Allo Us Open, travolta dalla pressione di dover centrare il Grande Slam, Serena Williams aveva ceduto a una meravigliosa Roberta Vinci. A Melbourne si era incagliata nel muro di gomma eretto da Angelique Kerber. Giocatrici già formate, non certo future numero 1. Il 4 giugno 2016, invece, potrebbe essere ricordato come una data importante nella storia del tennis. E’ il giorno del primo Slam di Garbine Muguruza Blanco, la ragazza di 22 anni (ne compirà 23 a ottobre) che ha schiacciato Serena Williams sul suo territorio: le botte da fondocampo. La spagnola picchia a volontà, senza paura. Non si era mai vista una giocatrice con un tennis così simile a quello di Serena. Talmente simile da essere più incisivo. Giocano più o meno uguale, con la differenza che Garbine ha esattamente 12 anni e 12 giorni di vantaggio. Più passa il tempo e più il fattore età non sarà un dettaglio. E’ finita 7-5 6-4 e ciò che ha impressionato, della Muguruza, è stata la capacità di restare concentrata e non disunirsi quando le occasioni volavano via. Aveva preso un break di vantaggio nel primo set, ma la prima ad arrivare a 5 era stata Serena. Sul 6-5, ha visto bruciarsi un paio di setpoint. Più il match andava avanti, più il tie-break avrebbe assunto le sembianze di una buccia di banana. Invece lo ha chiuso. E, come fanno i campioni, ha infilato l’allungo decisivo in avvio di secondo set. Il break decisivo è arrivato al terzo game e non ha nemmeno avuto bisogno di difenderlo con le unghie e con i denti. Anzi, chi ha rischiato di più è stata proprio Serena. Sotto 3-5, l’americana ha dovuto cancellare quattro matchpoint. Uno dopo l’altro, con la consueta grinta che solitamente basta a spaventare le avversarie. Un po’ come diceva Ion Tiriac a Panatta, quando gli suggeriva di andare a rete “col nome”.
ULTIMO GAME DA URLO
Invece Garbine non ha tremato, neanche un po’. Chissà quante cose le saranno passate per la testa al cambio di campo sul 5-4. Serena era a tanto così dal rimettere in piedi la partita, e rivoltarla come un calzino. Forse avrà pensato agli inizi, su quel campo in cemento a Guarenas, in Venezuela, dove Garbine aveva iniziato a giocare a tennis. Era il campo numero 5, il più lontano dalle distrazioni della club house, dove era più facile che i bambini restassero concentrati durante le lezioni. Ma per la piccola Garbine, terzogenita del basco Josè Antonio e della venezuelana Scarlet, l’accorgimento non era necessario. Con il suo impeccabile vestitino da baby-tennista, era lei a chiamare a gran voce il suo primo maestro Rene Fajardo. Aveva una gran voglia di imparare, Garbine, e un unico vezzo: un animaletto di pezza da cui non si staccava mai. Tutto quello che ha imparato le è tornato utile nel game più importante della sua vita. Decine di tenniste, in un momento così importante, si sono disunite e sciolte come neve al sole. Lei no, ha tenuto il servizio a zero e ha chiuso nel modo più elegante, con un pallonetto che ha baciato la riga dopo aver scavalcato Serena Williams. E via ai festeggiamenti, fatti di incredulità, un pizzico di commozione e tanta gioia.
LA GIUSTA INTUIZIONE: SAM SUMYK
Nel peggiore torneo in campo maschile dopo 20 anni, dunque, la Spagna trova ugualmente modo di festeggiare. Lo fa con una ragazza che fino a un paio d’anni fa non sapeva neanche se riconoscere l’autorità di Juan Carlos (prima) e di Filippo VI (dopo). Non sapeva se rappresentare la Spagna o il Venezuela, che pure era pronto a offrirle ponti d’oro. Alla fine ha scelto la Spagna ed è giusto così, poiché la tennista di oggi si è formata a Barcellona, nell’accademia di Sergi e Lluis Bruguera. Poi è diventata una campionessa sotto la guida di Alejo Mancisidor, con cui è arrivata addirittura in finale a Wimbledon. Pare che dopo quell’exploit abbia un po’ perso di vista la realtà. Mancisidor l’ha capito e si è tirato indietro. Rimasta senza punti di riferimento, ha preso una decisione coraggiosa: si è affidata anima e corpo a Sam Sumyk, tecnico francese che aveva fatto grandi cose con Vika Azarenka ma era reduce dal fallimento con Eugenie Bouchard. Un tipo duro, il classico sergente di ferro. Non è facile, lavorare con lui. A inizio anno, quando i risultati non arrivavano, i due hanno dato vita a più di un siparietto nei coaching ai cambi di campo. Dovevano prendersi le misure, ma Garbine ha avuto l’intelligenza di non prendere decisioni affrettate. Fino a prendersi il primo Slam della sua vita. Un primo Slam come un primo amore: non si scorderà mai. Tutti pensano che sarà il primo di una lunga serie, mentre per Serena continua l’incubo del mancato aggancio a Steffi Graf: ‘sto benedetto 22esimo Slam sembrava cosa fatta, invece per la terza volta di fila fallisce l’aggancio. Per sua fortuna, il suo Wimbledon inizierà tra 24 giorni. Ottima occasione per lavare via le paure. O magari incontrarne altre.
Garbine Muguruza (SPA) b. Serena Williams (USA) 7-5 6-4