di Francesco Camanzi – foto Getty Images
Qualche giorno fa Rafael Nadal ha celebrato il trionfo in coppa Davis della sua Spagna dalla pagina personale di Facebook. A far notizia, più che la vittoria degli iberici, è stata l’immagine postata dal numero due del mondo, che lo ritraeva placidamente sdraiato su un lettino e immerso in una tenda d’aria allestita allo scopo di accelerare il suo recupero fisico.
Impossibile non correre con la mente all’ormai celebre "uovo" di Djokovic, salito agli onori della cronaca poco prima di Flushing Meadows e magnificato dal serbo per la straordinaria capacità di abbreviare i tempi di recupero.
Numero uno e numero due del mondo, dunque, si ritrovano a palleggiare anche fuori dal campo, in un dibattito ormai sdoganato in altre discipline sportive ma rimasto fino ad oggi tangente al mondo del tennis.
Ma proviamo a vederci chiaro, mettendo a confronto le due tecnologie.
L’uovo di Djokovic è una capsula ad aria pressurizzata, progettata per simulare condizioni estreme di allenamento e per migliorare le prestazioni. Prodotta in pochi esemplari dalla casa americana CVAC, questa "navicella spaziale", come l’ha definita Nole, funziona più o meno come una camera iperbarica. Una valvola a pressione variabile e una pompa sottovuoto permettono di simulare allenamenti in condizioni di atmosfera e altitudine variabili. Risultato dopo soli 20 minuti di trattamento: miglioramento della circolazione sanguigna, rimozione dell’acido lattico e produzione di cellule staminali. Basta tutto questo a spiegare l’incredibile esplosività del serbo e la sua ineguagliabile tenuta sulle lunghe distanze?
Dev’esserselo domandato anche Nadal che, nel dubbio, ha ben pensato di imitare il rivale.
La sua O2 Bubble è una tenda ad aria che la casa produttrice catalana Zonair 3D definisce orgogliosamente come "un nuovo spazio in cui tutti possiamo respirare pura aria. E solo aria". L’idea è quella di una bolla in cui il recupero viene agevolato dalle generali condizioni benefiche legate all’aria ripulita, debitamente filtrata da agenti inquinanti e batteri.
Uovo o bolla che sia restano molti gli interrogativi sul tema, a partire dalla reale efficacia di trattamenti paramedici di questo tipo (si vedano i misteriosi crampi di Rafa agli US open durante un'ormai celebre conferenza stampa) o dal sempiterno "ma ce n’era veramente bisogno?" fino a giungere a perché più stuzzicanti. Perché, ad esempio, due icone del tennis hanno sentito il bisogno di rendere pubblico il loro ricorso a certi tipi di macchinari? O ancora, perché la Wada non ha ancora espresso una posizione chiara in materia, limitandosi a definire tali pratiche come "contrarie allo spirito sportivo"?
© 2011 Il Tennis Italiano