VENUS VA AL TAPPETO, MA SI RIALZA
Fosse stato un match di boxe, nonostante gli oltre 20 centimetri a favore di Venus, l’americana sarebbe andata al tappeto alla quarta o quinta ripresa. La Giorgi è più forte e completa rispetto all’anno scorso. E’ rimasto il problema dei doppi falli, ma cosa ci si può attendere da chi tira la seconda appena 10 km/h più lenta della prima? Semmai gioca meglio la volèe e, soprattutto, è più regolare con il dritto, pur non avendo modificato l'impostazione: bum, bum, bum. In passato, consapevoli che era meglio lasciar stare il rovescio, le avversarie la martellavano da quella parte e i regali arrivavano. Adesso, invece, per battere la Giorgi bisogna affidarsi a una generale discontinuità e mettere la palla più profonda possibile. C'è riuscita Venus, che pure a metà del secondo set sembrava morta, incapace di reagire. Dopo aver prodotto il massimo sforzo per acciuffare il 3-3 (sul 3-2 Giorgi si è trovata 0-40 in risposta, ma ha perso il game), ha iniziato a ciondolare per il campo, come se l’arbitro la stesse “contando” in attesa di decretare il KO. Nel settimo game, Camila si è trovata 0-40 e sul 5-2 sarebbe stata irraggiungibile. Sarebbero bastati un paio di punti a tre quarti di velocità. Invece, in qualche modo, Venus è rimasta a galla e con l’umiltà della campionessa ha ripreso per i capelli un match che sembrava perso. E torna negli ottavi di uno Slam dopo tre anni e mezzo (Wimbledon 2011). Nel tie-break, Venus è stata superba. Un dritto in corsa in avvio ha fatto capire che aria tirava. Aiutata da un doppio fallo della Giorgi, sul 5-3 ha commesso un fallo di piede sulla prima palla ma poi ha trovato una seconda da urlo. A proposito di “memoria corta”…
 
TERRITORI INESPLORATI
Perso il set, la Giorgi avrebbe dovuto riflettere. “Ok, siamo un set pari. Ma lei è più stanca di me, corre meno, ha meno soluzioni e sulla sua seconda palla faccio quello che voglio”. C’erano sufficienti ragioni per continuare a sperare. Invece ha perso 6-1, aumentando gli errori in misura esponenziale. Avrebbe potuto finire 6-0 se la Giorgi non avesse vinto un eterno terzo game, durato 28 punti e in cui ha cancellato otto palle break. Venus non si è scomposta e ha continuato a crescere, giocando un paio di punti strepitosi per il break del 4-1. Nel terzo set, al netto dei doppi falli, Venus ha letto sempre meglio il servizio della Giorgi. E ha trasformato il match di pugilato in una gara di ciclismo. Non c’è stata l’emozione della volata. E’ arrivata a braccia alzate, con un vigoroso sorriso. Una vittoria straordinaria: poche giocatrici, nei primi due set, avrebbero contenuto l’onda d’urto della Giorgi. Ma Venus, “Sovrana dell’Universo”, come cantava Wyclef Jean nella canzone a lei dedicata, ha tenuto duro con l’umiltà dei grandi campioni. E non si è distratta neanche un momento nel terzo set. Non era mica facile, quando i raggi di sole avrebbero potuto mandarla arrosto. E alla fine rideva, rideva, rideva. Si è lasciata condurre dalla musica dance sparata dalle casse della Margaret Court Arena. Una vittoria meritata: da una parte c’era una campionessa, dall’altra un’aspirante. Per diventare una grande a tutti gli effetti, la Giorgi dovrà capire (o dovranno farle capire…) che il tennis contiene territori nuovi, per lei ancora inesplorati. Se e quando lo farà, i suoi terrificanti rovesci vincenti, insieme ai dritti colpiti sopra l’altezza della testa, avranno un peso specifico ancora maggiore. E le avversarie andranno giù al primo round. Per ora non è così.