PAROLA AL FINALISTA – La severa sconfitta subita contro Nadal non cancella il grande torneo di Kevin Anderson, e non basta a togliergli il sorriso. “Da questo torneo porto a casa tante esperienze positive. Il problema non è stato giocare la prima finale Slam, ma doverla giocare contro Nadal. Potevo fare meglio, ma è uno dei più forti di tutti i tempi".Il rischio che finisse male c’era, per la differenza di categoria fra i due, esaltata da un palcoscenico che per Rafael Nadal è la normalità, mentre per Kevin Anderson è destinato a restare l’unicum di una carriera che per due settimane gli ha permesso di vestire i panni del campione che non è. Per avere qualche chance, il sudafricano doveva raccogliere il massimo dalla prima di servizio (e non l’ha fatto), tenere un rapporto fra vincenti e gratuiti sbilanciato verso l’alto (e non l’ha fatto), e sperare che arrivasse qualche regalo dall’altra parte della rete. Invece Nadal non gli ha mostrato l’ombra di una palla-break, commettendo 11 errori non forzati in tre set e perdendo appena quindici punti in quattordici turni di battuta. Ne è venuta fuori una sconfitta senza storia, ma che non cancella il gran bel torneo del 31enne di Johannesburg, più bravo dei 63 concorrenti a sfruttare uno dopo l’altro i regali che gli ha offerto la parte bassa del tabellone, con un atteggiamento esemplare mostrato a suon di “come on”. Difficilmente il miglior risultato in carriera lo proietterà in una nuova dimensione, perché prima o poi i grandi assenti torneranno a fare la voce grossa, togliendo spazio agli outsider, e anche perché il suo tennis non ha particolari margini di miglioramento. Quello che poteva fare l’ha già fatto. Tuttavia, a fine carriera nel suo palmarès ci sarà un trofeo da finalista Slam: roba che tanti colleghi più ammirati e considerati non accarezzeranno mai. Per questo, come ha detto lui stesso in conferenza stampa, fa bene a guardare il bicchiere mezzo pieno.

Di seguito le dichiarazioni più interessanti della conferenza stampa del sudafricano:

“Da queste due settimane porto a casa tante emozioni e tante esperienze. Sono davvero onorato di aver raggiunto la finale, una possibilità che solo pochissimi giocatori riescono ad avere. È molto difficile farcela. Entrare in campo contro Nadal, uno che questo genere di match l’ha giocato oltre venti volte, è stato molto difficile. Sicuramente avrei potuto fare meglio alcune cose, ma se guardo il torneo nel suo insieme per me restano due settimane molto positive”.

“Si dice sempre di entrare in campo per godersi il momento e l’esperienza, ma allo stesso tempo sono sceso in campo sapendo di avere un compito da mettere in pratica. Sicuramente, quando dopo il torneo mi fermerò per un piccolo break, emergeranno ancora di più i tanti aspetti positivi di queste due settimane. Credo di aver giocato un tennis sufficiente per permettermi di costruirmi delle chance, ma non è andata così, contro un avversario veramente complicato. Il problema non è stato tanto che fosse la mia prima finale Slam, quando doverla giocare contro Nadal”.

“Stasera Rafa mi ha reso la vita difficile. Sentivo che rispondeva spesso, variando molto anche la sua posizione in risposta. Lo sappiamo, è uno dei migliori difensori del nostro sport. Ho ottenuto meno punti gratuiti del solito, e meno di quanti me ne aspettassi. È stato molto importante il primo colpo dopo il servizio: tante volte l’ho eseguito bene, e tante altre no. Una situazione che contro di lui si paga. In più lui ha servito molto bene, e io ho faticato ad adattarmi alla palla di un mancino. Non mi ha concesso alcuna palla-break, ha tenuto facilmente i suoi turni di battuta, mentre mi ha obbligato a faticare nei miei, leggendo sempre molto bene il mio servizio”.
“All’inizio era una scelta un po’ forzata (la domanda era relativa ai tanti “come on” entrati di recente nel suo atteggiamento) ma poi match dopo match è diventato qualcosa di automatico, naturale. Quando scendo in campo non ci penso. Mi sono sempre sentito un grande combattente, ho sempre lottato molto. Diciamo che ho solo aggiunto un elemento, e andrò avanti su questa strada”.

“Dopo che entrambi si sono fermati nella passata stagione, Federer e Nadal sono tornati a vincere i grandi tornei, e questo la dice lunga su quanto siano forti. Quando fisicamente stanno bene, hanno un sacco di qualità su cui contare. E in più c’è tutta l’esperienza che hanno accumulato. Si sentono perfettamente a proprio agio a giocare a questi livelli, e sono più abituati degli altri. Hanno due stili di gioco diversi: Nadal è un grande combattente, ti obbliga a guadagnarti ogni singolo punto, mentre Federer ti può togliere rapidamente il match di mano. Ha avuto una stagione incredibile, con due titoli Slam. Sono due dei più grandi atleti nella storia del nostro sport, e sarà interessante vedere cosa succederà il prossimo anno, anche perché in questa stagione sono cresciuti tanti giocatori, che hanno ottenuto risultati mai raggiunti prima”.

Quello di tornare fra i primi 10 del mondo è un obiettivo che mi sono prefissato già da lungo tempo. Non ho iniziato bene la stagione, ma con l’arrivo dell’estate mi sono messo di nuovo in una buona posizione. Quando riesco a fare le cose come si deve, il ranking si muove di conseguenza. È bello sedersi, alla fine di un torneo, e realizzare il salto in avanti fatto in classifica e le tante posizioni scalate. È qualcosa di cui vado fiero. Credo che l’aver rinunciato alla prima parte dell’anno mi possa permettere di arrivare più fresco agli ultimi tornei, e mi auguro di avere un ottimo finale di stagione. Le ATP Finals? Sarebbe bello. Nel 2015 le ho mancate per un paio di posizioni. Diciamo che a marzo/aprile non erano certo fra i miei obiettivi, ma poi sono salito di livello. Me la posso giocare, insieme ad altri. Sarà il mio più grande obiettivo per l’ultima parte di stagione”.