Mentre Federer è impegnato nella Laver Cup, la nazionale svizzera di Coppa Davis ha perso contro la Svezia. Senza un particolare successo di pubblico, l'evento è costato un passivo di 300.000 franchi. E Marc Rosset aveva detto che sarebbe tornato a casa a piedi se Huesler avesse perso da Eriksson…

Tra poche ore, scatterà la Laver Cup. Tra i più accesi promotori dell'evento c'è Roger Federer, che ha speso molte energie e credibilità per darle un ruolo di rilievo nel calendario mondiale. “Penso che un giorno, ATP, ITF e Laver Cup si dovranno sedere a un tavolo per dirimere la questione calendario” ha detto qualche settimana fa. A quale titolo la Laver Cup abbia diritto ad avere voce in capitolo, beh, non si sa. Di sicuro avrà una forte esposizione mediatica, peraltro meritata, visto l'ottimo lavoro promozionale. Ma Roger proviene dalla Svizzera: alle sue spalle e a quelle di Stan Wawrinka c'è un tennis in difficoltà, costretto ad affidarsi a un giocatore “prelevato” dalla Finlandia, peraltro con grande fortuna: le norme attuali impediscono di schierare un giocatore che ha già rappresentato una nazione. Quando la norma è entrata in vigore, tuttavia, Henri Laaksonen aveva già scelto collezionato presenze con la Svizzera. Le sue due vittorie non sono bastate, lo scorso weekend, a evitare un'umiliante sconfitta contro la Svezia. L'incontro si è giocato a Biel, presso il Centro Tecnico di Swiss Tennis, laddove si è anche tenuto un torneo WTA, rapidamente spostato a Lugano. In effetti è girato tutto male agli svizzeri. In particolare, la serie è stata segnata dall'infortunio di Marc Andrea Huesler. Avanti due set a zero e 4-1 nel terzo, è stato colto da un problema fisico a una gamba e si è arreso in cinque set. Sul 2-2, avrebbe potuto scriversi una storia fantastica: in campo è sceso Sandro Ehrat, ex promessa del tennis elvetico, con un passato da top-300 ATP ma n.1.211 al momento del match (oggi è già salito al n.844 perché gli sono entrati i punti di una finale Futures). Per diventare un piccolo eroe, gli sarebbe bastato battere il n.1094 Jonathan Mridha.

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Ce l'avesse fatta, tutti avrebbero scoperto la storia di un ragazzo che si era ritirato nel 2015 e aveva cambiato completamente vita dopo essere diventato padre. Aveva smesso a fine 2015, poi nel 2016 aveva giocato tre tornei per divertimento o poco più. Ha ripreso un paio di mesi fa e, prima della Davis, aveva raggiunto una finale in un torneo ITF. Ma non ce l'ha fatta, dunque la Svizzera non sarà testa di serie (e potenziale avversaria dell'Italia) nel sorteggio del 26 settembre. Tolti Federer e Wawrinka, i rossocrociati faticano a esprimere giocatori di gran livello. Il team che a Biel ha ceduto contro la Svezia priva di top-450 ATP in virtù dell'assenza dei fratelli Ymer, onestamente, non vale il World Group. Il presidente federale Renè Stammbach è stato tra i più vivi sostenitori delle riforma della Coppa Davis. A suo dire, il vecchio format non garantiva più sostenibilità economica. “Mi spiace la sconfitta: Laaksonen è stato perfetto, Huesler stava giocando bene prima di farsi male ed Ehrat ha dato tutto. Hanno messo in campo uno spirito incredibile, uno dei migliori che abbia mai visto – ha detto – per l'anno prossimo, non potevamo continuare con la vecchia formula. I migliori non la giocavano più e degli otto sponsor che avevamo cinque anni fa ne sono rimasti tre, con qualcuno che deve ancora pagare”. Andrebbe ricordato che gli otto sponsor avevano aderito alla competizione con la vecchia formula, ma tant'è.

LA "PASSEGGIATA" DI ROSSET​
Le parole di Stammbach confermano, una volta di più, come le modifiche siano state una questione puramente economica. In effetti, a Biel non è andata troppo bene: la biglietteria ha strappato 450 tagliandi al giorno e l'organizzazione andrà in passivo di 300.000 franchi. Difficile sperare di fare meglio in una serie con un solo top-300 impegnato (Henri Laaksonen). E se la serie aveva così poco appeal è difficile imputarlo alla formula, ma a una serie di circostanze. Se Severin Luthi non convincerà almeno Wawrinka a giocare a febbraio, qualsiasi match vedrebbe gli svizzeri sfavoriti e dunque non qualificati per le “Davis Cup Finals” (a meno che non si concretizzi la disponibilità di Roger Federer per le eventuali Finals. In quel caso, la Svizzera avrebbe la wild card assicurata: altra ingiustizia non-sense della nuova formula). Nel frattempo, il weekend di Biel ha avuto una curiosa appendice: durante il mach tra Huesler ed Eriksson, a commentare il match per la TV svizzera di lingua francese c'era Marc Rosset, ex campione olimpico ed ex top-10, nonché leader della squadra che nel 1992 giunse in finale. A un certo punto, ha detto che se Huesler avesse perso, lui sarebbe tornato a Ginevra a piedi. Detto che le due città distano 153 km, qualche giornalista gliel'ha fatto presente e lui ha detto: “Non vale, perché uno dei due giocatori ha avuto un problema fisico, come accaduto a Huesler”. Ma qualcuno ha insistito, così Rosset ha effettuato una promessa per mantenere la parola. “Ok, rispetterò la parola data. Ma visto che il viaggio tra Biel e Ginevra non è troppo bello, per i prossimi quindici giorni farò 10 km al giorno sul tapis roulant”. Una battuta per togliersi d'impiccio e magari distrarre da una situazione non così semplice.