Il piccolo dramma di Daniel Gimeno Traver, costretto al ritiro nel torneo che ama di più. Era la chance per conquistare un po’ di gloria, ma il destino gliel’ha portata via.
Daniel Gimeno Traver è stato costretto al ritiro contro Pablo Andujar
Di Lorenzo Baletti – 9 maggio 2013
La bellezza del tennis sta tutta in una lacrima. Arriva piano piano, si gonfia, e scende lentamente sul viso. La lacrima è di gioia e di dolore, di vittoria o di sconfitta. La lacrima arriva senza preavviso, ti riempie gli occhi e ti acceca, lasciando spazio solo alla testa, ai pensieri e alle emozioni. E allora piange, Daniel Gimeno Traver, piange perché quella lacrima sul viso contiene tutta la vita di un ragazzo che ha fatto del tennis la sua ragione, la sua missione. Piange perché l’occasione della vita spesso arriva una volta sola e poi, proprio come una lacrima, scivola via. L’ottavo di finale Andujar-Gimeno Traver era l’essenza del tennis operaio, del tennis di seconda fascia, lontano dai riflettori, fatto di sacrifici, di tornei challenger in giro per il mondo e qualificazioni chissà dove. Era la partita di chi corre e tira, di chi fatica a trovare uno sponsor e viaggia in seconda classe, di chi alloggia in hotel a tre stelle e non è abituato a firmare autografi. Per Andujar e Gimeno Traver la vittoria avrebbe significato molto più di un quarto di finale. A Madrid, a casa loro, tutta la vita in una partita. La bellezza del tennis regala storie, ritratti. Ma la bellezza del tennis non ti lascia scampo, ti prende e ti azzanna senza pietà. Gimeno Traver avrebbe voluto giocarsela tutta fino in fondo, mettere sul tavolo tutte le proprie chance, buttare sul campo ogni singola goccia di sudore. Ma il dio del tennis ha in serbo per ognuno un destino differente, e non ha problemi a stroncare i sogni. Gimeno si è dovuto svegliare all’improvviso, e ha dovuto fare i conti con un infortunio che lo ha costretto al ritiro sul 5-5 nel primo set.
Fin li era stato un match equilibrato, un break per parte dopo un avvio col freno a mano tirato, e poi parità assoluta. Sarebbe stata una lotta, una lotta per la vita e per la gloria, una battaglia per il riscatto di due ombre pronte a uscire, per un giorno, alla luce del sole. Invece no, non poteva andare così: a metà set Gimeno accusa problemi alla gamba, si fa medicare, fasciare, torna in campo. Il viso è sofferente, lo sguardo è di chi dice “in qualunque altro torneo mi sarei già ritirato, ma qui no, a Madrid no, non posso, sono negli ottavi, se vinco..se vinco..”. Troppi se. Gimeno lotta, sta in campo, tiene il servizio, si arrampica al pareggio, ma sono evidenti i problemi di spostamento, è troppo forte il dolore. Più forte della volontà, più forte dei sogni. L’arbitro annuncia il punteggio. Gimeno cammina verso il centro del campo, piano piano, proprio come una lacrima che scende dal viso. Davanti agli occhi rossi, pronti ad esplodere, passa la sua vita. Ed allora, eccola li la bellezza del tennis. Proprio in quel momento, proprio quando la prima lacrima comincia a scendergli sul viso, tutta la bellezza in un dettaglio così piccolo. E’ un crescendo che culmima nel lunghissimo abbraccio con Andujar. Anche lui avrebbe voluto vincere in un altro modo. Anche lui voleva conquistarsi questa vittoria, voleva meritarsela. Non è bello vincere così, non fatichiamo una vita intera per lasciarci in questo modo. Piange, Gimeno, piange e non si ferma più. E più piange, più Andujar e il pubblico lo applaudono. Che lezione di vita, che lezione di sport. Perché la bellezza del tennis sta tutta in una lacrima. Scivola via e non lascia tracce. Ma più lacrime scendono, più aumenta la bellezza.
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