Una medaglia è sempre una medaglia. Ti regala gloria eterna, ancor di più di uno Slam, ancor di più se vivi in certi paesi. Per informazioni chiedete a Elena Dementieva, incapace di vincere un Major ma oro a Pechino 2008. E’ stata chiara: una volta vinte le Olimpiadi, ha coronato sogni e speranze di quando era piccola. E avrebbe anche potuto smettere il giorno dopo. La pensano allo stesso modo Bob e Mike Bryan: pur essendo la coppia più titolata di sempre, fino al 2012 non avevano ancora intascato l’oro olimpico. A Londra ce l’hanno fatta ed è cambiata la loro vita. “Nessuna vittoria aveva significato così tanto per noi – hanno detto – abbiamo passato i mesi successivi a ridere. Avremmo dato indietro tutti i trofei conquistati in carriera pur di vincere l’oro olimpico”. E’ strano, poiché le Olimpiadi sono importanti soprattutto per gli sport di secondo piano, mentre le discipline più importanti (tennis compreso) sono quasi complementari. Però cambia tutto per chi non è popolare come un Federer, un Djokovic, un Nadal. Secondo Bob Bryan, l’oro a Londra ha aumentato la loro popolarità al di fuori del tennis. La pensano così i tanti giocatori che parteciperanno al doppio olimpico, sia i doppisti che i singolaristi prestati al doppio. Ok, il singolare è più prestigioso, ma la medaglia d’oro ha lo stesso peso, lo stesso sapore, lo stesso valore. Dopo aver incassato il metallo più pregiato a Londra, Andy Murray proverà a raddoppiare giocando il doppio con il fratello Jamie, numero 1 nel ranking di specialità (farà il percorso inverso Roger Federer, già oro in doppio, che darà tutto in singolare). Più in generale, la presenza di tanti singolaristi nel tabellone olimpico (che sarà a 32 coppie) toglierà un po’ di spazio agli specialisti e renderà tutto molto più imprevedibile “E’ la particolarità delle Olimpadi – ha detto ad AP Bruno Soares, costretto a separarsi da Jamie Murray per fare coppia con Marcelo Melo – ci saranno nuovi team, coppie che non hai mai visto giocare insieme. Anche tanti specialisti dovranno cambiare partner”.
Da Londra 2012, tra l’altro, c’è una nuova chance di portare a casa una medaglia: il doppio misto. Da una parte è la via meno faticosa, poiché il tabellone avrà appena 16 coppie (dunque basterà vincere due match per entrare in zona medaglie), ma dall’altra sarà riservata a pochi giocatori, comunque già schierati in singolare e/o in doppio. In altre parole, non si potrà giocare solo il misto. Quattro anni fa, sotto gli occhi del loro Premier, Max Mirnyi e Victoria Azarenka colsero uno storico oro per la Bielorussia, battendo i padroni di casa Murray-Robson. “C’era un’atmosfera pazzesca sul centrale di Wimbledon – ricorda Mirnyi – oltre agli appassionati di tennis c’era anche un pubblico generalista. Tra l’altro siamo scesi in campo giusto 20 minuti dopo che Murray aveva vinto il singolare battendo Federer. Sembrava che l’intero Regno Unito non avesse mai smesso di cantare. Sembrava che fosse una partita di calcio”. E’ probabile che a Rio de Janeiro accadrà lo stesso, anche perché i brasiliani sanno essere molto caldi quando sono in campo i loro giocatori (ricordate Maceiò?). Per i doppisti sarà una situazione inedita: spesso i loro match sono seguiti da un pugno di appassionati e hanno dovuto lottare duramente per ottenere una migliore copertura TV, almeno nei Masters 1000. Ma alle Olimpiadi sono tutti uguali, da Djokovic fino all’ultima delle wild card. “Se fai una ricerca su Google o Wikipedia, la prima cosa che trovi è che sono stato Campione Olimpico” dice Mirnyi, che pure ha colto grandi risultati in singolare e grandissimi in doppio. Ciò che rende speciali le Olimpiadi è la loro cadenza. Si giocano ogni quattro anni e, con la loro particolare formula, non è che detto che si possano giocare più di 1-2 volte. Significa che non si può fallire, significa che si scende in campo con una pressione incredibile. I Bryan, ad esempio, hanno fallito ad Atene e portato a casa un bronzo non così soddisfacente a Pechino. “E a Londra pensavamo che sarebbe stata la nostra ultima possibilità”.
Invece saranno anche a Rio de Janeiro, ma stavolta senza vista su Tokyo. Nel 2020 avranno 42 anni e già oggi non sono più quelli di un tempo. La loro leaadership, dopo un lungo scricchiolio, è definitivamente crollata. Curiosità: a Londra, Mirnyi è stato il portabandiera della Bielorussia ma ha avuto più di un problema perché aveva raccontato di come gli atleti del passato avessero avuto problemi nella consegna delle medaglie. Per questa ragione, Victoria Azarenka ha lasciato perdere. “Me l’hanno chiesto e sarebbe un grande onore, ma ho preferito di no. Non andrò neanche alla cerimonia inaugurale: l’ho fatto una volta e ho avuto un sacco di problemi. Preferisco guardarla in TV”. Se è vero che diversi tennisti porteranno la bandiera (Nadal, Wozniacki se recupera, altri ancora), per loro è complicato perché li distrae dal focus tipico di un torneo. Fu proprio per questo, quattro anni fa, che Federica Pellegrini rinunciò a portare la bandiera italiana (ma quest’anno ci ha ripensato). Ovviamente è diverso per i giocatori meno noti, ben contenti di vivere un’esperienza con atleti di classe mondiale, e magari assistere a qualche altra gara. Anche se, a livello olimpico, è dura trovare i biglietti per seguire le altre discipline. Il giocatore più “olimpico” di tutti è Leander Paes: già bronzo in singolare ad Atlanta 1996, ha partecipato alle ultime sei edizioni dei giochi. “Rappresentare il mio paese è davvero importante per me. Arrivo da un paese con oltre un miliardo di persone, e per me è un onore”. Un onore ancora più intenso per i doppisti, costretti a dover gestire una pressione a cui non sono abituati.