di Gabriele RivaFino
a ieri “The man in black” era Will Smith
di Gabriele Riva
Fino
a ieri “The man in black” era Will Smith. Ieri è stato
soppiantato da
Roger Federer. Nella sua tenuta completamente scura, dal
polsino
alla scarpa, dalla fascetta alla calza, il Migliore si è portato a casa
il quarto titolo degli Us Open, il dodicesimo major in carriera. Superato
Emerson e con Sampras sempre più vicino (previsioni abbastanza curate
farebbero
intravedere l’aggancio a Wimbledon 2008 e sorpasso a New York 2008, tanto
per guardare al futuro). Rogi ha dovuto lottare il giusto contro un Novak
Djokovic sempre più sicuro di sé e dei suoi mezzi che lo ha
costretto a
due tie-break e gli ha arrecato la noia, nel primo parziale, di dover annullare
ben cinque set point sul 6-5, in entrambi di dover risalire da un break
sotto. Insomma, nel punteggio non una partita scontata, anche se i tre
set a zero farebbero intendere il contrario. Dice Federer: “Un risultato
così forse è troppo duro per quello che ha fatto vedere Novak in
questo
match e durante tutto l’anno. Ma stia su col morale, avremo ancora tante
battaglie da fare uno contro l’altro”. Una sorta di benedizione, di
battesimo
avvenuto nel teatro dell’ennesimo titolo Slam dello svizzero. “Ormai
sembra che debba esserci abituato, ma a situazioni del genere non ti
ci abitui mai, credetemi”.
Sotto gli occhi di diverse star di Hollywood,
da Robin Williams a Robert De Niro, per arrivare al settantenne più
arzillo
dello star system Usa, Dustin Hoffman, Rogi si è dimostrato un campione
sia con la racchetta che con il microfono davanti alla bocca, quando è
stato il momento di ringraziare, salutare, e ritirare l’esigua sommetta
di chi vince Us Open e Us Open Series (quell’insieme di
tornei
che si giocano in Nord-America aspettando lo Slam newyorchese): a conti
fatti, al milione e quattrocentomila per aver trionfato a New York, si
va ad aggiungere un’altra milionata per il circuito di cui sopra.
“Ragazzi,
qua le tasche cominciano a farsi pesanti”, ci ha scherzato su Federer.
Ma
se il vincitore era comprensibilmente su di morale, anche il finalista,
il runner-up, Novak Djokovic, aveva di che sorridere.
Perché ha
mostrato un tennis che pochi possono permettersi, perché ha raggiunto la
prima finale dello Slam in carriera, perché ad anni venti nemmeno Roger
in persona, Sua Maestà era a questi livelli. Perché pure lui
qualche soldino
l’ha portato a casa (700.000 dollari) e perché c’era Maria
Sharapova,
nel suo box, a far compagnia a mamma e papà vestiti come lui in
campo
e a sbraitare e a spellarsi le mani ogni qualvolta Nole facesse qualcsoa
di buono (cioè spesso). Se proprio vogliamo fare i pignoli, se proprio
vogliamo trovare un neo, di sicuro quello è stato l’ultimo game
del terzo
set, un gioco a fasi troppo alterne. 5-4 sotto, 30-30. A fasi alterne
perché
proprio in quel momento c’ha piazzato l’ace, roba da campione vero
visto
l’attimo. Poi però s’è scomposto, dalla palla per
allungare anche il
terzo set ha concesso un match point, annullato con il fegato in mano,
e il diritto sulla riga dopo una buona prima. Sul secondo, confuso, ha
provato una palla corta che ha faticato a toccare la rete… (nella
foto, il box di Novak Djokovic con Maria Sharapova, in alto a sinistra
con gli occhiali scuri e Robert De Niro, in basso al centro con cappello
e t-shirt grigia)
“Anche oggi Roger ha mostrato a tutti
chi è il più forte e chi è che si merita di vincere questo
Slam”, è stata
la resa delle armi del ventenne serbo. D’altronde se dall’altra
parte
della rete hai di fronte uno che costringe agli straordinari chi aggiorna
i libri dei record, non è così facile avere la meglio. A
proposito, altro
giro altro regalo, altro Slam altro record. Il poker di titoli consecutivi
a New York, nell’era open, non era mai riuscito a nessuno, detto per
inciso.
E’ a quota 10 finali-major consecutive, classifica in cui al
secondo
posto figura, ben distanziato, Jack Crawford (sette filate tra il ’33
e il ’34). La lista sarebbe ancora lunga, gli aggiornamenti tanti, e non
vogliamo ammorbarvi troppo con statistiche e numeroni, chi fosse interessato
può consultare la banca statistica firmata Atp all’indirizzo
www.atptennis.com
(Avvertenze: prendetevi dalla mezz’ora all’ora di tempo,
perché sono
veramente tanti, e allora che li spulciate tutti…).
Comu
nque
sia, lasciando i numeri a chi oggi fa il proprio rientro nelle scuole italiane,
e tornando al campo, è difficile non potersi dire soddisfatti di un match
così, sia che ci si chiami Roger per aver confermato l’egemonia
assoluta,
sia che ci si chiami Novak per essersi dimostrato all’altezza di questi
palcoscenici (che un giorno saranno suoi da protagonista e non da
comprimario-Federer).
Contenti tutti insomma, anche James Qualcosa per aver comprato il biglietto
dell’Arthur Ashe Stadium (ovviamente esaurito, come tutti gli altri
giorni praticamente) e aver assistito a uno spettacolo meglio che a Broodway,
e pure Giovanni Rossi per essere stato sveglio fino alle due del mattino
per seguire tutto, dal sorteggio all’ultima dichiarazione dei
protagonisti,
sta mattina c’era la sveglia, ma ne valeva la pena, e poi con un paio
di caffè…
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