FED CUP – In modo diverso, Italia e Russia sono vittime del format. Eppure né Barazzutti né Tarpischev sono favorevoli alle proposte di cambiamento. Come mai?
Sara Errani festeggia il successo nella Fed Cup 2013
(La foto in home page è di Costantini – FIT)
Dall’inviato a Cagliari, Riccardo Bisti – 4 novembre 2013
Ogni volta che l’Italia vince una Fed Cup, scatta il ritornello. “Ma quanto conta questo successo? Siamo davvero campioni del mondo?”. E’ un normale gioco delle parti. La federazione esalta ogni successo, i detrattori puntano a sminuirlo. Il dibattito va avanti da sette anni e ci auguriamo che prosegua per altri 14, 21, 28…significherebbe che l’Italia continua a vincere. Tuttavia, è innegabile che le finali siano arrivate contro squadre di basso livello (questa Russia, due volte gli Stati Uniti) o acciaccate (il Belgio privo di Kim Clijsters). E allora è giusto porsi la domanda, senza alcun intento polemico, ma anzi volendo fare l’interesse delle azzurre. Per quanto Roberta Vinci e Sara Errani, scherzando (o no?) abbiano detto di non essere affatto dispiaciute per l’assenza delle migliori russe, sanno bene che una vittoria contro le più forti sarebbe molto più gustosa e renderebbe legittimo lo slogan “Campioni del Mondo”. Durante la conferenza stampa post-successo, sostanzialmente allegra, Corrado Barazzutti si è un po’ risentito quando l’argomento è stato posto. Le giocatrici, con meno vis-polemica, si erano limitate a dire che i problemi riguardavano le russe e non certo l’Italia. Al contrario, Barazzutti è andato al cuore del problema. “Lasciamo perdere le russe. Io credo che se una squadra vince quattro Fed Cup, battendo in semifinale la squadra numero 1 al mondo, tutto il resto passa in secondo piano. Queste ragazze non devono dimostrare nulla. Ok, le russe non sono venute, e allora? E’ inutile parlare di chi non c’è”. Dal suo punto di vista, ha perfettamente ragione. E le giocatrici lo seguono, dicendo che sull’albo d’oro non ci sarà scritto il nome delle avversarie ma solo quello della nazione vincitrice. Tutto vero, per carità. Ma ci sono successi e successi. L’Italia – ne siamo certi – sarebbe in grado di vincere qualsiasi tipo di competizione a squadre. Perché il team è compatto e ha delle individualità impressionanti, il cui palmares parla da solo. Ma l’attuale format della Fed Cup non sempre consente di legittimare la superiorità. In tutto il percorso 2013, abbiamo affrontato una sola top-10, Petra Kvitova, che a Palermo non era certo al massimo. Nel singolare contro Roberta Vinci, fu incapace di tenere un solo turno di servizio!
La colpa non è certo delle azzurre. Grazie alla FIT, che ha creato un buon clima in seno a entrambi i team (non fosse così, Francesca Schiavone non si sarebbe sciroppata Milano-Cagliari solo per mettersi al collo una medaglia durante la premiazione), l’Italia prende molto sul serio la competizione. Degli altri top-team, solo Repubblica Ceca e Slovacchia (ma si prevedono problemi con la Cibulkova) hanno il medesimo attaccamento. I motivi li conosciamo, a partire dall’assurda concomitanza con il Tournament of Champions di Sofia, cancellata solo qualche giorno fa: la finale 2014 si giocherà con una settimana di ritardo. Sull’argomento, lo stesso Barazzutti ha rivelato un retroscena. “Il Board dell’ITF, tempo fa, aveva approvato la concomitanza tra i due eventi. Mi dicono che pure il membro WTA avesse votato a favore”. In un impeto d’orgoglio, ha preso la parola Flavia Pennetta. “Credo che vadano apprezzate le scelte di noi giocatrici, che abbiamo sempre dato la priorità alla Fed Cup”. Bravissime, è vero. Però la Fed Cup non funziona, e non è certo lo spostamento di una settimana a cambiarne le sorti. E’ dunque interessante capire il parere dei protagonisti sulle proposte della WTA per cambiare il format. Lo scorso anno, quando ITF e WTA non hanno rinnovato il loro accordo (in cui venivano lasciate tre settimane di calendario esclusivamente alla Fed Cup), furono rese note un paio di proposte. La più incisiva parlava di un World Group a sedici squadre, in due sedi diverse (otto da una parte e otto dall’altra), con due eventi a eliminazione diretta, quarti-semifinali-finale composti da due singolari e un doppio, mentre la finale si giocherebbe in un altro periodo dell'anno, sulla canonica distanza delle cinque partite. E’ difficile, se non impossibile, che l’ITF possa ascoltarle. A quanto pare, neanche gli azzurri sono entusiasti. “Per me è divertente così – ha detto Barazzutti – se ne parla da tempo anche in Coppa Davis, ma credo che non avrebbe lo stesso prestigio. Comunque il mio parere conta poco, meglio quello delle giocatrici”. Prego. Prende la parola Flavia Pennetta: “C’era una formula simile anni fa, ricordo che giocai alcune eliminatorie di questo tipo. Non sarebbe bello, perché ci sarebbe meno interesse. Mi sembrerebbe una svalutazione del torneo”.
A sorpresa, la pensa così anche Shamil Tarpischev, capitano russo che più di tutti è rimasto vittima della formula attuale. Penseresti a una risposta diversa, invece….”Non sono d’accordo con le proposte. In fondo la Fed Cup si giocava così negli anni 70 e 80. Oggì va meglio, sia per le federazioni che per i giocatori. L’attuale formula consente di avere ottimi eventi in ogni nazione, ed è fondamentale per ogni singola organizzazione. Ma aiuta anche i tennisti. Prendete Novak Djokovic: ha giocato una finale di Davis, a casa sua, davanti a 20.000 spettatori, l’ha vinta e da lì è partita la sua nuova carriera. La formula casa-trasferta è la migliore”. A Cagliari non ha potuto schierare le migliori, ma forse Tarpischev ragiona anche da presidente. Gli incontri interni di Davis e Fed Cup, infatti, sono linfa vitale per molte federazioni. Probabilmente anche quella russa: il giorno prima, infatti, aveva parlato dei problemi nel finanziare lo sport. Insomma: tutti si lamentano, ma nessuno muove un dito. La torta messa in palio dall’ITF è troppo invitante, sia in termini di gloria (per federazioni come la nostra) che economici (per altre più povere). E allora si andrà avanti così, ignorando le proposte di una WTA che comunque hanno più di una falla. E non è da escludere che mirino effettivamente a sminuire l’importanza di un evento “rivale”. Impressioni? La Fed Cup resterà uguale, con piccoli aggiustamenti, fiera della sua diversità e dei suoi rituali, belli e affascinanti. Chi era al Tennis Club Cagliari avrà provato più di un brivido durante le cerimonie inaugurali, grazie a quel senso di solennità che si vive solo nelle gare a squadre. Si continuerà a galleggiare, tra glorie vere e presunte, in un continuo tirare acqua ai rispettivi mulini. Noi, che amiamo sinceramente questa competizione, vorremmo che raggiunga l’eccellenza e il prestigio che merita. A quanto pare, sarà molto difficile. La coperta è corta. E’ sempre corta.
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