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Lorenzi sapeva di avere qualche chance solamente nello scambio prolungato, ma il problema era prolungarlo, quel maledetto scambio. Anderson ha un solo schema: serve il più forte possibile e cerca di fare il punto col diritto, magari nel minor tempo possibile. Ma se funziona può bastargli per diventare letale. Sparava tutto, spesso dentro alle righe, e fino al sesto game del terzo set ha lasciato solamente sei punti in risposta, in undici turni di battuta. Ma Lorenzi è rimasto al varco, ha continuato a provarci, a crederci, a sperare in una chance che poteva non arrivare mai, o che Anderson gli avrebbe magari polverizzato con un ace, ridendo dei suoi sforzi dall’alto dei suoi 203 centimetri. Invece è arrivata sul 3-2 ed è stata subito quella buona. Con un paio di miracoli il toscano si è preso la prima palla-break dell’incontro e se l’è giocata da campione: risposta nei piedi di Anderson (che aveva seguito a rete il servizio), passante di diritto, 4-2 e primo break del torneo (!) inflitto al sudafricano, che aveva chiuso col servizio immacolato contro Aragone, Gulbis e Coric. Un break utilissimo non tanto nel punteggio, visto che Anderson l’ha recuperato immediatamente e con otto punti di fila è tornato a condurre sul 5-4, quanto per instillare i primi dubbi nella mente del sudafricano, e permettere a Lorenzi di dare al match un volto nuovo, impensabile solo qualche minuto prima. Il toscano ha iniziato a rispondere con più frequenza, a trovare le soluzioni per allungare gli scambi, e ne ha raccolto i frutti in un tie-break al contrario. È salito 5-2, poi ha perso due punti di fila al servizio ma ha sistemato le cose vincendone due in risposta, e obbligando il rivale a un quarto set del quale avrebbe fatto volentieri a meno.
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Anderson sapeva che più il match si allungava e più le chance di Lorenzi crescevano, e quando con un doppio fallo gli ha regalato il 3-2 e servizio, la possibile impresa si è trasformata in qualcosa di più che un sogno. Ma proprio nel momento peggiore Lorenzi è tornato a litigare con la prima di servizio, come per tutto il primo set, il break è tornato di nuovo indietro e Anderson ha mostrato la stoffa dell’ex top-10. Ha capito che era il momento di dare il tutto per tutto, e ha tirato fuori una nuova versione di sé: non più quella servizio-e-bordate che da qualche minuto stava funzionando meno, ma una capace di vincere anche gli scambi lunghi. Non gli è bastata per andare a segno nell’ottavo game, perché Lorenzi è risalito da 0-40 con cinque punti di fila, ma l’ha fatto eccome nel decimo, quando i chilometri corsi da Lorenzi gli hanno chiesto il conto. Anderson ha vinto due punti in grande stile, l’azzurro gli ha accoppiato altrettanti errori e il suo Us Open è finito lì, fra il rimpianto per un match scappato via nel momento migliore, quando le tre ore erano a un passo e il servizio del rivale faceva sempre meno male, e la soddisfazione per averlo trascinato fino a quel punto. Di sicuro, Paolo ha ben poco da rimproverarsi. Nel torneo che resterà tristemente noto per la squalifica di Fabio Fognini, ha mostrato ancora una volta un atteggiamento agli antipodi, che malgrado meno tennis, meno fisico, meno genio e meno velocità, gli sta permettendo di ottenere spesso risultati migliori del numero uno d’Italia. Centrata la seconda settimana in uno Slam, ora si guarda più in alto. La top-30? La prima vittoria contro un Top-10 dopo 18 sconfitte? Un bel risultato in un Masters 1000? Tutto è possibile. Ormai è palese: non è più Paolo Lorenzi a sorprendere, siamo noi a sbagliare a stupirci. Da qui a Tokio 2020 succederà ancora.
US OPEN 2017 – Ottavi di finale uomini
Sam Querrey (USA) b. Mischa Zverev (GER) 6-2 6-2 6-1
Kevin Anderson (RSA) b. Paolo Lorenzi (ITA) 6-4 6-3 6-7 6-4
Pablo Carreno Busta (SPA) b. Denis Shapovalov (CAN) 7-6 7-6 7-6
Diego Schwartzman (ARG) b. Lucas Pouille (FRA) 7-6 7-5 2-6 6-2
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