A 20 anni dall’ultimo successo di Steffi Graf, lo Us Open ritrova una vincitrice tedesca grazie ad Angelique Kerber, che festeggia nel migliore dei modi la leadership WTA appena conquistata. La finale con Karolina Pliskova ne esalta le principali qualità: difesa, determinazione e capacità di non mollare mai un punto. “Angie” va sotto 3-1 al terzo, ma reagisce e si prende il secondo titolo Slam in un anno.

Angelique Kerber aveva un solo modo per cancellare gli ultimi dubbi sulla legittimità della sua nuova leadership nella classifica WTA: vincere lo Us Open. Ed è quello che ha fatto, aggiungendoci numerose difficoltà per rendere il traguardo ancora più delizioso. In un colpo solo la mancina tedesca si è presa il numero uno e il secondo Slam in carriera, dopo una finale complicata contro Karolina Pliskova, brava a volare 3-1 al terzo ma poi franata in un mix di fretta, pressione e poca esperienza, fino al 6-3 4-6 6-4 che ha spedito di nuovo la Kerber in paradiso. Peccato, ma la ceca avrà tempo per rifarsi ed è giustissimo che l’ultimo Slam dell’anno, proprio come il primo, sia finito nelle mani della 28enne di Brema. A Melbourne “Angie” ha iniziato l’assalto, e a New York l’ha portato a termine, completando nove mesi da favola, con la differenza che di immaginato non ci sono nemmeno le virgole. Insieme a Boris Becker, vincitore nel 1989 (proprio il 10 settembre!), e a Steffi Graf, cinque volte campionessa fra ’88 e ’96, ora nell’albo d’oro c’è anche lei: meno appariscente di Steffi, meno star di Boris, ma ugualmente regina. Col suo tennis forgiato giorno dopo giorno insieme al coach Torben Beltz (cacciato a fine 2013 e ripreso nel 2015: mossa vincente), un diritto che da punto debole si è trasformato in arma e tanti match persi sul filo di lana, utili per crescere. Le hanno insegnato a lottare di più, a crederci di più, ad aggiungere al suo tennis un pizzico di aggressività preziosissimo, che prima le ha permesso di colmare l’ultimo gap con le migliori, e quindi di mettersele dietro, grazie a una capacità di migliorarsi in continuazione assolutamente fuori dal comune.



RIMONTA KERBER, CROLLO PLISKOVA
La si è vista anche nella finale: contro la Pliskova aveva appena perso 6-3 6-1 a Cincinnati, ma è entrata in campo con un piano ben preciso. “So cosa devo fare, so cose devo cambiare”, ha detto alla vigilia, e quello ha fatto, riducendo gli errori quasi a zero. Appena 17 in tre set, solamente tre nel primo, che andava vinto a tutti i costi per non permettere alla Pliskova di impostare un Cincinnati-2, a suon di ace e vincenti da ogni angolo del campo. Angelique si è messa lì con pazienza dall’inizio, per provare a togliere sicurezze alla lungagnona ceca, facendole sempre giocare un colpo in più, e ha approfittato alla grande delle sue distrazioni. Il tennis, a volte, è anche logica: i due game nei quali la Pliskova ha servito meno del 50% di prima palle, il primo e il nono, le sono costati altrettanti break, lei non ha convertito nessuna delle tre chance in suo favore e il 6-3 ne è stata la conseguenza. Ma la Kerber non era affatto tranquilla: sentiva di non essere così padrona del campo, sensazione confermata poco più di là. La Pliskova è ripartita fortissimo, si è avvicinata altre due volte al break e l’ha finalmente messo a segno sul 3-3, trovando un vantaggio meritato condotto fino al 6-4, con tanto di ace (e oggi ne ha messi a segno solamente cinque) sul 5-4 30-30. Ha iniziato a fare lei la partita, mettendo sempre più pressione a una Kerber più rigida e visibilmente più provata, che sembrava a pezzi quando è finita sotto 3-1 nel terzo. Eppure, proprio nel momento più complicato ha saputo riemergere, come le è capitato altre mille volte in carriera, trovando delle energie extra sul fondo di un serbatoio immenso. La Pliskova ha pagato la pressione della prima finale Slam, con qualche errore di troppo ha restituito il break, e allora “Angie” ha capito che era il momento di andare a vincere la partita, più di testa che di tennis o fisico. Anche se in realtà lo spartiacque è stato il suo marchio di fabbrica, uno splendido diritto vincente lungo linea sul 3-3 30-30, un jolly in un momento fondamentale. Le ha dato la fiducia giusta per tornare a colpire a dovere, salire 4-3 e poi 5-4, prima del crollo della Pliskova, tanto brava ad arrivare fino a lì quanto deludente nel finale. Tutto d’un tratto i suoi rischi hanno smesso di pagare, e al servizio per restare nel match la ceca non ha saputo gestire il momento, combinandone di tutti i colori e facendosi scivolare di mano il match con un game da film horror, perso a zero con tre errori gratuiti. Prima un attacco blando e il conseguente passante, poi un rovescio fuori e un altro in rete, quindi un diritto largo, a spalancare alla Kerber la porta del suo secondo titolo Slam.



PIÙ CREDIBILE DI SHARAPOVA E AZARENKA
Nel corso dei suoi diari-video su Twitter, Andy Roddick ha sintetizzato a dovere il percorso della Kerber nel mondo del tennis, definendolo “una storia di perseveranza”. Una storia che lunedì la renderà la più anziana di sempre a salire per la prima volta in vetta alla classifica WTA, lei che a 21 anni le top-100 le aveva appena assaggiate, e capì che poteva seriamente combinare qualcosa di importante solo nel 2011, proprio a New York. L’ha ricordato anche lei stessa nel discorso post-vittoria: tutto è iniziato qui, con la semifinale di cinque anni fa”. Una semifinale che raggiunse a sorpresa, battendo Flavia Pennetta, ma è presto diventata un punto di partenza, per una giocatrice via via sempre più consistente. Aveva fallito l’assalto al n.1 della Williams a Cincinnati, ma ha proseguito a testa bassa: “Avrò presto un’altra chance”, disse dopo la sconfitta. L’ha avuta, l’ha sfruttata e ci ha aggiunto la ciliegina sulla torta con un nuovo titolo Slam. E poco importa se Serena ha una classifica costruita con appena sette tornei, mentre lei solo negli ultimi dodici mesi ne ha giocati oltre il triplo (ma ne “entrano” nel ranking appena 16): chi pensa che “Angie” non sia degna della prima posizione deve ricredersi di fronte ai numeri. Delle altre 21 giocatrici capaci di salire in vetta, solo 12 sono riuscite come lei nell’impresa di vincere due Slam in un anno, e dell’elenco non fanno parte né Victoria Azarenka né Maria Sharapova, le ultime due a mettersi in mezzo al dominio di Serena. Significa che grazie alla continuità di risultati questa Kerber, che insieme ai due Slam ci ha messo anche le finali a Wimbledon e alle Olimpiadi (e tanto altro), è una numero uno ancora più credibile delle colleghe più blasonate. E potrebbe anche restare lassù più a lungo di quanto si possa pensare.

US OPEN 2016 – Finale femminile
Angelique Kerber (GER) b. Karolina Pliskova (CZE) 6-3 4-6 6-4