Di Riccardo Bisti – 22 ottobre 2014
Tra le telenovele più durature (e noiose) del tennis attuale c'è l'eterno braccio di ferro tra Juan Martin Del Potro e la federtennis argentina (AAT). Per una serie di antipatie e divergenze, il leader albiceleste non gioca in Coppa Davis da due anni, dalla semifinale del 2012 persa in casa contro la Repubblica Ceca. Da allora è stato un susseguirsi di incomprensioni e ripicche. Senza Del Potro, il tennis argentino è ben lontano dall'essere la potenza degli anni passati, tanto che nel 2014 ha rischiato per la prima volta di finire in Serie B (anche se Del Potro non ci sarebbe stato comunque, visto che si è operato al polso ed è fermo da quasi otto mesi). Si sono salvati vincendo un delicato spareggio contro Israele, giocato in campo neutro. “Palito” è ancora fermo ai box e tornerà solo nel 2015, ma la polemica non si placa. Stavolta è il turno di Del Potro, che ha inviato una serie di considerazioni tramite il suo addetto stampa, l'ex giornalista Jorge Viale. Ex redattore di “Olè” e collaboratore di ESPN, da quando è stato assunto da Del Potro ha abbandonato ogni incarico di tipo giornalistico. Del Potro si aggiunge a una tendenza che sta prendendo piede in Argentina: atleti che mettono il naso in vicende di politica sportiva. E' successo nel basket, nel rugby, nell'hockey su prato. Adesso è il momento del tennis. Tutto nasce dal fatto che Del Potro non accetta che il nome del nuovo capitano di Coppa Davis sia inteso come discriminante per un suo ritorno in Coppa Davis. Per inciso, l'attuale favorito è Daniel Orsanic, ex doppista e attuale direttore del programma di sviluppo AAT.
LE RAGIONI DI DEL POTRO
“La nomina del capitano è uno dei problemi minori – ha spiegato Del Potro tramite una lettera – problemi che ho spiegato in una lettera aperta dello scorso febbraio. La lista dei possibili candidati per il ruolo di capitano serve per nascondere i veri problemi del tennis argentino”. Secondo Del Potro ci vuole un cambio radicale. I problemi più evidenti riguardano lo scarso appoggio ai giovani e la loro scarsa partecipazione agli eventi internazionali “Che non si può spiegare soltanto con lo sfavorevole tasso di cambio del peso con le altre valute. Poi c'è la cronica assenza di un centro tecnico nazionale e lo scarso coinvolgimento dei circoli periferici, resa ancor più grave dal fatto che buona parte dei migliori giocatori argentini sono nati lontano da Buenos Aires”. I rapporti tra Del Potro e la federazione si sono incrinati dal 2009, anche se attualmente c'è rispetto con il presidente Arturo Grimaldi, che gli è stato vicino nel difficile processo di recupero dall'infortunio al polso. Un recupero che, per inciso, non è ancora terminato. Il fatto è che l'attuale dirigenza resterà in carica fino al 2017. Del Potro non chiede dimissioni, ma un radicale cambio di atteggiamento. Ad esempio, non ha accettato che abbiano correlato la scarsa attività junior alla sua mancata partecipazione in Davis. “E allora cosa succedeva negli anni d'oro?”. Del Potro non ha ancora digerito i fatti del 2012, quando si diffuse la voce che aveva chiesto condizioni diverse rispetto agli altri per giocare in Davis. Grimaldi smentì, ma Del Potro si sentì “poco protetto” dalla federazione. In effetti, il pubblico di Parque Roca lo fischiò quando non scese in campo contro Tomas Berdych.
MA LA DAVIS COSA C'ENTRA?
“Io non chiedo denaro né trattamento speciale per giocare in Davis. Sono solo rimasto stupito per il mancato rinnovo con Tito Vazquez, che aveva fatto ottime cose”. E pare che ci sia rimasto male per l'allontanamento dello stesso Vazquez dal programma di sviluppo dopo che si era espresso pubblicamente a favore di Palito. E la federtennis si era arrabbiata quando aveva portato i giocani a palleggiare con Del Potro, accusandolo di fare un'operazione di “cattiva immagine” visto che Del Potro non giocava in Davis. Impressioni? Se si va avanti a lettere, private o pubbliche, difficilmente le parti si avvicineranno. Del Potro ha sicuramente ragione su tanti aspetti, anche se certe decisioni non dovrebbero spettare a lui. E la Davis dovrebbe essere un “bene supremo” che sfugge a beghe personali e professionali. Visto che Del Potro non ha certo bisogno di aiuti economici, ci sfugge il senso di questa polemica. In fondo, può continuare a fare polemica anche concedendo un paio di settimane l'anno alla Davis. D'altra parte, quando era un ragazzino, aveva messo il trionfo nell'insalatiera come uno dei tre sogni della sua carriera. Una carriera che ha avuto tanta sfortuna: rimandati i propositi di tornare entro il 2014, ha detto che “spera” di tornare nei tornei australiani di inizio 2015. “Dipenderà dalle condizioni di salute e da come andrà la stagione invernale”. Significa che non ci sono certezze assolute. E questo è preoccupante.