Simona Halep ha perso subito, ma Karolina Pliskova dovrà arrivare in finale allo Us Open per tenerla dietro nel ranking WTA. La ceca ha raggiunto il 3° turno, ma solo dopo una dura battaglia contro la qualificata Nicole Gibbs, brava a scipparle il primo set e obbligarla a sudare. Allarme? Non è detto. Nel 2017 di Karolina ci sono tanti successi arrivati quando le cose non funzionavano a dovere.Se Karolina Pliskova guarda dall’alto verso il basso tutte le colleghe, da Simona Halep staccata di soli cinque punti all’israeliana Talya Zandberg, ultima giocatrice della classifica WTA, i motivi principali sono due. Il primo è la continuità, collante di una stagione non eccellente nei grandi tornei ma molto lineare, mentre il secondo è la capacità di vincere un sacco di partite pur non giocando il suo miglior tennis. Da gennaio in poi le è capitato spesso, ed è successo di nuovo al secondo turno dello Us Open contro Nicole Gibbs, 24enne dell’Ohio che dopo aver toccato le prime 70 del ranking WTA è scesa al numero 127 a causa di qualche noia fisica, trovandosi costretta a passare dalle qualificazioni. L’ha fatto, all’esordio nel main draw ha vinto un match da montagne russe contro la paraguaiana Veronica Cepede Royg, e poi ha accarezzato l’impresa per un set, mettendo paura sul serio alla numero uno, la stessa che due anni e mezzo fa a Sydney l’aveva disintegrata di pallate non lasciandole neanche un game. In Australia era emersa tutta la differenza fisica fra una giocatrice (la Pliskova) simbolo del tennis di oggi, alta, algida e potente, e la classica ragazza normale, con un fisico normale e un tennis normale, capace di farsi apprezzare soprattutto fuori dal campo, per i racconti della vita di una giocatrice di seconda fascia che appaiono di tanto in tanto nel suo blog “My Tennis Life, condiviso con Sam Groth sul sito di Tennis Channel. Stavolta, invece, la gigante è stata lei: il tennis della Pliskova non funzionava, il palcoscenico le ha dato la carica per tentare la vendetta da copertina e la spia rossa dell’upset alert si è accesa già dopo cinque game, quattro dei quali finiti nella cassaforte griffata “NG”.
PER RESTARE N.1 SERVE (ALMENO) LA FINALE
L’Arthur Ashe è andato via via riempiendosi, la Gibbs si è presa il primo set in 32 minuti con una quindicina di volti vincenti e si è guadagnata anche una palla-break in apertura di secondo. L’avesse convertita, i dubbi della Pliskova si sarebbero trasformati in paure e le possibilità di farcela sarebbero cresciute, invece l’ha mancata ed è rimasto il “se”. Gradualmente la ceca ha messo piede nel match, merito (anche) di un atteggiamento molto tranquillo anche quando sembrava non funzionare nulla. Ha vinto il secondo set, poi ha scampato un pericolo simile anche nel terzo (palla-break sull’1-2) e alla fine ha avuto ragione lei, spaccando in due il parziale con una serie di undici punti di fila che ha messo le cose a posto, ha spento le spie d’allarme e le ha indicato la via verso il terzo turno. Col senno di poi, visto che la vittoria è arrivata, la fatica può far bene alla Pliskova. A una col suo tennis può capitare di sentirsi imbattibile, perché quando tutto funziona a dovere la ceca domina con una facilità disarmante, come successo al primo turno contro Magda Linette. L’aver dovuto lottare già per prendersi un posto fra le migliori 32, invece, le può servire per tenere alta la guardia. Fra tutte le big è l’unica che non può permettersi di sbagliare, pena l’addio al numero uno della classifica WTA. È vero che Simona Halep ha già lasciato la compagnia (e insieme a lei anche Konta e Wozniaki, altre due delle otto papabili leader di fine torneo), ma se vorrà tenere dietro la rumena, Karolina è costretta ad arrivare comunque in finale. E stare attenta alle tante altre insidie nascoste nel tabellone.

US OPEN DONNE – Secondo turno
Karolina Pliskova (CZE) b. Nicole Gibbs (USA) 2-6 6-3 6-4