Alla viglia dell’esordio di Jannik Sinner da testa di serie numero uno nel torneo di Madrid, una breve riflessione sul suo cammino 2024 e sul vicino e atteso appuntamento romano
La stagione 2024 di Jannik Sinner, a pochi giorni dall’esordio nel Masters 1000 di Madrid da prima testa di serie, rasenta la perfezione: due sconfitte, di cui solo una incassata per meriti avversari.
Jannik è senza ombra di dubbio il più forte giocatore al mondo in questo momento; la differenza che ha messo tra sé e gli avversari è ben marcata. Ma se così è, perché allora quelle due “macchie”? Io credo… per inesperienza.
Inesperienza dettata da situazioni affrontate per la prima volta, certamente diverse per circostanze ma simili nella reazione che hanno scatenato.
Come se la macchina perfetta, l’elaboratore Sinner non avesse riconosciuto la situazione e, di conseguenza, si fosse trovato impossibilitato a rispondere con contromisure rapide e adeguate.
In passato, questo disorientamento Jannik l’aveva già provato contro Tiafoe a Vienna. Di fronte a un avversario irrispettoso, che aveva fatto scivolare il match sul piano della caciara, complice il pubblico, Sinner aveva perso le coordinate e la partita.
Con Alcaraz a Indian Wells il quadro è stato molto diverso: da una posizione largamente dominante, che considerava ormai la sua comfort zone e da cui si sentiva libero di gestire manciate di errori e persino scelte sbagliate, si è trovato improvvisamente e inaspettatamente catapultato dalla parte di chi subisce. Troppo repentina e vertiginosa la caduta per essere digerita e analizzata. Ma qui il merito va allo spagnolo, in grado di esprimere, anche se non sempre con continuità, un livello di tennis disumano.
A Monte Carlo, persino di fronte a Stefanos Tsitsipas, il giocatore più caldo del momento, la partita sembrava avviata verso un porto sicuro. Poi quel doppio fallo fantasma: la seconda palla di Stefanos che esce di centimetri e Jannik che, chissà per quale motivo, colpisce e tace. Di nuovo per inesperienza. “Se la palla è indecisa la contesto, ma se è evidentemente lunga interverrà qualcuno a chiamarla”, avrà pensato. E ha preferito rispondere, con il tarlo del dubbio che ha continuato a rosicchiare le sue sicurezze e che, a suo stesso dire, gli ha poi procurato i crampi.
Questa versione molto umana e fragile di Jannik ancora non si era vista. L’imbattibile, come tutti lo stavano dipingendo, sopraffatto da un errore di valutazione, così comune, così scontato. Ed è proprio questo a rendercelo più vicino, perché dimostra che a tutti sono concessi momenti di debolezza. Debolezze che, tuttavia, siamo certi abbia ben identificato.
Ora che Roma si avvicina e, mai come quest’anno, c’è voglia di tennis, attesa per Jannik e nell’aria profumo di vittorie, Sinner sarà costretto di nuovo a confrontarsi con delle “prime volte”. La più vicina in ordine di tempo: gareggiare agli Internazionali con tutti gli occhi puntati addosso: da vincitore Slam, per tutti grande favorito e per giunta in casa, tra la sua gente, che certamente lo sosterrà, ma che genererà inevitabilmente una pressione da togliere il respiro. “Avere pressione è un privilegio”, gli abbiamo sentito spesso ripetere. Roma sarà il terreno per dimostrarlo.