di Daniele Rossi – foto Getty Images
INTRO
La Us Open Series è iniziata già da tempo e lo Slam newyorkese è alle porte. Approfittiamone per andare a ripassare la storia dello Slam americano: il più ricco, il più grande, il più duro e il più discusso asso del poker. Gli Us Open hanno sempre rappresentato un appuntamento irrinunciabile per tutti i top player, per tradizione, cornice e prestigio. Per tutte queste ragioni, solitamente, l'ultimo Slam dell'anno ha premiato sempre il più forte, rare, se non nulle, sono state le sorprese. L'incredibile skyline newyorkese, l'immenso catino dell'Arthur Ashe Arena, le sessioni notturne, il pubblico sempre numeroso e rumorosissimo, creano da sempre un'atmosfera del tutto particolare, a metà strada fra l'austera serietà di Parigi e Londra e il giocoso relax di Melbourne.
L'ERA OPEN: 1969-1974 (ERBA)
GLI ULTIMI CANGURI
Nel 1969, New York e Flushing Meadows erano ancora lontani e Arthur Ashe non era il nome del Campo Centrale, ma uno degli atleti di punta del tennis statunitense. Si giocava nel vecchio impianto del West Side Tennis Club di Forest Hills, con le tribune in legno, i campi in erba e un pubblico un po' snob.
Intrapresa la strada del professionismo l'anno prima, la prima edizione dell'Era Open degli Us Open apre col botto. Il 1969 è infatti l'anno del secondo Grande Slam di Rod Laver. Il mitico australiano sigilla il suo poker approfittando del fatto che tre Slam su quattro si giocavano sull'erba, superficie per altro favorita anche dai suoi rivali più accreditati. Rivali come Tony Roche, che affronta “The Rocket” in finale, gli strappa il primo set per 9-7 (ancora non c'era il tie-break), prima di cedere nettamente alla distanza. Dopo Laver, nessun altro uomo giungerà agli Us Open con la possibilità di realizzare il Grande Slam.
Tra le donne splende la stella dell'australiana Margareth Smith Court, che in finale lascia solo quattro giochi all'americana Nancy Richey.
Proprio la talentuosa “cangurina” di Albery, nel 1970 firma un altro Grande Slam, questa volta a tinte rosa. La Smith Court corona la sua strepitosa annata battendo in finale Rosy Casals, l'unica capace di strapparle un set in tutto il torneo. L'impresa dell'australiana verrà replicata solo da Steffi Graf nel 1988.
Nello stesso anno si celebra un clamoroso ritorno, quello del vecchio Ken Rosewall, che a 35 anni e a ben 14 di distanza dal suo primo trionfo a Forest Hills (1956!), pone la sua seconda firma agli Us Open. Nella prima edizione con il tie-break, Rosewall spegne ancora le velleità di Tony Roche, che cede in quattro set la seconda finale consecutiva.
Stan Smith per molti adesso è solo un modello di scarpe, ma il baffuto americano è stato un signor giocatore che nel 1971 conquistò la sua prima significativa vittoria proprio agli Us Open. Grazie ad un serve and volley elegante ed istintivo, Smith sbaraglia la concorrenza, piegando nell'ultimo atto il cecoslovacco Jan Kodes, fresco vincitore del Roland Garros.
Senza Goolagong e Smith Court, torna a sorridere la statunitense Billie Jean King, che batte in finale ancora Rosy Casals. Più che per la vincitrice però, le attenzioni sono rivolte ad un'altra americana. Elegante e femminile nei movimenti, gioca il rovescio a due mani e non sbaglia mai, si chiama Chris Evert.
Billie Jean King concederà il bis nel 1972 contro l'australiana Kerry Reid, mentre tra gli uomini è il momento di Ilie Nastase. Il talentuoso rumeno cancella le precedenti sconfitte in finale (a Parigi nel 1971 e Wimbledon 1972) e rimonta un set di svantaggio prima di trionfare al quinto parziale contro l'idolo di casa Arthur Ashe. E' il primo europeo a vincere gli Us Open dal 1965.
Il 1973, l'anno in cui venne introdotto il computer per stabilire il ranking mondiale, è il teatro per due canti del cigno, quelli di John Newcombe e Margareth Smith Court. Il primo conquista il suo secondo titolo statunitense battendo in finale il solito Kodes, mentre la seconda sconfigge l'aborigena Evonne Goolagong, vincendo il suo 24° e ultimo Slam.
Nel 1974 si scatena l'uragano Jimmy Connors. L'irruento mancino di St. Louis conquista tre quarti di Slam (non giocò il Roland Garros), segnando un passaggio generazionale. A farne le spese in finale è il vecchio Ken Rosewall, annichilito nella finale più a senso unico della storia: 6-1 6-0 6-1.
Tra le donne la finale è la replica dell'anno prima: Billie Jean King si libera in tre set della Goolagong, nell'ultima edizione giocata sull'erba: dal 1975 sarà terra.
1975-1978 (TERRA)
I SUCCESSI DI CHRIS, LE BATTAGLIE DI JIMBO
Gli organizzatori abbandonano l'amata erba per virare su una veloce terra grigia, chiamata Har-Tru. A beneficiarne nel 1975 è il regolarista spagnolo Manuel Orantes, che firma la sua più prestigiosa vittoria e forse la più grande sorpresa degli Us Open, sconfiggendo in tre parziali proprio Jimmy Connors, capace di battere in semifinale Bjorn Borg.
Il torneo femminile premia la nuova stella del circuito femminile, Chris Evert, che sulla terra si trova meglio che a casa sua. E' la prima di quattro vittorie consecutive, sarà dunque l'unica a vincere gli Us Open su questa superficie. A farne le spese in finale è ancora la Goolagong, arresasi in tre set.
Il 1976 è un anno importante, perchè Connors torna alla vittoria, mentre Borg inizia a vedere materializzarsi l'incubo Us Open. Nella finale fra i primi due giocatori del mondo, ha la meglio Jimbo, bravo a non farsi irretire dalla glaciale precisione dello svedese, che vede svanire il successo nel tie-break del terzo set. Come detto, tra le fanciulle, c'è una sola dominatrice, Chris Evert, che batte per la seconda finale consecutiva Evonne Goolagong.
Il 1977 è l'anno dell'addio alla terra e a Forest Hills. Dal 1978 sarà cemento e il moderno e immenso impianto di Flushing Meadows. Chris Evert firma l'abbandono all'Har-Tru con l'ennesima facile vittoria in finale contro l'australiana Wendy Turnbull, mentre tra gli uomini Guillermo Vilas coglie il suo più importante successo in carriera. Terraiolo puro, dotato di una palla pesante e arrotata, l'argentino tritura tutti gli avversari fino in finale dove trova il solito Connors. Jimmy, che in semifinale aveva battuto Corrado Barazzutti, nell'ultimo atto deve arrendersi ad un ispiratissimo Vilas, che trionferà 6-0 al quarto set.