dal nostro inviato a New York Gabriele Riva – foto Ray GiubiloL’obiettivo era il terzo turno

dal nostro inviato a New York Gabriele Riva – foto Ray Giubilo

L’obiettivo era il terzo turno. Obiettivo centrato. Andreas Seppi ha superato in quattro set lo spagnolo Guillermo Garcia-Lopez, un buon iberico numero 67 Atp dal rovescio a una mano e dal diritto teso e potente. Il primo parziale, zeppo di break, era cominciato male. Con il servizio del Nostro "rotto" in partenza. Come detto però di break ce ne sono stati molti e dunque l’occasione per riequilibrare i conti non si è fatta mancare. Controbreak che poi ha portato l’atleta di Coach Sartori a dominare con il punteggio di 6-2. Dall’altra parte della rete qualche errore di troppo e un servizio che funzionava a scatti. Nel secondo set però la prima di Garcia-Lopez è tornata a farsi sentire, concorrendo in maniera decisiva a rimettere le cose in pari. Terzo e quarto set fotocopia del primo, un break di vantaggio che ha portato "Seppio", come lo incitava Max Sartori dagli spalti, sul cinque a due. E a quel punto un altro break per chiudere i conti. Fotocopia anche a livello tecnico, non solo dal punto di vista numerico. Perché Andreas si è dimostrato solido, con una prima sempre più efficace e una seconda molto più competitiva del passato. Non solo, ha mostrato di sapersi difendere con abilità quando necessario, e saper anche prendere in mano le redini del gioco nei momenti importanti. Insomma, una prova di maturità che insieme a una velocità di palla ulteriormente aumentata in questi mesi lascia bene sperare per l’altoatesino. "Beh, niente di speciale, anzi. Direi che è importante vincere anche quando non si gioca bene, come è successo a me stasera", ha detto in una conferenza stampa praticamente notturna. Per la verità, dalle tribune non è sembrato giocare così male. Tutt’altro. Ma c’è chi dice che non è mai negativo essere molto critici con se stessi". Al terzo turno, domenica, o l’idolo di casa Andy Roddick o un gustoso antipasto di Coppa Davis contro il lettone Ernests Gulbis. A decidere, la sessione serale.

Dopo l’eliminazione, la quale più che del sorprendente ha del clamoroso, di Ana Ivanovic, testa di serie numero 1 del draw, per mano della francese Julie Coin, anche Jelena Jankovic ha avuto il suo bel da fare contro Jie Zheng, cinese, numero 37 delle classifiche mondiali. Giusto soffermarsi ancora un attimo sul primo risultato. Ha del clamoroso, dicevamo. E anche dello storico. Perché mai nessuno accreditato della testa di serie numero 1, nella storia dell’Era Open, era mai uscito dal tabellone principale così presto. Ma se Annina piange, Jelena non ride di certo. Anzi, avrebbe di che rimuginare parecchio su un match che l’ha impegnata a fondo. Due ore e mezza abbondanti, 7-5 il primo parziale. Nel secondo avanti 2-0 la Jankovic si è fatta riprendere dalla cinesina fino a giungere a servire per il match sul 5-4. Manco a dirlo, break. Altra chance per chiudere i conti sul 6-5 e servizio. Il game è di quelli interminabili, quattro match point (proprio sul quarto arriva addirittura il doppio fallo), svariate palle break e undici parità. Il classico arrivo al fotofinish in cui la quinta delle palle break è quella buona per chiudere due ore e 9 minuti di match non bello da vedere e altalenante nell’andamento.

Una giornata in ufficio per Roger Federer. Arrivo alle 10 e mezza, undici con tanto di cappellino rosso, felpona grigia (a sfidare l’aria pungente di una mattinata nuvolosa) e borsa sulle spalle. Poi l’attesa prima di scendere in campo sul Centrale contro il brasiliano Thiago Alves, brasiliano di Florianopolis (come Guga Kuerten, ma dal rovescio bimane e decimante meno elegante), numero 137 del mondo. Per lui nel 2008, una vittoria (San Paolo), una finale e tre semifinali, tutto nel circuito Challenger. Un break nel primo set e uno nel secondo per incanalare la partita nei binari voluti. Poi, avanti di un break anche nel terzo si è distratto e si è fatto rimontare Re Rogi. Ma il contro break è arrivato poco dopo, sul quattro pari. Federer ha avuto la possibilità di servire per chiudere il match dopo due ore e 14 e non se l’è fatta scappare. Ora per lui si profila un turno ben più complesso, che sia contro l’australiano Chris Guccione o contro, come più probabile ma non scontato, il ceco Radek Stepanek. Ma prima di pensare al prossimo avversario può godersi la 600esima vittoria in carriera, che ha allungato la sua striscia vincente sul cemento di Flushing Meadows a 29 match consecutivi. “Mi aiuta il fatto di giocare qui, ci sono abituato e mi trovo bene”, ha detto Roger in conferenza a chi gli chiedeva se il Centrale di Flushing Meadows gli desse una specie di sensazione tipo casa-dolce-casa.
Bene Novak Djokovic, anche per lui tre set a zero a un Robert Kendrcik in giornata di grazia. Primo tie-break vinto 10-8 poi un break per parziale e tutti a casa. Per una testa di serie numero 3 che si conferma, una che lascia baracca e burattini. Esce infatti la russa Svetlana Kuznetsova, già vincitrice e finalista di questo torneo. A rispedirla in Russia la slovena Kateryna Srebotnik, numero 28 delle classifiche Wta, in tre set: 6-3 6-7 6-3.

Non sono buone le notizie che arrivano dalla Players Lounge di New York per Flavio Cipolla. In attesa del suo match di terzo turno che lo vede impegnato sabato contro il n.10 del mondo Stanislas Wawrinka, svizzero, l’azzurro ha un risentimento muscolare al gluteo. Cosa che però sembra non impedirgli di scendere in campo per onorare l’impegno, resta però da capire in che condizioni sarà costretto a farlo.



Sul numero correntemente in edicola de Il Tennis Italiano trovate le storie americane di 40 di Us Open a firma del grande Rino Tommasi. Qui, giorno dopo giorno, in questa prima settimana newyorchese… altri racconti, altri aneddoti e altre curiosità dalla Grande Mela

 

dal nostro inviato a New York Gabriele Riva – foto Ray Giubilo

La storia di oggi non è una storia a posteriori, ma in divenire. In attesa del "giorno dopo", quando, giovedì, si giocherà la seconda parte dei secondi turni femminili. Questa storia infatti comincia di mercoledì pomeriggio. Quando si è in attesa di sapere su quale campo giocherà Maria Elena Camerin, il suo match, uno degli ultimi di giornata. Il programma ufficiale dice “Grandstand”, il terzo per importanza della struttura newyorchese dedicata a Billie Jean King (che a proposito, se permettete un piccolo inciso, in questi lidi continua a imperversare dietro ai microfoni. Ogni giorno c’è una buona occasione per dire la propria: conferenze stampa, celebrazioni, feste e via dicendo). La possibilità concreta che venga spostata sul Centrale c’è. Grazie all’aiuto di Djokovic. Perché il serbo ha regolato in tre set il francese Clement e ha lasciato il campo libero, come si direbbe al circolo! La possibilità sfuma, gli organizzatori decidono che anche Kendrick-Mahut è finita in orari accettabili e allora per lei il sogno dell’Ashe sfuma.
 
Ma negli stessi attimi, in attesa dell’annuncio che manderebbe un’azzurra per la prima volta sul campo principale in quest’edizione 2008 (e che poi non sarebbe arrivato), giunge in sala stampa il programma della giornata di giovedì. Il primo match, alle undici del mattino, proprio sul campo centrale, l’Arthur Ashe Stadium, vede di scena la russa Dinara Safina. La sorellina (o sorellona, vedete voi) di Marat si merita il palcoscenico, perciò tutto normale. Cosa c’è di strano? Dov’è la notizia? La notizia è che contro la russa c’è la nostra Robertina Vinci. Un’azzurra sul centrale di New York. Roberta, che al primo turno ha demolito la francese Stefanie Cohen-Aloro, affronta nel secondo turno come detto Dinara Safina, numero 7 del mondo, 8 tornei vinti in carriera, tre quest’anno. Dalla piccola Taranto, dove Roberta Vinci è nata il 18 febbraio del ’83, alla Grande Mela, al grande, grandissimo Arthur Ashe Stadium. L’emozione è forte per lei, ma lo è anche per noi. Abituati, relegati e stretti in campi minori, anche quando il livello tecnico del match richiederebbe altri palcoscenici (come Bolelli-Wawrinka, sul campo numero 4). Tornando a noi, per una volta che è una quindi finiscono le parole, ma non finisce la storia. Anzi, la storia deve ancora iniziare, e comincerà alle 17 italiane, le 11 in America di giovedì 28 agosto 2008. Godiamocela. Soprattutto Robertina, a prescindere dal risultato finale, goditela.