di Daniele Belloni
Da che mondo è mondo allo sport si addice il linguaggio colorito, un pizzico di lirismo che trasforma il gesto tecnico in un atto poetico: nel calcio un cross dal fondo diventa una “pennellata”, mentre il giocatore sapiente “accarezza” la palla o la “addomestica”. La metafora talvolta è nera: subire il punto dell’avversario – anche se non si tratta di boxe – può lasciare “tramortiti”, mentre un fuoriclasse inarrivabile per la concorrenza “uccide la gara” e una sconfitta imminente viene annunciata dal suono di “campane a morto”.
Anche nel tennis è così: forse la solitudine del giocatore, forse gli spettri personali che lo tormentano, gli incubi e l’inconscio in movimento insieme alla pallina, e intorno al campo, o chissà cos’altro, eppure il tennis sembra essere terreno fertile per certi risvolti noir, tanto che negli Stati Uniti è uscito un libro intitolato “Murder is my raquet” (L’omicidio è la mia racchetta), che raccoglie 14 racconti di “amore, morte e tennis”. In uno di questi, “Six Love” di James W.Hall, un buon padre di famiglia spara una fucilata alla acerrima rivale della figlia, campionessa junior americana. Fantasia, direte voi. Ne siete proprio sicuri? Leggete questa storia…
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LI DOPAVA TUTTI PAPÀ
L’ex ufficiale militare francese Christophe Fauviau, ad esempio, si dava da fare con la minerale degli avversari dei figli, Maxime e Valentine, versandovi ingenti dosi di Temesta, un ansiolitico.
Ha colpito 27 volte tra il 2002 e il 2003 mandando kappao numerosi giocatori, colti da svenimenti in campo o improvvisi mal di pancia che nemmeno Justine Henin può vantare.
Poi la cosa è finita in tragedia quando il 25enne Alexandre Lagardere è morto in un incidente stradale proprio a causa del Temesta ingerito. Aveva da poco finito di giocare con il giovane Fauviau in un torneo locale, primo premio un prosciutto, particolare che ha reso la morte di Lagardere ancora più insensata.
Infatti, mentre Valentine Fauviau ai tempi della vicenda occupava in Francia un posto fra le prime dieci giocatrici under 13, il fratello quindicenne Maxime era poco più che un buon giocatore di circolo.
Papà Fauviau è finito dietro le sbarre dopo una breve indagine in cui la polizia ha raccolto le testimonianze di numerosi giocatori che avevano trovato sospetto il continuo aggirarsi a bordo campo di quel signore ossessionato dalla carriera dei figli.
Durante il processo tenuto a Mont-de-Marsan, Fauviau ha ripetutamente sostenuto che non era sua intenzione uccidere e ha chiesto perdono ai familiari della vittima. La figlia Valentine si è rivolta alla corte implorando clemenza: “La morte di Alexandre ha distrutto mio padre. A volte i genitori fanno troppa pressione sui figli e sfiorano la follia a causa del tennis”.
L’ex ufficiale militare francese Christophe Fauviau al momento dell’arresto.