A San Paolo continua il sogno di Luca Vanni, in semifinale dopo il doppio 7-6 a Dusan Lajovic. Un risultato meritatissimo, per un ragazzo d’oro che a 18 anni navigava in terza categoria, poi ha deciso di fare sul serio, superando una lunga serie di infortuni.A 18 anni, mentre il coetaneo Simone Bolelli si faceva già notare a livello internazionale, Luca Vanni era un modesto terza categoria. Frequentava la scuola pubblica nella sua Foiano della Chiana, 9400 anime in provincia di Arezzo, a quattro passi dal Senese, e si divertiva nei tornei di provincia, con ben poche ambizioni. È lui il primo a dirlo, senza mezzi termini: “da giovane ero negato”. Non è un caso che da juniores non abbia giocato alcun torneo internazionale. Niente Bonfiglio, nemmeno i tanti appuntamenti under 18 nella sua Toscana, niente. Ma intorno ai 21 anni è cambiato tutto. Una repentina crescita tennistica l’ha spinto a provarci sul serio, anche se ha dovuto ripetutamente combattere con un infortunio dopo l’altro, sempre a quelle ginocchia che proprio non ne volevano sapere di sostenere i suoi 198 centimetri. Ma ha tenuto duro. Il merito è di un ambiente sereno e di papà Luciano, ex pallavolista che ha militato anche in Serie A2: l’ha lasciato crescere senza pressioni, sostenendolo in ogni sua scelta. “Mi assicurava che prima o poi avrei ripreso tutti” raccontava Luca alla fine del suo splendido 2014, ed ora eccolo lì, per la prima volta in semifinale a un ATP 250 a 29 anni, dopo la vittoria per 7-6 7-6 sul serbo Dusan Lajovic a San Paolo. In Brasile, Vanni ha superato le qualificazioni con tre belle vittorie, le dea bendata gli ha strizzato l’occhiolino permettendogli di partire dal secondo turno al posto dell’assente Feliciano Lopez, e lui non si è accontentato. Battendo Thiemo De Bakker ha vinto il primo match in carriera nel Tour maggiore e si è preso i quarti di finale, celebrati da un video sul profilo Instagram ufficiale dell’ATP, battendo Lajovic è entrato fra i migliori quattro del torneo. In un colpo solo ha raccolto 102 punti ATP e centrato il più bel risultato di una carriera ancora da scrivere, ma che la sfortuna ha provato a rallentare più volte. Prima da giovane, poi all’inizio del 2013. L’anno precedente aveva ottenuto i primi risultati a livello Challenger, entrando fra i primi 300 del mondo, ma a febbraio il ginocchio ha fatto crack, di nuovo. Operazione, quattro mesi di stop e tutto da rifare, a quasi 28 anni, senza garanzie. Ci ha riprovato un’altra volta, ma al rientro ha faticato parecchio nei Futures. Sembrava la fine, invece è diventata l’alba di un nuovo inizio, ricco di soddisfazioni inimmaginabili. In cinese la parola crisi si scrive con due caratteri: uno significa rovina, l’altro opportunità. Vanni ha scelto il secondo, vincendo la sua personale battaglia col destino.
UNA SCALATA IMPRESSIONANTE
A gennaio del 2014 era numero 834 del mondo, poi una stagione da sogno, con sette titoli ITF in pochi mesi e una finale Challenger in Asia (per un totale di oltre 160 partite fra singolare, doppio e gare a squadre) l’ha proiettato intorno alla 150esima posizione. È entrato nel giro delle qualificazioni dei tornei del Grande Slam, iniziando a respirare l’aria del vero tennis, e ci ha preso gusto. Il resto è storia recente. Avrebbe potuto provare a difendere i risultati dello scorso anno giocando i Challenger in Europa, sul veloce, vicino a casa. Invece no. Dopo la trasferta australiana è partito con grandi ambizioni alla volta del Sudamerica, per tre tornei ATP: Quito, San Paolo e Rio De Janeiro, tutti sulla terra, dove le articolazioni (già, le maledette articolazioni) soffrono meno. In Ecuador è uscito di scena al primo turno (proprio contro Dusan Lajovic), mentre al terzo appuntamento dovrà rinunciare, ma ne sarà ben contento. Invece che disputare le qualificazioni del Rio Open, sabato giocherà la sua prima semifinale ATP, contro l’idolo di casa Joao Souza, che avrà tutto il pubblico dalla sua parte. Comunque andrà, Luca ha la certezza di un posto fra i primi 120 giocatori del mondo, a un centinaio di punti dall’èlite. Quei top 100 che ha sempre guardato in televisione, e nei periodi bui parevano lontani anni luce. Ora lo sono molto meno, e l’esempio da seguire ce l’ha poco lontano da casa: Paolo Lorenzi, toscano come lui, arrivato in alto quando nessuno se lo sarebbe aspettato. Se poi ci aggiungiamo che l’unica finale in carriera Lorenzi l’ha colta al Brasil Open, gli indizi iniziano a diventare prove. Dovesse farcela anche Vanni, sarebbe il meritato coronamento dei sogni di una vita, per il gigante buono col sorriso sincero e una simpatia contagiosa, che conosce a memoria nomi e cognomi di tutti i colleghi, anche di quelli sconosciuti pure ai ‘malati’ dei tornei minori, e se ordina un piatto di patatine fritte non rinuncia alla maionese. Ma poi in campo lavora come pochi. Lo sanno bene al Tennis Training Villa Candida di Foligno (Perugia), dove coach Fabio Gorietti lo sta guidando verso traguardi sempre più lontani, mentre il compagno d’allenamenti Thomas Fabbiano ne applaude una crescita incredibile. Fino a qualche tempo fa era lui il più forte dei due, poi il discorso si è invertito, e ora è il pugliese a dover rincorrere. Conoscendo il bel rapporto di stima reciproca che li lega, gli dispiacerà fino a un certo punto.
IL TRIONFO DELLA SERENITÀ
L’ascesa di Vanni è il successo di un ambiente sereno e produttivo, con gli stessi punti fermi da anni: i genitori, la sorella Sara, bancaria che conosce a menadito ogni impegno del fratello, e la fidanzata Francesca. “La donna del mio futuro”, studentessa di Economia che ne comprende gli impegni e lo appoggia col sorriso, diventato sempre più grande col passare dei giorni, sino all’esplosione di gioia dopo il successo odierno. Contro Lajovic, Vanni si è preso una vittoria da giocatore vero, capace di sfruttare a pieno le proprie qualità. Ha fatto bene ciò che doveva fare, servendo alla grande e giocando il più profondo possibile, per evitare che il rivale prendesse in mano le redini dello scambio. Troppi spostamenti, per un giocatore della sua stazza, avrebbero rappresentato un problema. Sapeva che la gran parte delle sue chance di successo sarebbero passate dal servizio, e salvo un break in apertura non ha mai tremato. L’ha subito recuperato, poi ha beffato il rivale ai punti, per usare un gergo pugilistico. Al termine del match ne ha vinto uno in più (86 contro 85), ma si è aggiudicato i più importanti. Conquistato per 7 punti a 5 il primo tie-break, che l’aveva visto in svantaggio per 1-3, l’aretino ha tenuto i nervi saldi nelle fasi delicate del secondo set. Ci sono stati due episodi che potevano cambiare tutto, il primo sul 5-6, quando l’azzurro si è trovato 0-30 dopo un errore al volo su una palla di Lajovic che sarebbe terminata fuori, ma ha risolto le cose con quattro punti consecutivi. Il secondo sul 5-3 del tie-break: il giudice di linea ha giudicato ‘out’ la seconda palla del rivale, ma l’arbitro ha corretto (giustamente) la chiamata, restituendo la prima di servizio a Lajovic, che ha sparato un ace. Il potenziale 6-3 si è trasformato in un più delicato 5-4, ma Vanni non ha fatto una piega. Con un servizio vincente si è preso il match-point, col decimo ace dell’incontro ha chiuso i conti, mostrando una sicurezza da giocatore navigato. Il tutto per la gioia della mamma, che detesta seguirlo dai livescore. Un’altalena di emozioni tanto vicine quanto lontane, senza la possibilità di soffrire a fianco del figlio. Fortunatamente, quei tempi potrebbero essere alle spalle. Oggi ha potuto ammirarlo in tv, comodamente seduta sul divano di casa. Lo stesso dove un tempo si rifugiava il figlio, triste e con le bende alle ginocchia dopo le ripetute operazioni.
ATP 250 SAN PAOLO – Quarti di finale
Luca Vanni (ITA) b. Dusan Lajovic (SRB) 7-6 7-6
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